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Sport | 08 luglio 2024, 07:05

Domenica la finale dell'Europeo: la disfatta dell'Italia analizzata da un esperto di giovani della nostra provincia

Paolo Garrione, nato a Vercelli ma da decenni 'naturalizzato' tabiese allena ancora ad Imperia dopo esperienze in tutta la provincia

Domenica la finale dell'Europeo: la disfatta dell'Italia analizzata da un esperto di giovani della nostra provincia

“Penso che più degli adulti, per la partita della Nazionale, persa così malamente contro la Svizzera il 29 giugno, abbiano sofferto i bambini che giocano a calcio. Per loro che hanno sette o otto anni quella maglia azzurra, la bandierina tricolore sventolata nelle piccole mani sono gli elementi di una favola. Di uno scrigno di emozioni. I bambini si immedesimano in quegli ‘undici eroi’. E vederli così imbelli, così passivi per novanta minuti per i bambini è stato un trauma. Hanno infranto le loro aspettative. Hanno infranto la loro gioia di quel giorno. Hanno ucciso un pezzo di poesia. Si sono sentiti traditi. Si dovrebbero vergognare!”

Paolo Garrione, di Vercelli, ma da decenni residente ad Arma di Taggia sa quel che dice. Negli ambienti del calcio giovanile della provincia di Imperia è un veterano degli allenatori. Alla soglia dei settant’anni allena ancora il settore dei giovanissimi dell’Imperia, a cui è approdato da un anno, dopo una breve esperienza con i pulcini del Badalucco. Nella galleria dei suoi ricordi ci sono tantissimi volti di giovanissimi calciatori. Dopo il corso da allenatore nel 1988 sono stati formati da lui le giovanili della Sanremese, del Ventimiglia, della Virtus, del Sant’Ampelio, dell’Argentina. Un suo ex allievo, Francesco Bellone di Sanremo è attualmente una promessa del Genoa ed è stato selezionato per la Nazionale under 15.

“Ho visto crescere in tutti questi anni il calcio giovanile della nostra provincia. Ci sono decine e decine di bambini che si avvicinano a questo sport – prosegue Garrione - in società che sono veramente a livello ottimale, grazie a dirigenti ed allenatori giovani, che per quattro soldi, sacrificando tempi familiari, si impegnano per formare in maniera sana bambine e bambini, con il gioco del calcio, che è sport, ma è anche lealtà, è capacità di esporsi e di fare squadra. I pulcini delle nostre squadrette hanno un’incredibile voglia di lottare, di emozionarsi. Sanno cadere e rialzarsi. Incentivo la loro voglia di emergere, li sprono a combattere, ma faccio mettere nel conto anche la sconfitta in campo, che deve essere l’occasione per fare meglio nella partita successiva. Anche se per un goal c’è chi piange e si mette a terra. Li consolo. Ma li invito a combattere sempre per onorare quella maglia che portano addosso. Per rialzarsi. La resa non fa parte del mio insegnamento. Non è nel loro zaino”.

Bene Paolo, ma allora trasferiamo questa tua competenza e questi valori su quei terribili novanta minuti di Italia-Svizzera, quale chiave di lettura nei dai? “C’è una crisi innegabile della nostra squadra Nazionale che viene da lontano. Il calcio professionistico è cambiato tantissimo in questi anni. C’è un giro d’affari incredibile, ci sono investitori e quotazioni in borsa, c’è un mondo di procuratori che alimenta cessioni a suon di milioni, a cifre astronomiche. Poi dobbiamo parlare dell’arrivo degli stranieri. Devi pensare che ci sono squadre di serie A che hanno l’ottanta per cento di calciatori che non sono italiani. Sette calciatori su 10 sono stranieri. Questi blocchi non facilitano l’emergere dei nostri ragazzi. Ma questo danneggia fortemente la squadra nazionale di livello più elevato, perché se andiamo a vedere la classifica dei marcatori di quest’anno abbiamo il primo italiano: Gianluca Scamacca solo al 12° posto. E’ un problema serio perchè questa presenza di stranieri così estesa impedisce la formazione di blocchi italiani ben affiatati e lo spazio temporale dell’allenamento della nazionale è troppo esiguo per creare, dal nulla, una compagine che in campo sia un carro armato. Non c’è più la capacità di utilizzare un blocco compatto proveniente da un club di serie A. Questo aveva facilitato il lavoro di allenatori come Bearzot, che avevano conseguito ottimi risultati”.

Ecco veniamo all’allenatore. Spalletti è senza responsabilità? “Personalmente ci sono scelte che non comprendo, prendiamo Fagioli. Come si fa a convocare uno che non gioca da un anno per una squalifica? Lo stesso Spalletti è stato un inserimento che a mio modo di vedere ha avuto un rigetto dai giocatori della nazionale abituati a ben altro modo di allenare. Spalletti è uno che va bene per il Napoli, dove era da parecchio tempo, non per la nazionale. O meglio in così pochi mesi non doveva pensare di imporre il suo modo di giocare, ma di incentivare le qualità dei giocatori che aveva a disposizione, doveva seguire il loro modo di stare in campo. Ma anche con questo se non si cambiano le regole di disponibilità della nazionale e se non si garantisce la prevalenza degli impegni nazionali su quelli di club non andiamo più da nessuna parte, perché occorre molto più lavoro per formare un blocco compatto, anche se l’allenatore fosse Bearzot”.

E’ un quadro sconsolante, quello che viene da chiedersi è cosa si può fare per invertire la deriva della nazionale. E’ un discorso che esula dal solo terreno del calcio, perché nell’immaginario dell’italiano medio la nazionale di calcio è come la Ferrari un vero e proprio pezzo dell’identità nazionale: “Bisognerebbe andare a toccare il giro d’affari che ormai ha snaturato il calcio professionale. Le squadre fanno investimenti colossali su un calciatore ed hanno il sacrosanto terrore che un prestito alla maglia azzurra possa rappresentare un rischio finanziario troppo elevato. Siamo in grado di invertire questo giro d’affari? Se potessi dare un suggerimento alle alte sfere direi di utilizzare molto, ma molto di più il settore Giovanile. Bisogna avere più coraggio nel far giocare i ragazzi giovanissimi. Dopo tutto è vero o no che l’under 17 è Campione d’Europa. E’ vero o n o che l’under 20 è vice campione del mondo? In questo incredibile vivaio c’è energia, voglia di emergere. C’è l’inno di Mameli cantato con il cuore . C’è l’orgoglio di vestire quella maglia azzurra che è un pezzo di storia, un blasone ed un impegno. Per non arrendersi mai”.

Carlo Michero

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