Politica - 28 febbraio 2017, 12:01

Imperia: morte di dj Fabo. Angelo Dulbecco replica alle critiche: "Mi rifiuto di vedere il suicidio come un diritto"

"Per la nostra legge il diritto alla vita è assoluto ed indisponibile e non si può dare la morte ad alcuno, nemmeno se questi è favorevole"

Imperia: morte di dj Fabo. Angelo Dulbecco replica alle critiche: "Mi rifiuto di vedere il suicidio come un diritto"

È stato oggetto di numerose critiche, il coordinatore under 35 di Forza Italia Angelo Dulbecco dopo il post sulla morte di Fabio Antoniani, conosciuto come “Dj Fabo”, che ha scelto di morire in Svizzera dopo essere rimasto completamento paralizzato in seguito a un incidente. Dulbecco, tra i commenti al suo post aveva scritto, in linea con l’ultraconservatore Mario Adinolfi, che “Hitler almeno i disabili li eliminava gratis”. (Leggi QUI).

Alla pioggia di critiche Dulbecco risponde con una riflessione che ha inviato al nostro giornale online.

A sentire alcuni 'media' – scrive - l’eutanasia è stata, di fatto, sdoganata e, pur non essendo in alcun modo legale, sembra che lo Stato debba assolutamente cedere ai ‘post’ dei cittadini. Post che vorrebbero l’uomo giudice di se stesso, che tutela i più deboli, vedi le persone che sono in uno stato di grave malattia, dandogli la morte. In pratica i più bisognosi di aiuto li si aiuta sopprimendoli. Credo si tratti di un’idea che lasci enormi perplessità anche nel cuore di chi non crede. Per chi crede, l’eutanasia è difatti qualcosa in aperto contrasto con la dottrina più basilare, ma anche per chi non ha Fede, sorgono numerosi e profondissimi problemi. Il nostro ordinamento giuridico è posto a tutela del diritto alla salute e bisogna scindere quello che viene definito ‘accanimento terapeutico’ dalla semplice alimentazione ed idratazione che vengono garantite magari dall’uso di macchinari appositi. La pulizia, l’alimentazione e l’idratazione di un malato non sono e non possono essere classificati come accanimento terapeutico, sono bensì le cure minime che uno Stato deve garantire ad ogni malato. E quando non si può più curare una malattia, il medico non può e non deve smettere di prendersi cura del malato. Per la nostra legge il diritto alla vita è assoluto ed indisponibile e non si può dare la morte ad alcuno, nemmeno se questi è favorevole. Ecco che, se una cosa è indisponibile lo è sempre o non lo è e non si possono e non si devono aprire falle in merito. Il suicidio non può divenire certamente un valore etico da difendere, essendo la vita un bene supremo maggiore, sempre, della morte. E questo principio vale ovviamente, come detto, anche per chi non segue il diritto naturale o la dottrina religiosa. Personalmente mi rifiuto di vedere il suicidio come un diritto, di sedermi dalla parte del presunto pensiero unico mediatico che pare aver deciso per tutti noi. Che diritto sarebbe il diritto al suicidio? Il diritto sarebbe quello di morire, scegliendo il proprio tipo di addio al mondo, al costo di migliaia e migliaia di euro..? Per quale motivo la vita di chi è costretto a letto può o deve essere considerata meno vita della nostra? Quale sarebbe il limite di malattia per accedere all’eutanasia? Potrebbero accedervi anche le persone che non sono in gravi condizioni, ma che magari in quel momento hanno voglia di farla finita? Molte sono le voci di persone in condizione simile a chi ha optato per la cosiddetta eutanasia che gridano questo diritto alla vita. La vita non può e non deve essere misurata dalla propria salute o dalla propria prestanza fisica. Mai. Sono assolutamente convinto che questo sia il pensiero della stragrande maggioranza del popolo italiano e non solo e non accetto che chi la pensa in questo modo debba essere zittito da chi si fa solitamente paladino dei diritti più disparati, ma solo quando questi sono graditi. Per questo ho ribadito, con la consueta tenacia, la mia idea, per evitare, come successo in altre occasioni, che la libertà di espressione e non solo, nella mia città e nella mia Nazione, sia appannaggio del pensiero mediatico veicolato ad arte da (alcuni) organi dell’informazione. Un’informazione che manipola e strumentalizza a proprio piacimento, venendo meno alle regole che stanno alla base del proprio lavoro. Chiudo questa mia breve riflessione ribadendo che la morte di un uomo è sempre una sconfitta. Dobbiamo tutti impegnarci non a dare la possibilità di morire, ma semmai dobbiamo dare ai nostri connazionali in difficoltà una ragione per vivere e andare avanti. E aiutarli, nel corpo e nella mente. Impegniamoci di più in questo. E non a dare addosso in maniera sguaiata a chi la pensa diversamente da noi”.

Francesco Li Noce

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