Copertina - 07 settembre 2025, 00:00

Spirito tedesco e cuore italiano Battistotti si racconta

Avvocato esperto di diritto societario e immobiliare nonché politico di lungo corso. Geni ereditati dalla madre berlinese e dal padre sanremese

In lui Italia e Germania non sono storiche rivali come nelle memorabili sfide calcistiche, dalla “partita del secolo” (scorso) a Messico '70 fino ai Mondiali dell'82 e del '96, ma convivono serenamente in una sorta di perenne match alla pari, equilibratissimo. Senza vinti, né vincitori. Perché per Adriano Battistotti, avvocato esperto di diritto societario e immobiliare nonché politico di lungo corso, è una questione di sangue, d'impronta genetica impressa dalla madre tedesca (nata a Berlino, poi trasferitasi ad Amburgo) e dal padre sanremese. Che, fin da bambino, l'hanno reso poliglotta nella felice fusione delle diverse culture. Una doppia anima che lascia trasparire con orgoglio e fierezza, ora che il percorso della vita l'ha portato sulla collina degli anta. Sono tracce discrete, tra libri e codici, che si scorgono nell'elegante e accogliente studio ricavato nel ventre di uno storico edificio in via Matteotti, cuore di Sanremo, a due passi dal Casinò di cui è stato presidente della società di gestione, attualmente a capo del Collegio sindacale.

Le radici familiari sono fondamentali per la formazione delle identità. Ci racconti le sue.

“I miei genitori si sono conosciuti in spiaggia, nel 1960. Mia madre Renate era in vacanza con la famiglia, mio padre Miro era andato al mare con gli amici. Ed è stato quello che i francesi definiscono “coup de foudre”. Lei tornò in Germania, alla fine del soggiorno in Riviera, e lui rimase qui. Ma nell'estate successiva la raggiunse ad Alassio, in Lambretta, nuova destinazione balneare. E non si lasciarono più, sposandosi nell'aprile del 1962, ad Amburgo, prima di tornare insieme a Sanremo per la vita di coppia. Un viaggio un po' avventuroso: caricarono la 500 di mamma su uno di quei treni che all'epoca trasportavano anche i veicoli e scesero a Como, da dove proseguirono in auto per la meta definitiva. Mia madre lasciò il lavoro che svolgeva per una tv tedesca, forte anche della conoscenza di diverse lingue, e mio padre continuò con l'impiego in banca. Nel gennaio 1963 la mia nascita, nove mesi dopo le nozze, poi nel 1966 quella di mio fratello Marco. Mi piace ricordare anche i nonni: quello paterno, Luigi, era stato comandante del distaccamento cittadino dei vigili del fuoco, partecipando pure come delegato ai funerali romani del podestà Pietro Agosti, ingegnere che ha lasciato tracce indelebili, il cui feretro fu poi trasferito a Sanremo in treno; quello materno, Hans, era stato un colonnello della Luftwaffe, l'aeronautica militare tedesca. Mi sento un figlio di quei germi d'internazionalità, d'incontri fra culture diverse, che fanno parte della storia sanremese. Non a caso, mio fratello, che parlava correntemente quattro lingue, ha vissuto quasi sempre all'estero, dirigendo importanti alberghi in varie parti del mondo (è morto dieci anni fa a causa di un incidente avvenuto in Malesia, a Kuala Lumpur, dove lavorava - ndr)”.

Lei cresce e dopo la scuola dell'obbligo si diploma al liceo scientifico. Nel 1987 si laurea in giurisprudenza all'Università di Genova (110 e lode), con una tesi sulla società cooperativa nel diritto tedesco.

“Era nelle mie corde, per origine materna e per l'interesse che mi ha suscitato il diritto societario durante gli studi universitari. Tanto che sono stato a lungo assistente alla cattedra di diritto commerciale, prima a Genova e poi al Polo Imperiese. E gli incarichi amministrativi poi assunti, nel tempo, hanno contribuito a completare la mia formazione”.

Nella prima metà degli anni '90 ha firmato parecchie pubblicazioni.

“La soddisfazione maggiore, anche in termini pratici, è arrivata però dal volume “Società cooperativa” (326 pagine), edito nel 1994, inserito in una prestigiosa collana Utet. Con i diritti d'autore acquistai una Mercedes, come auto di famiglia”.

Tra i suoi clienti vi sono molti stranieri, oltre alle consulenze per enti locali e Asl 1 Imperiese.

