Al Direttore - 20 settembre 2020, 10:57

1302. Dante in viaggio verso Parigi: anche il Sommo Poeta fu alle prese con la difficoltà delle comunicazioni nella Liguria di Ponente

Il racconto di Pierluigi Casalino

1302. Dante in viaggio verso Parigi: anche il Sommo Poeta fu alle prese con la difficoltà delle comunicazioni nella Liguria di Ponente

In vista delle celebrazioni dei 700 anni dalla morte di Dante Alighieri trova spazio anche il dibattito su un suo presunto viaggio in Francia, partendo dalla Liguria. Quando l'Alighieri, nell'estate del 1302, si recò a Parigi, passò sicuramente per Ventimiglia e per Nizza. Non abbiamo, tuttavia, documenti certi che provino la circostanza (come ho avuto modo di ricordare in altra occasione), ma la pur breve descrizione della strada romana Iulia Augusta, contenuta nella Divina Commedia (Purgatorio III, 49-51) e anche dello stesso monumento della Turbia, ne può indicare l'elevata probabilità, data la precisa descrizione dei luoghi da parte del Sommo Poeta. Non mancano, peraltro, altri cenni danteschi sull'evento e in ogni caso i fitti rapporti di interessi tra la Firenze di Dante e la Francia contribuiscono a rendere verosimile l'ipotesi di un viaggio a Parigi del Poeta. Se egli avesse compiuto tale viaggio per mare, non avrebbe potuto scrivere: «Tra Lerici e Turbia, la più diserta, la più romita via è una scala, verso di quella agevole ed aperta». Deve aver certamente percorso la via di terra, se la definisce "deserta e romita", dal momento che la dominazione genovese sulla Liguria non era interessata a dotare la costa ligure di strade ben percorribili, allo scopo di evitare così la facile comunicazione tra le genti del luogo, che non potevano permettersi il viaggio per mare. Per Genova era, infatti, prioritaria la via del mare e il controllo delle rotte marittime, oltre che la divisione dei suoi sudditi.

Le comunicazioni genovesi erano tutte svolte dalla sua potente flotta, che padroneggiava tutti i porti attivi, rendendo non operativi quelli delle città ribelli o addirittura ostili. Così, nel 1300, il tracciato dell’antica strada romana era interrotto in moltissimi tratti, tanto da meritarsi il titolo di "romita". Inoltre, dove l'antica strada esisteva, si presentava deserta, poiché, chi conosceva l’ambiente, preferiva perciò strade alternative meno frequentate dai numerosi briganti liguri. Si dovrà arrivare a Napoleone e dopo di lui ai Savoia per rendersi pienamente consapevoli della grande importanza della questione dei liberi ed efficienti collegamenti in Liguria, soprattutto a Ponente. Il potere genovese non riusciva (o non era del tutto determinato a farlo) ad eliminare il brigantaggio allora assai attivo, perché la Superba era più preoccupata delle sorti del suo commercio in Medio Oriente, nel Mar Nero o in Nord Africa che non a emancipare le condizioni logistiche della Riviera. La Superba, d'altra parte, riteneva che il brigantaggio fosse, in qualche modo, un buon rimedio alla stagnante economia locale. Quando, invece, il Sommo Poeta fa cenno alla simbologia della scala agevole ed aperta verso la Provenza, egli si riferisce chiaramente al tratto che portava al colle di Turbia, il tronco di via romana, cioè, allora meglio conservato e reso suggestivo dal paesaggio che lo comprendeva. Una zona, quella da Ventimiglia all'oltre Nizza, che per storia, scienza geografica e costumi (risalenti ai resoconti degli antichi autori greci e latini) apparteneva alla regione italiana (e ancora e comunque in essa oggi rientra, pur nelle diverse ed innaturali situazioni politiche succedutesi nel tempo). Lo stesso Dante fissa autorevolmente da queste parti i confini del Bel Paese (ed ovviamente della Liguria storica).

Potremmo fare solo delle ipotesi sulle tappe del viaggio dantesco, nell’estremo Ponente ligure, e dei numerosi esuli Guelfi e Bianchi che si stavano unendo a Dante alla volta di Parigi. Se non avesse viaggiato in compagnia, l'Autore della Divina Commedia non avrebbe potuto, del resto, difendersi di briganti. Dopo una prima sosta a Genova, sembra che Dante abbia trascorso la notte a Savona, poi a Loano o ad Albenga, per trasferirsi nell'estremo Ponente, giungendo al borgo di San Romolo. Muovendo di buon mattino da San Romolo, il Sommo Poeta sarebbe quindi arrivato a Monaco, via Ventimiglia (dove sembra si sia fermato per la notte), ma probabilmente fece in modo di evitare il Principato e raggiungere direttamente la "ligure" Nizza (autoproclamatasi tale da secoli - e così anche al tempo di Dante -, per sfuggire alle mire di Francia e di Provenza, prima di chiedere, alla fine del XIV secolo la protezione sabauda). In quell’anno, infatti, la Rocca monegasca non era in mano del guelfo Grimaldi, ma del ghibellino Ughetto Spinola, che l’aveva ricevuta da Carlo d’Angiò, e la terrà fino al 1318. A Parigi il Poeta rimase fino al 1304, relazionandosi con quella celebre Università. Anche Dante, dunque, avrebbe sperimentato le difficoltà del transito nella nostra terra. Analoga esperienza vissero più tardi Caterina de' Medici, andata in sposa alla corte parigina, e Nicolò Machiavelli, l'autore de Il Principe, che fu ospite alla Mortola presso la villa dei Lanteri, divenuta poi nel tempo la celebre Villa Hambury che oggi ammiriamo. Qui Machiavelli pernottò durante il suo altrettanto travagliato tragitto in terra ligure verso la Francia. Una problematica, quella della sicurezza e praticabilità delle comunicazioni nella Liguria occidentale, dunque, a tutt'oggi lungi dall'essere risolta, come la cronaca di questi ultimi giorni ci conferma.

Pierluigi Casalino.

Redazione

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