- 14 dicembre 2013, 21:19

Nei Graffiti del Monte Bego, il messaggio degli antichi liguri "Patrimonio di sapienza e di speranza"

Pierluigi Casalino ci racconta di preghiere e memorie ancestrali, delle testimonianze della fede nel lavoro dell'uomo disegnate su pagine di pietra

Nei Graffiti del Monte Bego, il messaggio degli antichi liguri "Patrimonio di sapienza e di speranza"

"Il Monte Bego sorge al culmine della Val Roia, presso San Dalmazzo di Tenda. Tocca i 2873 metri e, a ciel sereno, è visibile da Ventimiglia. Non di rado è avvolto da una coltre di nubi e è anche per tale ragione che i liguri, che lo raggiunsero in cerca di pascoli, lo sentirono dominare la loro sorte e lo percepirono come signore delle nuvole e delle acque sgorganti dalle sue sorgenti. I circa quarantamila graffiti incisi dagli antichi liguri sulle rocce del Monte Bego costituiscono infatti un patrimonio di sapienza e di speranza: preghiere e memorie ancestrali, testimonianze della fede nel lavoro dell'uomo disegnate su pagine di pietra.

Nel corso di almeno due millenni - tra la fine dell'età della pietra e l'inizio di quella dei metalli, i liguri risalirono le vette della Alpi Marittime per invocare sul lavoro la protezione della divinità rupestre del Monte Bego. Il culto ligure dell'acqua e della luna, di derivazione ugrofinnica (alla cui stirpe quasi certamente i liguri appartengono), è così simile, del resto, per analogie semantiche e non solo linguistiche, al mito della principessa cinese di giada che abita il lato nascosto della Luna (non a caso da tale figura della tradizione cinese viene il nome alla sonda lunare fatta atterrare in queste ore da Pechino sul suolo selenita), è dunque connesso alla venerazione del Monte Bego.

L'acqua che benefica i campi era legata all'attività agricola dei primi liguri e le migrazioni in alta montagna avevano una scadenza stagionale, secondo una tradizione destinata a succedersi per generazioni, in Val Fontalba, in Val Meraviglie, in Val Vallauretta, ai Laghi Lunghi, in Val Masca. In ogni tempo tale tradizione ha lasciato sulle pareti rocciose l'indelebile segno della memoria collettiva ligure, che coniugava le greggi all'acqua fresca, alle erbe e ai frutti del territorio fino a fare di ogni lembo di rupe un altare. Non è un caso che sul masso detto 'dell'Orante', in Val Meraviglie, spicca l'immagine di un sacerdote ritratto in atteggiamento di preghiera e sul suo abito sono ritratte le corna di un bue, simbolo della pastorizia e dell'agricoltura: un'insieme di idee che richiama la civiltà contadina e pastorale degli antichi liguri e quel comune fondo spirituale che li accomuna alle stesse civiltà egizia e cretese-micenaica dalle quali i liguri traggono non pochi elementi artistici. Di derivazione fenicia sarebbero e anche etrusca sarebbero alcune simiglianze riscontrate nelle incisioni della Fontanalba. Di assolutamente originale ligure è comunque quell'evocare nei graffiti del Monte Bego l'esaltazione del lavoro umano e del bene che da esso deriva, cioè il diritto alla proprietà.

Solo in Liguria, alla vigilia della civiltà dei metalli, emerge un senso così religioso della fatica tant'è che ogni graffito assume un vero e proprio significato di ex voto. La divisione dei campi, delle capanne, dei recinti delle mandrie. Se non manca un legame con l'acqua, sembra essente quello con il mare, l'ambiente da cui i liguri originarono, anche l leggenda del cigno riscopre una indiretto collegamento con le distese marine. Il volto del male e lo scetticismo, quasi leopardiano, nella possibilità che la natura non sia matrigna, spinse però i liguri a credere che in ogni caso quest'ultima dovesse riconoscere tale popolo meritasse la sua protezione: 'devo sopravvivere per poter lavorare' era la massima ligure che l'uomo possa e debba sentirsi più forte del proprio destino. Anche questo rimane il più grande messaggio dei liguri.

Pierluigi Casalino".

Redazione

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