- 19 febbraio 2016, 17:00

Il Piano casa nelle stanze genovesi dei mattoni

I problemi della legge regionale stoppata dal Governo.

I mattoni di polistirolo buttati dal Movimento 5 Stelle in Regione lo scorso dicembre.

A molti era già venuto il sospetto che il Piano casa della Liguria non sarebbe filato via liscio come Toti e Scajola volevano farci credere. L’ultimo Consiglio dei ministri ha deliberato l’impugnativa della legge regionale entrata in vigore ai primi di gennaio. Quelle “misure urgenti” per il rilancio dell’attività edilizia, secondo il Governo, in certi punti sono in contrasto con l’art. 117 della Costituzione «in quanto alcune disposizioni, consentendo interventi edilizi in aree tutelate senza prevedere il necessario rispetto delle procedure previste dalla legge statale e dall’ordinamento comunitario, violano la competenza legislativa esclusiva statale in materia di tutela dell’ambiente e di tutela del paesaggio».

L’opposizione regionale di centrosinistra si gode una colorita rivincita così riassunta da Raffaella Paita: «Sono stati fermati gli unni». Mentre Toti si lamenta su Facebook di un Governo che non sa rinunciare a freni e burocrazia e lancia il suo appello #fatecilavorare almeno in Liguria. Marco Scajola, assessore all’Urbanistica e con Toti principale sostenitore del Piano casa, qualche settimana fa aveva rispedito al mittente le critiche degli ambientalisti, affermando che i detrattori della nuova legge erano in malafede o completamente disinformati. A me pare che il problema di questo piano risieda nella sua duplice identità. C’è un lato A fatto di obiettivi ragionevoli: far ripartire l’edilizia in crisi, snellire la burocrazia con regole più chiare, riqualificare il patrimonio immobiliare orientandolo verso l’efficienza energetica. Poi però c’è un lato B, dove gli strumenti scelti per realizzare quegli obiettivi sono perlopiù anacronistici. Un aspetto molto contestato è la possibilità di ampliare gli edifici esistenti, anche sul territorio di tutte le aree protette, con una serie di incentivi volumetrici correlati a determinate buone pratiche (utilizzo di materiali locali tradizionali, ripristino di aree agricole abbandonate, installazione di tetti fotovoltaici eccetera). Il secondo punto che ha destato preoccupazione è la possibilità di demolire e ricostruire gli edifici, anche in questo caso con incrementi volumetrici assai consistenti: dal 35% in su, grazie a premi aggiuntivi per alcuni interventi (vecchie case abbattute in aree a rischio idrogeologico e ricostruite in zone sicure, demolizione di serre abbandonate, recupero di muri di pietra).

Ecco, parlare di ampliamenti in una regione che da decenni vede fin troppo cemento, è un po’ un controsenso. C’era il rischio di tirarsi la cazzuola sui piedi. Bisogna assolutamente premiare chi vuole costruire bene e chi vuole riqualificare il mattone esistente, ma riducendo al minimo (o meglio eliminando del tutto) i bonus volumetrici che sanno tanto di nuova rapallizzazione. Il Governo che impugna il Piano casa dovrebbe dare una mano in più all’edilizia sana, in Liguria e nel resto dello Stivale. Quello che serve davvero è una leva fiscale più generosa, ad esempio con detrazioni potenziate e stabili nel tempo, detassazione per chi acquista immobili in classe energetica superiore, bonus per le ristrutturazioni, semplificazione delle regole e dei permessi.

Il testo completo del Piano casa sul sito della Regione

Luca Re