- 23 ottobre 2010, 14:30

Ci sarà anche Antonio Rubino alla mostra dei pittori sanremesi in piazza Bresca

Non sono molti coloro che associano il nome di questo straordinario disegnatore, molto conosciuto anche a livello internazionale, a quello della città che gli ha dato i natali ...

Antonio Rubino in piazza Bresca nei primi anni sessanta

Antonio Rubino in piazza Bresca nei primi anni sessanta

Il prossimo 30 ottobre presso il Museo Civico di Sanremo sarà inaugurata la Sala “Antonio Rubino” e per l’occasione, grazie alla disponibilità e l'impegno della nipote Antonietta, saranno esposti alcuni quadri e volumi di questo grande artista.

Siamo nel 130° anniversario della sua nascita, avvenuta a Sanremo il 15 maggio 1880, ma non sono molti coloro che associano il nome di questo straordinario disegnatore, molto conosciuto anche a livello internazionale, a quello della città che gli ha dato i natali e nella quale ha vissuto parte della terza età con appassionata e pirotecnica partecipazione alle vicende politiche locali sempre in ebollizione. E in pochi collegano il suo nome a Bajardo, la città dove riposa, dopo la morte avvenuta nel verde dei suoi boschi,  il 1 luglio del 1964, annullandosi in una natura della quale si era sempre sentito parte integrante.

I suoi concittadini gli volevano un gran bene, sono le istituzioni a ricordarlo in modo intermittente. Negli anni 60 e 70 il Lions Club di Sanremo organizzò per diversi anni il Premio Antonio Rubino dedicato alla letteratura per ragazzi.  Renzo Laurano ed altri Letterati di fama come Sergio Tofano e Bonaventura Tecchi vennero a far parte della Giuria ed un’edizione fu vinta da Gianni Rodari che l’anno successivo partecipò alla Giuria.

               

                       nella foto : Laurano con Tofano e Triberti

Il Comune poi decise di non dare più il modesto contributo e l’iniziativa si perse. Sanremo è sempre Sanremo.

Potevano mancare i quadri di Rubino nell’archivio Moreschi? Impossibile.

Il suo pezzo più famoso è la prima immagine del faldone e merita una nota esplicativa: l’autore gioca sul proprio nome e sull’autoritratto per illustrare una serie di tele commissionate da un noto gioielliere locale ed intitolate ad altrettante pietre preziose: smeraldi, diamanti,  ecc.

                                       

Spuntano immagini in continuazione, fra le quali mi colpisce quella di una sua passeggiata in piazza Bresca  avvenuta nei primi anni sessanta in occasione di una mostra collettiva dei pittori sanremesi alla quale partecipò entusiasticamente come un concorrente qualunque; eccolo mentre dispone personalmente lo stand a lui riservato.

                              

 

                      

Nello stesso faldone ci sono anche quelle delle cartoline contro la guerra, oggi contese a furor di popolo dai collezionisti, come del resto succede per le sue numerose opere letterarie; non parliamo dei numerosi quadri prodotti.

                   

                                  

                         

Vengo attirato da alcune immagini in bianconero che si riferiscono ad una cerimonia organizzata dalla Famija Sanremasca avvenuta a Bajardo nel 1975. L’occasione è quella della posa di una lapide commemorativa, e si vedono ritratti la figlia di Antonio Rubino, l’Avv. Nino Bobba, e Giovanni Guidi, uno dei più attivi podestà d’anteguerra che illustra aspetti della vita dell’artista e ricorda episodi vissuti assieme.

                           

   

A dimostrazione dell’interesse altalenante delle istituzioni, anche questa targa è stata rimossa e si ignora la sua sorte. Resta solo da augurarci che a questo ennesimo sgarbo qualcuno ponga presto rimedio.

Ma le tracce di questo artista a Bajardo rimangono numerose e fra queste la bellissima “taverna bajocca”.  Si tratta di una sala affrescata da Rubino in quello che una volta era l’albergo Miramonti, che si affacciava sulla piazza principale del paese. Oggi è una abitazione privata, che questa estate ho avuto la fortuna di visitare grazie alla cortesia e gentilezza della proprietaria. Questa casa doveva essere acquistata e destinata a diventare un museo dedicato a Rubino, ma la trattativa è rimasta senza esito. Le attuali finanze dell’amministrazione provinciale e di quella comunale non lasciano prevedere che la trattativa possa essere ripresa e conclusa in tempi brevi.

