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Infermiere e salute | 04 giugno 2023, 05:00

Come possiamo diventare ultracentenari sani?

Intendo per longevità sana la possibilità di superare i 100 anni, in buone condizioni fisiche generali.

Come possiamo diventare ultracentenari sani?

Intendo per longevità sana la possibilità di superare i 100 anni, in buone condizioni fisiche generali.  Ci sono vari modi per raggiungerla: essere così fortunati da avere pochi problemi di salute, per corredo genetico, utilizzare davvero dopo i 40-50 anni la prevenzione che ci consente di mantenere un’età biologica inferiore, utilizzare nel prossimo futuro, nuove tecniche, molto promettenti, ma ancora in fase di ricerca preclinica,  che sfruttano le staminali e “riparano” veramente organi malati.

Da cosa dipende la nostra longevità.  

L’aspettativa di vita è legata solo in minima misura al Dna: dalla genetica dipende il 20%, il resto da noi, ovvero da una dieta equilibrata, esercizio fisico, ma non solo. Lo sport e l’alimentazione sana restano essenziali, ma non bastano. Dato che la dieta mediterranea si è “bastardizzata” perché non si mangia più come un tempo, e che il cibo non contiene tutte le sostanze nutritive di cui il nostro corpo ha bisogno, diventa sempre più importante il supporto di sostanze protettive. In sostanza si tratta di integratori, tra i quali attivatori di sirtuine, le proteine della longevità: fondamentali, per prevenire malattie croniche come il diabete, patologie cardiovascolari e neurodegenerative. In Italia, dati dell’Istituto Superiore di Sanità, colpiscono 14 milioni di persone: tra questi 8,4 milioni di 65enni che vivono quindi una “longevità malata”, cioè una vita lunga ma non in salute.

La fonte di queste malattie è la stessa: un’infiammazione cronica subliminale indotta dalla dieta, un killer silenzioso, e sappiamo che è subdola perché non provoca danni visibili, ma lentamente danneggia i tessuti e i meccanismi metabolici dell’organismo. Per capire il proprio grado di infiammazione, basta un test del sangue, poco conosciuto e poco praticato: si chiama Acido arachidonico (AA) su acido eicosapentaenoico (EPA). Il rapporto dovrebbe essere 1,5, ma per gli italiani, in linea con il trend degli Usa, la media è 15, dicono i ricercatori ricordando l’importanza della prevenzione.

Cosa mangiare

Quando si sceglie cosa mangiare bisogna tener conto di due fattori: indice glicemico e infiammatorio dei cibi. Vuol dire che bisogna evitare cibi che provocano sbalzi di glicemia e infiammazione, ovvero quelli ricchi di zuccheri semplici e di grassi saturi. Che cosa preferire?

Tra i carboidrati, meglio quelli complessi, ovvero la pasta (meglio se integrale) al posto di riso o patate. Tra le proteine meglio privilegiare quelle del pesce e le proteine vegetali. Quanto alla carne, la regola è sempre limitare quella rossa. Infine, largo uso delle verdure: se ne possono mangiare a volontà, se poco condite, specie quelle a foglie verde e colorate, che sono le più ricche di polifenoli, sostanze dal potere antiossidante.

Quanto mangiate?

Bisogna mangiare bene ma anche poco: le porzioni devono essere ridotte . Un esempio: massimo 50/60 grammi di pasta, ma condita con tutta la verdura che desiderate e sempre poco olio evo, che è ricco di antiossidanti ma anche molto calorico.

Come mangiate?

La risposta è: lentamente, seguendo l’esempio dei nonni: avevano ragione perché la sazietà impiega dai venti minuti alla mezz’ora per essere avvertita. Con porzioni ridotte, e la giusta calma quando possibile, riuscirete a mangiare meglio e meno. L’ideale sarebbe alzarsi da tavola con ancora un po’ di fame.

E il digiuno?

Questo è un tema piuttosto controverso, da affrontare sempre sotto supervisione medica: Si parla sempre più di digiuno intermittente, anche un giorno a settimana di digiuno fa la differenza: sommati in un anno sono ben 52 giorni. Provateci anche nell’arco della giornate: saltate la colazione limitandovi a un caffè, un tè o uno yogurt magro: se non si attiva la secrezione insulinica mangiando, poi non si ha fame e si può aspettare il pranzo per fare un pasto sano.

Come scegliete il cibo?

Non ha senso parlare di longevità sana se il pianeta lentamente muore. Questo vuol dire che bisogna tener conto anche dell’impatto che il cibo che mangiamo ha sull’ambiente. Prendiamo l’esempio della carne: una volta consumare la carne rossa era un privilegio, poi è diventata uno status symbol e ora è un alimento che alla lunga, abusandone, fa male a chi se la può permettere. Se mangi carni come la chianina, a basso indice di grassi, proveniente da mucche che pascolano l’erba e quindi a loro volta mangiano cibi che non provocano infiammazione, oltre a non provocare lo stesso impatto di una bistecca di angus allevata in modo intensivo e molto più grassa, dai al tuo corpo un buon nutrimento. Lo stesso se si sceglie il salmone selvaggio al posto del salmone allevato, o pesci piccoli come le sardine: a differenza di pesci più grandi come lo spada non accumulano metalli pesanti o contaminanti.

