Attualità - 02 maggio 2015, 07:31

Pericolo Isis anche nel Ponente ligure? Lo abbiamo chiesto a Carlo Biffani, grande esperto internazionale del settore

Ufficiale in congedo della Brigata Paracadutisti Folgore, esperto di security e di intelligence privata, di operazioni delle Forze Speciali.

Pericolo Isis anche nel Ponente ligure? Lo abbiamo chiesto a Carlo Biffani, grande esperto internazionale del settore

Abbiamo intervistato Carlo Biffani, un ufficiale in congedo della Brigata Paracadutisti Folgore, esperto di security e di intelligence privata, di operazioni delle Forze Speciali e da oltre 20 anni, impegnato a livello nazionale ed internazionale in attività di Risk Assessement, Risk mitigation per conto di aziende ed enti. Oggi è direttore generale di «Security Consulting Group» una società leader nella sicurezza privata e partecipa come consulente a numerosissimi programmi televisivi e radiofonici come il TGCOM, Matrix (Canale 5), RTL 102,5 ed altri network nazionali.

Scrive inoltre articoli ed approfondimenti, uno dei quali pubblicato su Gnosis la rivista dei nostri Servizi di Informazione, sul Corriere.it, su Formiche.net e sul sito web di SCG. Insieme a Carlo Biffani, cercheremo di spiegare se il terrorismo rappresenti una reale minaccia anche per la nostra provincia.

A causa dei continui sbarchi di immigrati sulle coste siciliane, l'ombra del jihad si allunga anche nella provincia di Imperia. Infatti la nostra zona è ritenuta dalle Istituzioni ad alto fattore di rischio, vista la vicinanza con il confine francese. L'Imperiese è diventato inevitabilmente una "zona di transito" di jihadisti diretti in Francia, in Germania ed in Belgio, oppure in "fuga" da questi Paesi e per tutti coloro che intendano raggiungere la Siria per andare a combattere fra le fila dell’Isis. L'allarme è inoltre salito dopo che alcune indiscrezioni sfuggite al Daily Telegraph a febbraio, confermerebbero un piano da parte dell'Isis, per infiltrarsi sui barconi di immigrati nel Mediterraneo.

Vivere in una zona di frontiera, rappresenta il rischio di possibilità maggiori di confrontarsi con cellule terroristiche, rispetto ad altre regioni? "Potrebbe rappresentare una esposizione ulteriore ed a questo bisogna anche sommare il fatto che siete in una zona vicina ad un grande porto come Genova e soprattutto in una zona di mare, ambiente questo che rappresenta uno scenario dove è facile muoversi e fare entrare e uscire persone in maniera relativamente facilitata. Inoltre, non siete al centro dei controlli che riguardano il quadrante sud del Mediterraneo, come è invece per la zona compresa tra la costa libica e quella italiana, sorvegliata 24 ore su 24 da droni ed aeri spia. Siete un pò sganciati dal sistema di controllo globale che si sta cercando di mettere in piedi per arginare questo fenomeno. In termini di mera valutazione questo potrebbe comportare qualche rischio."

Sanremo potrebbe essere tra le cittadine rivierasche più a rischio, visto che conta una delle comunità islamiche più importanti della regione? "Premetto che le mie conoscenze riguardo al fenomeno in discussione sono più in ambito nazionale e faccio un pò fatica ad esprimere pareri specifici su Sanremo e dintorni. Comunque le modalità e l'approccio al problema sono fondamentalmente identici un pò ovunque. Dipende da cosa comunicano i rappresentanti della comunità islamica nella vostra zona, da come diffondono i dettami del loro Credo, da quanto sono fermi nel condannare il Jihad ed il proselitismo. Il punto di partenza è che mai come oggi, gli organi preposti al controllo sono capaci di fare una valutazione dei rischi e delle minacce adeguati alla situazione e sono attenti ed attivati per un problema che riguarda lo scenario nazionale. Inoltre c'è maggiore attenzione su quanto si dicono, discutono e comunicano le comunità religiose islamiche all'interno dei propri gruppi. Da questo punto di vista mi sento di poter dire che attenzione ce n'è tanta e che Sanremo è sicuramente monitorata come altre città"

Ultimamente nella nostra regione, alcune testate giornalistiche hanno parlato di "Caccia ai reclutatori di fondamentalisti in Liguria e di soldati pronti a partire per la Guerra Santa". Ma qual'è in Italia, l'identikit di un candidato soldato, pronto a combattere nelle file dell'Isis? "Si tratta generalmente di immigrati nordafricani e mediorientali, di 2° e 3° generazione, con un'età compresa tra i venti ed i quarant’anni, o da almeno cinque anni in Italia, tutti soggetti abbastanza integrati nel tessuto sociale, spesso con documenti e permessi di soggiorno. In altri casi, sono arrivati nel nostro paese di recente, con l'idea di poter fare chissà cosa e si sono scontrati con una realtà che si è rivelata completamente diversa da quella che si aspettavano, infatti hanno trovato: contrazione, crisi e disoccupazione. Pertanto, tutte le aspettative e le necessità legate a questo tipo di società e di civiltà, sono sfumate e la prospettiva offerta dal Jihad, ha restituito loro una pseudo dignità in termini di obiettivi, situazione questa che li fa sentire in grado di combattere per qualcosa di più alto. Naturalmente da parte di queste persone c'è un'interpretazione fuorviante e delirante di questa religione e di questa guerra, visione che non è assolutamente condivisa da gran parte della comunità islamica".

Lei pensa che l’avanzata dell’Isis potrebbe rappresentare una reale minaccia per l’Italia? "Io credo che lo sia! Penso che le drammatiche esperienze vissute da altri paesi come ad esempio la Francia, ci debbano aver insegnato che nulla può essere lasciato al caso o minimamente sottovalutato. Ci troviamo di fronte ad una notevole minaccia multiforme che non ha bisogno di eserciti per essere attuata. Ad esempio, nell'attacco a Charlie Hebdo l'azione è stata realizzata in maniera proditoria e nefasta da soli tre individui che con un ristretto gruppo di fiancheggiatori hanno tenuto sotto scacco una intera nazione per tre, quattro giorni oltre ad aver ucciso e ferito parecchie persone. Non credo si possa più immaginare che si tratti di qualcosa che riguardi sempre e solo gli altri. Non può essere questo il punto di partenza!"

Non siamo un popolo di xenofobi, ma per evitare che s'inneschi una caccia indiscriminata all'arabo, cosa dovremmo fare? "No, non si tratta assolutamente di un problema di razzismo, però vedo crescere la possibilità di gravi disordini sociali nel momento in cui si arrivasse allo sbarco sulle nostre coste di decine di migliaia di soggetti. Peraltro i numeri dai quali partire per una analisi corretta della minaccia e delle conseguenze, sono quelli forniti dalla Procura della Repubblica di Catania, nei cui rapporti si parla di circa un milione di immigranti pronti a salpare verso le nostre coste. Di fronte a questo tipo di considerazioni, immaginare che anche solo la metà, ovvero 500 mila persone sbarchino da noi significherebbe trovarci ad affrontare una crisi ed una minaccia serissime dal punto di vista della stabilità sociale."

Maurizio Losorgio

TI RICORDI COSA È SUCCESSO L’ANNO SCORSO A GIUGNO?
Ascolta il podcast con le notizie da non dimenticare

Ascolta "Un anno di notizie da non dimenticare" su Spreaker.

Google News Ricevi le nostre ultime notizie da Google News SEGUICI

SU