Copertina - 27 luglio 2025, 00:00

Simone Parodi, il ritorno del campione

Lo schiacciatore matuziano ha riabbracciato stabilmente Sanremo tra memorie, scelte di vita e nuove sfide lontano dal parquet. La pallavolo non manca, ma con le strutture adeguate non è esclusa la nascita di un progetto sul territorio.

Dominare lo spazio e il tempo è una qualità fondamentale per ogni atleta, ancora di più per chi, come Simone Parodi, ha fatto della schiacciata il proprio mestiere. Il pallavolista matuziano ha rappresentato per anni una delle vere eccellenze del nostro territorio: partito dalla Riviera per spiccare il volo, è poi tornato, vent’anni dopo, a riabbracciarla con profonda gratitudine.



Tempo e spazio sono i fili conduttori anche dell’intervista rilasciata a Sanremonews, tra speranze, risalite e un rapporto autentico con la passione sportiva di una vita, vissuta con intensità, ma senza trasformarla in ossessione.



Simone, come stai?
«Bene! In questo periodo mi occupo della gestione di tre case vacanze e gioco a padel. Per quanto riguarda la pallavolo, al momento ho staccato del tutto la spina. Vedremo cosa riserverà il futuro».

Cosa fa un pallavolista in questa fase della stagione se non è impegnato - come è accaduto a te - con le Olimpiadi o la World League?
«Sicuramente sono stato bravo e fortunato a vivere quello che ho vissuto. Sono contento e fiero di tutto ciò che ho costruito, sia nei club che con la Nazionale. C’è ovviamente grande soddisfazione nel volgere lo sguardo all’indietro, ma ho ormai deciso, sportivamente parlando, di recidere il cordone».



Rimanendo in tema estate, quella del 2011 fu segnata dalla folle rincorsa agli Europei dopo il terribile infortunio al ginocchio.
«Fu un recupero lampo. Col senno di poi, non so se lo rifarei, perché mi ha condizionato il proseguimento della carriera.
A 25 anni a un Europeo non si dice no, ma per un’operazione al crociato servono cinque-sei mesi di recupero. Io tornai in campo dopo quattro. È normale che l’altro ginocchio abbia poi subito un sovraccarico. Forse, con la testa di oggi, opterei per una decisione diversa».

Compiamo ancora un passo indietro: a 16 anni arrivò il grande passo verso Cuneo, in un periodo delicato come quello adolescenziale.
«Lasciare casa mi ha fatto maturare molto più in fretta. Il rapporto con gli altri muta, si percepiscono le prime responsabilità e si affrontano situazioni più complesse rispetto alla norma. Ci sono state, come naturale, anche difficoltà e momenti meno belli, ma tutto aiuta a crescere».



Un passaggio che per molti ragazzi non è così scontato. Nel mondo sportivo permane il cliché dell’italiano restio a lasciare casa.
«Posso parlare a livello personale. Poche stagioni dopo, sempre a Cuneo, entrai a far parte di un gruppo esperto, con giocatori già affermati e ben oltre i trent'anni. È il contesto con cui ti confronti a fare la differenza. Probabilmente Cuneo all'epoca ha visto qualcosa in me. In Italia, però, non è sempre facile: devi avere la fortuna di trovarti nel posto giusto al momento giusto».

Hai girato il mondo. Con che occhi guardi oggi Sanremo dopo aver toccato mille latitudini diverse?
«Sto bene qui, non c'è un altro posto dove vorrei stare. Sono sincero: non mi vedo allenatore o legato in modo totale alla pallavolo.
Dopo aver smesso, mi piacerebbe intraprendere nuove strade professionali, pur mantenendo come base Sanremo e Arma di Taggia.
Certo, buttare via trent'anni di esperienza sotto rete dispiacerebbe, ma per ora il mio "vecchio mondo" non mi manca».

I top team sembrano allergici alle grandi città. Si può fare sport ad altissimo livello anche in provincia.
«Nelle grandi città alla fine prevale il calcio, più attrattivo nei confronti dei grandi investitori. In provincia, invece, si trovano ancora imprenditori locali molto legati al territorio, capaci di costruire società solide e vincenti».

In Liguria ci sono tante realtà interessanti, ma manca il grande albero a sostegno dei cespugli.
«Non ci sono gli investitori. A Cuneo è più facile strutturare una squadra: con una cinquantina di aziende medio-piccole si può dare vita a un progetto concreto. È una realtà completamente diversa rispetto a Sanremo o ad Arma. Inoltre, c’è l'annoso problema delle strutture. Ecco, in questo caso mi piacerebbe dare vita a un progetto sul territorio, ma senza un palazzetto adeguato, che possa attrarre soprattutto le leve più giovani, tutto diventa più difficile».



Felice per il Cuneo Volley? I ragazzi hanno raggiunto in A1 il team femminile.
«Ovviamente sì. Per me Cuneo è una seconda casa. Non avevo dubbi che la squadra maschile sarebbe tornata dove merita: era solo questione di tempo. Spero ora possano trovare continuità e consolidarsi nel massimo campionato. Li ho già visti giocare più volte e sicuramente tornerò al palazzetto anche in A1».

Gianlorenzo Tortarolo

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