"L’idea c’è sempre stata, avendo la passione per la cucina ho sempre voluto invitare gente, amici e parenti. Quando ho trovato una casa un po’ più grande ho iniziato a pensare che questa cosa si potesse realmente fare". Inizia così il racconto di Valentina Di Donna, 29enne di Sanremo, ideatrice dell'home restaurant "La casa di Zenzero e Bamboo".
Attrice, performer e regista, Valentina ha unito la passione dell'arte alla cucina scommettendo sul social eating, un fenomeno che arriva dall'America, esploso negli ultimi anni anche in Italia. "Ho iniziato con le prime cene nel 2015 - racconta Valentina - il cibo è sempre stato una parte cruciale del mio percorso artistico e l'home restaurant è un'esperienza a 360 gradi di condivisione e sperimentazione".
Ma come funziona? Stabilito il menu, si pubblicizza l'evento e si aprono le porte di casa agli ospiti paganti che hanno prenotato. Una pubblicità che avviene tramite il passaparola o la prenotazione via web su piattaforme specializzate. Un universo che nel 2014 ha fatturato 7,2 milioni di euro con ben 7 mila cuochi social attivi, secondo i numeri del report realizzato da CST centro studi turistici per Fiepet Confesercenti.
Ogni chef dà un tocco di originalità alla propria cucina magari con un menù a tema ma spesso è la stessa condivisone che dà luogo a nuove idee culinarie. "Di solito offro un menu vegano senza glutine utilizzando prodotti a km zero comprese le verdure che mi dà mio padre - ci spiega la "chef" casalinga di Sanremo - ma capita che di volta in volta si ragioni su piatti e ricette insieme. A breve cucinerò un menu pugliese e non mancherà la ricetta di mia nonna: riso al forno con cozze e patate oltre alle tradizionali orecchiette con le cime di rapa".
Attorno al tavolo di Valentina si riuniscono dalle 6 alle 10 persone di tutte le età, spesso sconosciute tra loro e al primo esperimento di home restaurant: "Dipende dalla serata - spiega Di Donna - alcune volte sono gruppi altre volte singoli. Non è un problema. Lo spirito è quello di condividere esperienze anche artistiche".
Ogni cena ha un prezzo stabilito ma avverte Valentina: "Se hai un tavolo da 6 questa esperienza la fai sopratutto per conoscere gente e non per il guadagno. Il lavoro dietro ad una serata del genere non ha prezzo, cucino 12 ore, compro gli ingredienti, non lo faccio di sicuro per il profitto, caso mai per arrotondare e quando ho tempo libero".
Un aspetto, quello economico che ha messo sul piede di guerra molti ristoratori e ha portato a definire l'home restaurant "concorrenza sleale". Ma c'é chi si difende sottolineando il carattere privato e domestico dell'evento. Di fatto il vuoto normativo in materia sta per essere colmato. È infatti in fase discussione in Parlamento un disegno di legge che regolamenterà il fenomeno dei ristoranti casalinghi a partire dall'obbligo di pagamento elettronico, al tetto di incassi fissato a 5mila euro e un'assicurazione per la responsabilità civile contro terzi (qui il testo).
"L'home restaurant ha tanti risvolti, non solo economici - commenta Giovanni Cosentino direttore provinciale di Confesercenti - Nella provincia di Imperia non è ancora un fenomeno così diffuso come nelle grandi città dove c'è un alto bacino d'utenza. Chiediamo che ci sia legalità in tutte le cose e che anche questa nuova tendenza venga normata per evitare di finire in situazioni come Airbnb e il mercato degli affitti di alloggi per breve periodo da parte dei privati con tutto il problema del sommerso economico, dell'evasione fiscale e della sicurezza sociale".
"È giusto che ci sia una regolamentazione - conclude Valentina - ma basta che non si finisca come al solito in Italia, dove, quando uno inizia a fare qualcosa, poi gli stroncano le gambe".