“Da una ventina d'anni mi occupo anche di pratiche assicurative per conto di Unipol, in provincia, e fornisco assistenza a una banca. Gli stranieri che si rivolgono al mio studio, in netta prevalenza europei, lo fanno soprattutto per questioni immobiliari: acquisti di ville e alloggi sulla costa, case da ristrutturare nell'entroterra”.

Ci sveli un aneddoto, un'esperienza particolare vissuta in tanti anni di professione.

“Di getto, mi viene in mente l'incarico ricevuto da un importante industriale tedesco che non riusciva a riavere la sua auto storica di Formula 1, un'Arrows, che aveva affidato a un esperto restauratore, il quale se ne era innamorato al punto da non restituirla. Non è stato facile, ma alla fine il bolide è tornato in possesso del legittimo proprietario. E in un'occasione, una ventina d'anni fa, sono dovuto andare a New York per affrontare un complesso arbitrato internazionale, con un cliente ebreo. Quella lunga trasferta mi è servita per capire meglio come una parte del mondo, diversa dalla nostra, gestisce gli affari”.

Quanto le è stata utile la sua formazione professionale nel ricoprire incarichi nella pubblica amministrazione e nella gestione del Casinò?

“Mi ha aiutato soprattutto nello studiare e valutare le pratiche da varare. D'altronde, basta dare un'occhiata all'attuale giunta di Sanremo, in cui gli avvocati sono in netta maggioranza, a cominciare dal sindaco Mager”.

A proposito: l'amico e socio di studio Massimo Donzella ne fa parte, dopo essere stato assessore ai lavori pubblici e all'urbanistica anche in precedenza.

“Ci conosciamo fin dai tempi della comune militanza nei giovani Dc. E ci alterniamo nelle candidature: mai insieme nella stessa tornata elettorale”.

Oltre a voi due, l'associazione professionale comprende gli avvocati Elena Tonelli e Luca Spada. Tutti al primo piano di quella che, nell'800, è stata la residenza di Siro Andrea Carli, medico e letterato per cinque volte sindaco di Sanremo, al quale è dedicato il monumento-fontana nella parte di piazza Eroi a ridosso della canonica di San Siro.

“Sempre gli stessi soci da trent'anni. Credo che sia un bel segno di affidabilità e di sintonia verso l'esterno. Anche perché su ogni pratica ci mettiamo quattro occhi, in modo tale che il cliente abbia più possibilità di risposte in fatto di nostra reperibilità. Quanto alla sede, siamo qui da una decina d'anni e ci troviamo molto bene, pensando pure alla storia dell'edificio”.

Trent'anni: quelli compiuti quando decide di gettarsi nell'agone politico, candidandosi a sindaco. Erano le amministrative del novembre 1993, con la novità dell'elezione diretta del primo cittadino, partorita sulle macerie della prima Repubblica spazzata via da Tangentopoli. Sette, addirittura, i candidati. E al ballottaggio finiscono l'alfiere della sinistra civica Luigi Ivaldi, insegnante, e il leghista Davide Oddo, avvocato come lei. Vince quest'ultimo, spinto dal boom del Carroccio bossiano.

“Vengono da me Gianni Cozzi, Luciano Demichelis e Alessandro Scajola, politici di spicco nell'allora panorama imperiese di area democristiana, e mi convincono a candidarmi per ripartire da un giovane che si riconosceva nei valori moderati. Due liste a sostegno: Popolari per Sanremo, con lo scudocrociato che era stato della Dc, e Alleanza di Progresso, con resti Psi. Arrivo terzo, raccogliendo il 18,58% di consensi. Inizia così la mia lunga esperienza a Palazzo Bellevue. Entro come consigliere di minoranza, assieme a Pino Di Meco, Franco Erasmi e Bruno Artuso. E sa qual è la particolarità, all'epoca passata come semplice indicazione elettorale, ma che riletta oggi può apparire sorprendente?”.

Lo dica.

“La mia giunta, proposta agli elettori in caso di vittoria, comprendeva pure Alessandro Mager e Gianni Rolando, i duellanti alle ultime comunali, arrivati al ballottaggio nel giugno 2024 finito come tutti sanno. All'epoca erano sulla stessa barca, quella che mi avevano affidato”.

La legislatura dura poco, un anno e mezzo scarso: Oddo viene sfiduciato da una parte della maggioranza monocolore che, assieme all'opposizione, fa mancare il numero legale necessario per proseguire (il sindaco disarcionato ottiene poi soddisfazione al Tar, ma soltanto dopo nuove e regolari elezioni: vittoria legale inutile, a scoppio ritardato). Voto anticipato, a fine 1995, che al secondo turno porta l'otorinolaringoiatra forzista Giovenale Bottini sulla poltrona di sindaco, battendo l'avvocato progressista Andrea Gorlero. E lei rimette piede a Palazzo Bellevue.