Le immagine dell’archivio Moreschi vi permettono comunque di entrare in casa senza disturbare nessuno:

          

                                         

L’amministrazione comunale questa estate ha promosso alcune iniziative per ricordarne la figura ed il legame con il paese. La grande partecipazione di pubblico è stata una preziosa testimonianza di affetto che ha convinto il Sindaco del paese ad impegnarsi a promuovere nuove e più importanti manifestazioni dedicate a questo importante artista.

                        

In questa occasione  Marco Cassini, attento e competente studioso, ha svolto una bellissima ed applauditissima relazione su Antonio Rubino.

Impossibile resistere alla tentazione di coinvolgerlo ed il suo contributo si rivela prezioso. 

“Antonio Rubino – ci racconta Marco - nutriva un grande amore per la natura ed in particolare quella del nostro entroterra, dove aveva trascorso lunghi periodi della sua infanzia di cui conservava un dolce ricordo. Lo dimostra il fatto che vi abbia ambientato molti suoi racconti scritti in forma autobiografica, negli anni della sua maturità, (ne ho già raccolti una trentina).  

La sua famiglia era anche proprietaria di una cartiera ad Isolabona e di una fabbrica per la lavorazione di pietre litografiche a Dolceacqua pertanto era molto conosciuta in zona, ma Antonio preferiva la vita all'aria aperta si definiva "raccoglitore di olive".

Si potrebbe parlare per ore del suo amore per la campagna prendendo spunto dai suoi racconti e dalle sue tavole e dalla sua biografia, nel 1894, a soli 14 anni, aveva fondato il Club Alpino Quintino Sella di Sanremo e descriveva escursioni a Bignone, Toraggio, Pietravecchia e Valle delle Meraviglie. 

I motti dei suoi ex libris erano "sequor naturam meam"  (e penso giocasse su diversi significati e riferimenti) e "vate a pigliar un magagliu" ed è tutto detto. Amava affermare "ero pastore di capre, ora son pastore di chimere". 

Nel 1939 quando era tornato a Sanremo abitava in Tasciaire in una casa con un grande uliveto e allevava pecore e altri animali domestici, vicino a Calvino e Libereso Guglielmi.  Antonio Rubino è riconosciuto come artista e illustratore a livello internazionale, ritengo, nonostante si siano fatte bellissime mostre e anifestazioni, non abbia ancora avuto il giusto riconoscimento a livello locale. Eppure lui amava molto il Ponente Ligure, che potrebbe sicuramente trarre vantaggio dalla valorizzazione di un così grande artista”.

                           

 “La sua era un'antica famiglia di Bajardo – riprende a raccontare Marco - citata già nei documenti del XIII secolo (ad. es.: nel 1293 Corrado Rubino acquista dal comune di Baiardo il diritto di erbatico - nel 1346 Benedetto Rubino, console di Bajardo partecipa a una riunione per stabilire i confini con Apricale).

Lì aveva la casa di famiglia, i parenti, gli amici, lì si rifugiava durante le vacanze e amava fare lunghe camminate nel verde, fu lì, durante una passeggiata nei boschi, che lo colse la morte il 1° Luglio del 1964. 

Già nel 1924, sulla Domenica del Corriere, all'epoca molto diffuso, Rubino aveva scritto un bellissimo articolo, illustrato con tre foto e un suo splendido disegno, sulla leggenda della Barca  e la festa di Pentecoste. Bajardo conserva splendide opere e ricordi e mi piacerebbe approfondire ancora il rapporto con Bajardo, che quest'anno ha celebrato con una serie di manifestazioni il 130° anniversario della nascita.

A Baiardo sono ambientati diversi racconti e anche disegni e ritratti come Tin l'astrologo. Apricale era la sua terza patria, (dopo Sanremo e Bajardo) di Apricale era sua bisnonna Marchesano Maria deu Minungioeiru e, come racconta lui stesso, la sua balia Chiarina.