Come cucinare?

Anche il modo in cui si cucina fa la differenza. I condimenti pesanti  provocano sempre infiammazione ad esempio la pasta: se è scotta, si disintegra il suo reticolo proteico e si alza l’indice glicemico. Se invece è al dente e in più condita con un filo di olio evo, o ancora meglio una spruzzata con un nebulizzatore, l’indice glicemico si abbassa.

Quanto vino?

Sappiamo che il consumo moderato di alcol, preferibilmente vino rosso (2 bicchieri al giorno, ciascuno 150 ml) può allungare la prospettiva di vita di circa tre anni. Ma bevetelo lentamente: il vino non va ingurgitato, va sorseggiato. In questo modo se ne beve anche di meno, consapevoli che l’etanolo è comunque tossico per fegato e pancreas.

Che integratori usare?

Dopo i 35 anni bisogna assumere quelle sostanze protettive che il cibo da solo non è in grado di darci. Anzitutto la vitamina D che, tra le altre cose, come ha provato recentemente uno studio condotto in Israele, riduce tra l’altro in maniera evidente di 14 volte le progressione a forme gravi e la mortalità da Covid. Poi gli Omega 3 in grado di bloccare la progressione di malattie autoimmuni, i polifenoli e attivatori delle sirtuine come pterostilbene, polidatina, onochiolo e acido ellagico: oltre a bloccare le malattie neurodegenerative, hanno a loro volta un effetto antivirale.

E l’attività fisica?

Alzati, corri, o almeno cammina: non esiste una formula per tutti, ma tutti a loro modo dovrebbero fare movimento ogni giorno. La sedentarietà è il peggiore nemico della longevità. L’esercizio fisico è un toccasana che allena il sistema cardiocircolatorio, attiva la produzioni di sirtuine, ed è un potente ansiolitico e antidepressivo. Certo, meglio fare da soli che non farlo, ma nessun campione olimpico ha vinto senza un allenatore. Per questo è consigliabile, sempre, almeno all’inizio, di farsi seguire: per lo sport, così come per l’alimentazione.

Il risultato: ecco quanti anni potreste guadagnare

Con un approccio integrato che combini dieta, sport, sostanze protettive, l’obbiettivo di arrivare a 120 anni cominciamo a sentirlo come realistico. 

Sono evidenti i vantaggi per le persone e per il sistema sanitario: se con la medicina preventiva si investisse in prevenzione riuscendo a prolungare anche di un solo anno la sopravvivenza  media di un individuo, nel mondo si risparmierebbero 37 trilioni di dollari l’anno. Quante cose si potrebbero realizzare con questo denaro?

Ma lo strumento più efficace rimane la restrizione calorica, cioè è un piano alimentare che riduce l’apporto di calorie totali (di solito del 20-40%) senza causare malnutrizione.

Gli studi sugli animali hanno ottenuto incrementi sensibili della durata della vita adottando questo modello alimentare.

Si ritiene che la restrizione calorica rallenti il processo di invecchiamento agendo come un fattore di stress di basso grado, innescando così una risposta di tipo ormetica (cioè n.d.r.:una stessa sostanza o metodica può indurre effetti benefici a basse dosi, dannosi ad alte dosi).

Studi osservazionali su popolazioni umane rinomate per la longevità osservano collegamenti certi tra un basso apporto calorico, una maggiore durata della vita e una minore probabilità di malattia.

Uno studio d’intervento ha confrontato gli effetti di una moderata restrizione calorica (mediamente del 12%) con quelli della dieta regolare. Lo studio ha dimostrato che l’età biologica del gruppo che aveva seguito la dieta ipocalorica è aumentata di 0,11 anni ogni 12 mesi, mentre nel gruppo a dieta normale è aumentata di 0,71 anni ogni 12 mesi.

Ulteriori ricerche hanno dimostrato che l’estensione della restrizione calorica per 2 anni può migliorare i marcatori di infiammazione cronica, la pressione sanguigna, la glicemia e il colesterolo cattivo nei giovani e negli adulti sani di mezza età. Inoltre, ha migliorato la funzione cognitiva in adulti sani non obesi.

Pensiamoci ….a tavola.

 

                                                                                  Prof. Giorgio Bottani

 

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Il sottoscritto e Sanremonews in questo caso non ne rispondono.

 

L'Infermiere è un professionista sanitario laureato il cui compito è la somministrazione della cura, il controllo dei  sintomi e la  cultura all’ Educazione Sanitaria.

 

                                                                                                          Roberto Pioppo

 

 

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