“E subito divento presidente del Consiglio comunale. Cinque anni filati e nel 2000 mi ripresento, ottenendo la rielezione, nella scia dell'ingresso in Forza Italia. Bottini stravince al primo turno, con una percentuale “bulgara”, e questa volta mi sceglie per la giunta: assessore alle attività produttive”.

Nel suo album politico c'è una foto che la ritrae con Silvio Berlusconi sul palco del Cavour d'Imperia, in occasione della campagna elettorale per le regionali del 2005. Un passo indietro, accanto a Claudio Scajola, allora al secondo incarico da ministro.

“Un bel ricordo. Ero lì perché nel direttivo provinciale del partito e anche perché avevo un po' di dimestichezza a stare su un palco. E' stato il secondo incontro con Berlusconi, dopo quello di una decina d'anni prima, all'Ariston, per la campagna a favore dell'iniziale candidatura di Bottini. Il Cavaliere era un grande comunicatore, anche nei rapporti diretti, faccia a faccia”.

Intanto, nel 2004 si era tornati a votare a Sanremo, dopo le dimissioni forzate di Bottini pochi mesi prima della scadenza del secondo mandato. Nuova candidatura per il Consiglio, con Forza Italia, ma finisce all'opposizione perché a vincere è l'imprenditore Claudio Borea, alleanza civico-progressista, al ballottaggio con l'ingegnere di centrodestra Rolando. Anche Borea cade poco prima di fine mandato e nel 2009 s'interrompe la sua personale striscia di presenze consecutive in Comune (16 anni). Ci riprova nel 2014 (dopo aver saltato la legislatura guidata da Maurizio Zoccarato), questa volta con una lista civica a sostegno dell'imprenditore floricolo Alberto Biancheri, che batte l'avvocato Gianni Berrino, ex vicesindaco a capo del centrodestra, attuale senatore FdI dopo l'esperienza in Regione. Cinque anni da consigliere di maggioranza.

“Ho sposato quel progetto civico, con ferma convinzione, portando l'esperienza accumulata”.

E alla fine di quel mandato, Biancheri le consegna le chiavi del Casinò. Che conserva fino alla primavera 2023, incassando la proroga di un anno del Cda che presiedeva.

“E' stato un periodo intenso e complicato al tempo stesso. Basti pensare che il Covid ci ha costretto alla chiusura per cinque mesi nel 2020 e altri sei mesi nel 2021, oltre a investire non poche risorse per acquistare i dispositivi sanitari necessari alla riapertura delle sale da gioco, dalle mascherine agli schermi protettivi in plexiglass fino alle apparecchiature elettroniche poste agli ingressi per misurare la temperatura corporea a distanza. Sono saltati tutti i piani di rinnovamento impostati, assieme agli obiettivi per colmare vuoti d'organico dopo l'esodo di parecchi dipendenti che, alla fine del 2019, avevano accettato l'uscita anticipata. Siamo, però, riusciti ad attuare due riforme importanti: adeguare l'offerta alla domanda, in particolare concentrando l'apertura dei tavoli di roulette francese, che richiedono l'impiego di molto personale, nei fine settimana e nei periodi di elevata affluenza turistica; e modificare il contratto d'appalto per la gestione di ristorante e bar interni, per renderlo più appetibile al privato, in particolare senza più l'obbligo della società subentrante di dover riassumere in blocco tutto il personale ereditato. Inoltre, abbiamo introdotto la possibilità di usufruire di servizi catering”.

Adesso c'è un nuovo Cda, con l'uscita di scena di Giancarlo Ghinamo dopo dieci anni e il ritorno alla presidenza di Pino Di Meco. Gli ultimi bilanci rivelano l'ottimo stato di salute del Casinò: ci sono le condizioni per portare avanti progetti importanti come il nuovo ingresso direttamente da via Matteotti, attraverso un tunnel, di cui si parla da troppo tempo?

“E' auspicabile. Ma penso che debba essere raccordato immaginando un migliore impatto urbanistico dell'area in cui convergono la fine di via Matteotti, gli inizi di corso Inglesi e di corso Imperatrice”.

