Sanità - 19 luglio 2017, 11:41

Lo psicologo sanremese Roberto Ravera presenta la ricerca sulle neuroscienze comportamentali per l'Ebola in Sierra Leone

“Abbiamo voluto studiare gli effetti e le implicazioni sulla mente e il cervello di bambini – dice Ravera - che sono sopravvissuti alla malattia. Si tratta di piccoli che non solo sono stati contagiati dal virus, ma hanno avuto la sventura di veder morire i propri cari e, in molti casi, di rimanere soli".

Lo psicologo sanremese Roberto Ravera presenta la ricerca sulle neuroscienze comportamentali per l'Ebola in Sierra Leone

“E' con un certo orgoglio che presentiamo la pubblicazione di una nuova ricerca. Si tratta di uno dei pochissimi studi di neuroscienze comportamentali che riguarda l'epidemia di Ebola in Sierra Leone”.

Interviene in questo modo, dal suo profilo pubblico di Facebook, lo psicologo sanremese Roberto Ravera, che ha annunciato lo studio di neuroscienze comportamentali che riguarda l'epidemia di Ebola. “Abbiamo voluto studiare gli effetti e le implicazioni sulla mente e il cervello di bambini – prosegue Ravera - che sono sopravvissuti alla malattia. Si tratta di piccoli che non solo sono stati contagiati dal virus, ma hanno avuto la sventura di veder morire i propri cari e, in molti casi, di rimanere soli. Di fronte a queste immani catastrofi umane ci siamo chiesti come reagisca quella parte del cervello che costruisce il ‘senso dell'altro’, quello che noi chiamiamo intersoggettività. Sono state utilizzati particolari strumenti di ricerca neurofisiologica che, in un contesto così difficile come la Sierra Leone, hanno determinato la necessità di affrontare grandi problemi logistici. Abbiamo studiato un gruppo di controllo di pari età per poter avere un confronto e quello che abbiamo scoperto è per certi aspetti una conferma di quello che già sospettavamo: il trauma si incarna nel cervello di questi bambini, rendendoli ‘disfunzionali’. Questo deficit non è cognitivo, non sono affatto bambini meno intelligenti, sono fondamentalmente portati ad una disregolazione, alla esplicita difficoltà di mantenere un piano di coerenza generale del sistema di regolazione emotiva e paiono, quindi, assai sbilanciati. Esprimono rabbia in modo indiscriminato, senza uno specifico legame con la realtà espressiva, ma come un meccanismo di default che genera un sistema che è poggiata sull'amarezza”.

“Abbiamo capito che se non vengono aiutati in questa fase critica, diverranno adulti che avranno profonde difficoltà a riconoscere in modo sano ed empatico gli altri, ma saranno propensi a manifestare conflittualità e forme di congelamento emotivo. In fondo è in queso modo che il mondo perpetua il male di generazione in generazione: si alterano le strutture evolutive di bambini inducendoli a diventare, dopo essere state delle vittime, essi stessi dei futuri carnefici. Le cose stanno così non solo in Sierra Leone ma in tutte le parti del mondo dove esiste dolore, guerra, sofferenza e incuria. Lo studio è scaricabile cliccando QUI. Lasciatemi dire ancora una cosa. Le nostre ricerche vanno avanti da oltre dieci anni e in tutto questo periodo abbiamo voluto che questo lungo e faticoso lavoro portasse una testimonianza di cosa vuol dire nascere e vivere in certi posti. Credetemi, fare ricerche come le nostre non comporta essere stati ammessi di diritto ai grandi circuiti internazionali della scienza. Ci abbiamo messo molto, molto tempo perché venissero accettati i nuovi paradigmi sperimentali che non fossero solo quelli dei laboratori di Harvard e Cambridge”.

“Abbiamo insistito e lottato – termina Ravera - affinché anche i luoghi più sfortunati della terra divenissero veri laboratori dell'esistenza. Solo adesso tutti ci riconosco questo lungo percorso. Ne sanno qualcosa i miei colleghi Vittorio Gallese, Maria Alessandra Umiltà e Martina Ardizzi . Con loro abbiamo lavorato e combattuto contro una sottile forma di pregiudizio scientifico, ridando dignità e voce a chi è meno fortunato”.

Redazione

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