- 26 agosto 2016, 17:00

Terremotati permanenti

Terremotati permanenti

Nessuna catastrofe naturale, alluvione o terremoto che sia, è riuscita a farci imparare la lezione più scontata e importante: prevenire è meglio che soccorrere, salvare vite, ricostruire. Anche stavolta, dopo il tragico sisma che ha colpito l’Italia centrale, abbiamo improvvisamente riscoperto di vivere in uno stato di sottovalutazione permanente del rischio.

Ora il politico si premura di assicurare che ogni sforzo sarà fatto per risanare le incerte fondamenta delle nostre città (le case sicure, le scuole sicure…). Il giornalista si affanna a intervistare il noto sismologo o l’eccelso professore su cosa non è stato fatto, e cosa invece bisognerebbe fare, per evitare le distruzioni drammatiche di questi giorni.

La Liguria rispolvera la sua mappa con gli edifici pubblici a più elevato rischio in caso di scosse telluriche, dove intervenire con la massima urgenza, se solo il Governo avesse abbastanza denaro da accontentare tutti. Il Ponente è la zona più affollata di costruzioni problematiche, così la memoria storica corre inevitabilmente agli eventi del 1887 a Bussana Vecchia e luoghi vicini.

Ovviamente si cita il modello-Giappone, con le sue esercitazioni di massa e le case a prova di collasso. Paradossalmente, spiegano gli ingegneri, è più facile mettere in sicurezza gli edifici vecchi in muratura, piuttosto che quelli di cemento armato, costruiti dagli anni ’50 in poi. Servirebbe un super piano urbanistico nazionale: rinforzare paesi e centri storici e radere al suolo, per rifare daccapo, i palazzoni più fragili.

Il boom cementizio si è sempre preoccupato del benessere immediato (tante case da vendere SUBITO) mai delle conseguenze. Chissà a che punto saremmo, oggi, se avessimo speso diversamente, e più utilmente, quelle decine di miliardi di lire, e poi euro, destinati alle ricostruzioni dopo i terremoti. E che dire di frane e allagamenti, di cui la Liguria è terra esemplare?

In parte è un blocco psicologico. Finché la tragedia non ci tocca direttamente, a casa nostra, ci sentiamo immuni e invincibili. Così nessuno si preoccupa di cominciare dalle azioni più semplici, basilari, come istituire corsi nelle scuole (come comportarsi se c’è il terremoto, l’alluvione, o qualche altra disgrazia?).

L’aggravante è che la Liguria sta perdendo i mestieri antichi. Lasciamo i muretti a secco in crollo, l’entroterra in abbandono, presidiato dai pochi “eroi” che ancora coltivano, frangono olive, vendemmiano. Tipico esempio: il paesaggio unico al mondo delle Cinque Terre, così ricco di simili contraddizioni. Ci si chiede perfino se, tra venti o trent’anni, ci saranno dei giovani vignaioli capaci d’imbottigliare uno sciacchetrà degno di questo nome.

Inoltre, non stiamo valorizzando le eccellenze italiane nei mestieri contemporanei, come gli stessi ingegneri specializzati in edilizia antisismica. Senza prevenzione, finanziamenti adeguati e progetti sani, senza tutelare il passato né riqualificare il presente, ciò che ci attende è un futuro sempre più esposto ai capricci della natura e delle speculazioni.

Luca Re

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