Accanto al rigore professionale e all'impegno profuso da amministratore pubblico, resiste in lei quell'anima ironica, satirica, che ne faceva uno dei punti di forza dei Sanremezzi, saliti alla ribalta nella prima metà degli anni '90 per aver inventato il Festival e mezzo, apprezzatissima parodia dell'evento che più caratterizza Sanremo nel mondo, con pienoni all'Ariston.

“Eravamo un gruppo di amici, c'erano anche Luca Lombardi (attuale assessore regionale al turismo) e Marco Lupi (ex assessore ed ex presidente del Consiglio comunale), diventati pure loro dei politici. A un certo punto, è nata l'idea di scherzare con il Festival, dopo che avevamo allestito con successo uno spettacolo per il Rotaract. Prima edizione nel '91. Festival e mezzo perché eravamo i Sanremezzi e, obiettivamente, i mezzi a disposizione erano pochi. Tre serate, come il vero Festival di quel periodo, a maggio o giugno: il tempo di organizzare e scrivere lo spettacolo in funzione di quello che si era visto e sentito a febbraio, rivisitando i testi in chiave satirica fra aspetti locali e nazionali, pubblicità comprese. Io presentavo, Lombardi e Lupi erano fra i cantanti insieme con gli altri Sanremezzi: Alberto Asseretto, Fabrizio Rossi, Roberto Oliva, Alberto Guasco e Ivano Di Martino. Nel '95 l'ultima edizione: sold out ogni sera, incassammo 125 milioni di lire, dai quali dovevamo dedurre le spese per il noleggio del teatro e la Siae. Quel che restava del ricavato andava in beneficenza, per la costruzione di pozzi d'acqua in Africa”.


Perché è finita, malgrado l'enorme consenso nel segno del divertimento?

“Tutti i fenomeni artistici o culturali hanno una fine. Crescendo e aumentando gli impegni di vita e lavoro di ciascuno è diventato impossibile portare avanti quel progetto. Ma, lo confesso, ogni tanto penso che sarebbe bello riunirci ancora una volta per un amarcord: un'edizione unica, speciale, per tornare a prenderci in giro e far sorridere, anche adesso con i capelli bianchi. E il Festival di oggi, cresciuto in modo esponenziale pure sui social, potrebbe regalarci maggiori spunti rispetto a quelli di un tempo”.

Sanremo sta vivendo una nuova primavera del turismo, con il recupero di grandi alberghi e progetti come quello di Portosole, oltre al previsto restyling di porto vecchio e dintorni, ma alcune magagne restano. Come la vede dal suo punto di osservazione?

“Con molto ottimismo. Checché se ne dica il fascino della città e le sue capacità attrattive non solo resistono nel tempo ma si stanno sviluppando. Quand'ero al vertice del Casinò scoprii da un sondaggio nazionale che Sanremo era sul podio fra le località più ricercate come destinazione. Noto molto interesse soprattutto da parte degli stranieri”.

Qual è il suo rapporto con il mondo dello sport?

“In gioventù ho giocato a calcio nella Carlin's Boys. Mi chiamavano Schnellinger, perché biondino e mezzo tedesco dicevano che assomigliassi, soltanto fisicamente sia chiaro, al celebre terzino del Milan, peraltro mia squadra del cuore. Ho praticato anche l'atletica leggera nell'As Foce: 200 e 400 metri. E mi piaceva sciare. Poi, una ventina d'anni fa, ho scoperto il golf grazie alle mie figlie Vittoria e Margherita, appassionandomi a tal punto da diventare sostituto procuratore federale in Liguria. Infliggevo squalifiche a giocatori scorretti, che “baravano” sul punteggio di buca in buca. Gioco ancora, nei fine settimana, da socio del Circolo degli Ulivi. E cerco di tenermi in forma con qualche puntata in palestra”.

Le figlie hanno preso strade professionali diverse dalla sua.

“Vittoria, dopo la laurea in scienze della comunicazione, ha frequentato la Scuola Holden fondata e diretta da Alessandro Baricco. Adesso lavora, a Roma, nell'ambito dell'industria cinematografica. Margherita, laureata in ingegneria matematica, ora è impegnata in un dottorato di ricerca all'Università di Manchester”.

Tutti hanno almeno un sogno nel cassetto. Il suo?

Riflette qualche secondo, poi si scopre: “Diventare console onorario di Germania a Sanremo, non a Genova. Anche per offrire assistenza istituzionale e professionale ai tanti tedeschi che amano la Riviera, da vacanzieri affezionati o proprietari di case diventate il loro rifugio”.

Gianni Micaletto

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