Io mi sono divertito a ricostruire l'albero genealogico dei Minungioeiru e ho indagato sulle memorie orali che si riferiscono a Rubino, vi sono diversi ed enigmatici episodi che riguardano Antonio Rubino ad esempio il racconto dell'apricalese Carabadonna che batto innamorato, / tutta la santa notte s'è sgolato: / si credeva che fosse Catarò / ed era un vaso di baixiricò! Ma soprattutto la dichiarazione (scovata da Santo Alligo) dello stesso Rubino, in una lettera a Mondadori, di aver fondato nel 1892 (a 12 anni!) l'Arcadia Vrigarenca.  E poi ci sono altri racconti e ricordi famigliari,che sono ancora da sistemare.

            

E vorrei concludere parlando di dialetto, che è una delle mie passioni, io penso e parlo in apricalese. Non posso non citare l'opera di Gino Guglielmi che ha individuato e valorizzato anche questo aspetto sanremascu di Antonio Rubino. Sono diverse le poesie, ballate, canzoni, scritte e recuperate, in dialetto sanremascu e bajocu, vorrei ricordare: U giardin de l'amu'; Ave Maria Sanremasca; A cansun bajoca; Adesciate veciu leun; Ne sun li trei cumpagni. Ma la mia preferita è U castelu du Conte de ren”.

                                  

Ringraziamo Marco e ci congediamo da voi riproponendovi il testo de “U castelu du Conte de Ren” .Se non conoscete il dialetto nessuna paura, sotto troverete la traduzione.

             U castelu du Conte de Ren”

A l'ò in castelu mezu agarau

cun l'autru mezu

cun l'autru mezu

cun l'autru mezu nu ancù frabicau.

Oh, cantu lüssu, canta alegria

intu castelu da roca da pria,

intu castelu du Conte de Ren

ch'u pia sempre u mundu cum'u ven!

 

 A l'ò in castelu surve i valui

cun de bagiare

cun de bagiare

cun de bagiare vestie da ciui.

Oh, cantu lüssu...

A l'ò in castelu de roca zerba

e tesuirete

e tesuirete

e tesuirete i me gh'an segau l'erba.

Oh, cantu lüssu...

A l'ò in castelu dunde de lüiu

se sente i grili

se sente i grili

se sente i grili fà in gran ciaravüiu.

Oh, cantu lüssu...

A l'ò in castelu tütu argentau

perchè e lümasse

perché e lumasse

perché e lümasse cu' u cü i l'an fretau.

Oh, cantu lüssu...

A l'ò in castelu sensa müraie

ch'u l'è u ciü belu

ch'u l'è u ciü belu

ch'u l'è u ciü belu castelu ch'a aie.

Oh, cantu lüssu...

A l'ò in castelu de gevi, a l'übagu

pe' nu asgairàru

pe' nu asgairàru

pe' nu asgairàru descaussu a ghe stagu.

Oh, cantu lüssu...

A l'ò in castelu cen tütu de zine,

e taragnae

e taragnae

e taragnae i ghe fan da tendine.

Oh, cantu lüssu...

 

Traduzione

Il castello del Conte di Niente

 

Ho un castello mezzo crollato

con l'altro mezzo

con l'altro mezzo

con l'altro mezzo non ancor fabbricato.

Oh, quanto lusso, quanta allegria

nel castello della roccia di pietra,

nel castello del Conte di Niente

che prende sempre il mondo come viene!

 

 Ho un castello sopra le valli

con le lumache

con le lumache

con le lumache travestite da chiocciole.

Oh, quanto lusso...

Ho un castello di roccia non seminata

le forbicine

le forbicine

le forbicine mi ci hanno falciato l'erba.

Oh, quanto lusso...

Ho un castello dove di luglio

si odono i grilli

si odono i grilli

si odono i grilli fare un gran frastuono.

Oh, quanto lusso...

Ho un castello tutto argentato

perché le lumache

perché le lumache

perché le lumache col culo l'hanno strofinato.

Oh, quanto lusso...

Ho un castello senza mura

che è il più bello

che è il più bello

che è il più bello castello che abbia.

Oh, quanto lusso...

Ho un castello di zolle, all'umido

per non guastarlo

per non guastarlo

per non guastarlo vi abito scalzo.

Oh, quanto lusso...

Ho un castello tutto pieno di fessure,

le ragnatele

le ragnatele

le ragnatele gli fanno da tendine.

Oh, quanto lusso..

 

Claudio Porchia

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