- 17 dicembre 2017, 05:00

Rimedi contro i licenziamenti illegittimi: la tutela nelle piccole/micro imprese

Oggi andremo a concludere il ciclo di approfondimenti relativi alla disciplina della tutela contro i licenziamenti illegittimi.

Rimedi contro i licenziamenti illegittimi: la tutela nelle piccole/micro imprese

Oggi andremo a concludere il ciclo di approfondimenti relativi alla disciplina della tutela contro i licenziamenti illegittimi.
Negli scorsi appuntamenti, data la complicatezza del quadro normativo di riferimento, abbiamo compreso che per scegliere correttamente le norme da applicare alla concreta ipotesi di licenziamento illegittimo, è necessario prima di tutto riferirsi a due parametri fondamentali.

Il primo si connette alla data di assunzione del lavoratore. Infatti, nel caso in cui il rapporto si fosse instaurato successivamente al 7 marzo 2015, sarebbe necessario riferirsi alla nuova disciplina del contratto a tutele crescenti, di cui al D.lgs. n. 23/2015, in luogo dell’art. 18 dello Statuto dei lavoratori.

Il secondo elemento fondamentale da individuare rispetto al caso concreto si riferisce invece alle dimensioni dell’impresa, differenziando tra loro aziende piccole e medio-grandi, a seconda che queste – in linea generale – superino o meno la soglia dei 15 dipendenti occupati.

A tal proposito, negli scorsi approfondimenti abbiamo sempre riferito le nostre letture alla realtà delle imprese medio grandi, dal momento che per questo tipo di organizzazioni la normativa è decisamente più complessa ed articolata.

Oggi, chiudendo appunto il cerchio, rivolgeremo attenzione ai licenziamenti effettuati presso imprese piccole e piccolissime: contesti fortemente diffusi nel panorama economico italiano.
A tal proposito, cominciando dai rapporti di lavoro instaurati prima del 7 marzo 2015, viene sempre garantita l’applicazione dell’art. 18 della l. n. 300/1970 ma limitatamente alla previsione contenuta nel comma 1°. A tal proposito, indipendentemente dalle dimensioni dell’impresa, viene comunque prevista una forma di tutela comune contro le ipotesi più gravi di licenziamento ingiustificato del lavoratore rappresentate dai licenziamenti discriminatori, nulli e orali. In tal senso, nelle situazioni citate, il giudice, a seguito di azione giudiziaria del lavoratore, annullerà il licenziamento, dichiarerà la reintegrazione sul posto di lavoro e condannerà il datore di lavoro al pagamento di una indennità risarcitoria commisurata alla retribuzione, in misura non inferiore 5 mensilità (dedotto quanto percepito per mezzo di altre attività lavorative).

Invece, per tutte le altre ipotesi di licenziamento in cui genericamente non sussistano giusta causa o giustificato motivo, è necessario riferirsi all’art. 8 della legge n. 604/1966, che stabilisce una formula di risarcimento economico del lavoratore. Pertanto, in questo caso, la misura dell’unica indennità è compresa tra 2,5 e 6 mensilità della retribuzione globale di fatto, tenendo conto del numero dei dipendenti occupati, delle dimensioni dell’impresa, dell’anzianità di servizio del lavoratore e della generale condizione e comportamento delle parti. Tuttavia, la stessa norma, consente, alternativamente, al datore di lavoro di riassumere il lavoratore entro 3 giorni dalla sentenza (riassumere non significa reintegrare: la reintegrazione agisce come se il rapporto non si fosse mai interrotto nonostante il licenziamento, invece la riassunzione prevede l’instaurazione di un nuovo e diverso contratto di lavoro).

Invece, nel diverso caso di lavoratori assunti dopo il 7 marzo 2015, sarà necessario orientare la nostra attenzione al sistema del contratto a tutele crescenti, secondo quanto stabilito dal D.lgs. n. 23/2015. Anche in questo contesto, indipendentemente dalla dimensione dell’impresa, si ribadisce lo stesso meccanismo della tutela reintegratoria forte specificato sopra e relativo ai casi di licenziamenti, nulli, discriminatori e orali (art. 2, D.lgs. n. 23/2015).

Invece, in tutte le altre ipotesi di licenziamento ingiustificato, l’art. 9 del D.lgs. n. 23/2015 prevede per le sole piccole imprese e per le organizzazioni di tendenza (sindacati o partiti politici) un ridimensionamento della generale tutela economica in favore del lavoratore licenziato illegittimamente, secondo lo schema delle tutele crescenti. Ne deriva che nei casi di licenziamenti privi di giusta causa o giustificato motivo verrà riconosciuta, a titolo di risarcimento in favore del lavoratore, una indennità commisurata alla sua retribuzione, e corrispondente ad 1 mensilità per ogni anno di servizio, comunque – nella sua totalità –  non inferiore a 2 e non superiore a 6 (esattamente la metà rispetto al trattamento operante nelle imprese medio-grandi). Invece, nel caso di licenziamento inefficacie, cioè affetto da vizi formali, la stessa indennità risarcitoria scende a 0,5 mensilità per ogni anno di servizio, complessivamente da comprendersi tra 1 e 6 mensilità.

                                             

Edoardo Crespi

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