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Eventi | 03 agosto 2020, 18:59

Tosca ad Arena Live Festival: "Senza il viaggio la vita è in bianco e nero: cultura e politica devono dialogare"

La cantante romana porta sul palco di Cuneo il documentario "Il suono della voce", realizzato al termine di una lunga tournée internazionale dall'Algeria al Portogallo

Tosca ad Arena Live Festival: "Senza il viaggio la vita è in bianco e nero: cultura e politica devono dialogare"

Sarà Tosca la protagonista dello spettacolo in programma domani sera, martedì 4 agosto, ore 21.30, per Arena Live Festival, a Cuneo (via Aldo Viglione, località San Rocco Castagnaretta – Zona Pala Ubi Banca).

La cantante romana porterà sul palco Il suono della voce, un documentario prodotto da Leave, Officina Teatrale e Rai Cinema per la regia di Emanuela Giordano, presentato in anteprima assoluta alla Festa del Cinema 2019.

Nato dalla lunga tournée internazionale di Tosca, partita da Algeri e terminata a luglio 2018 toccando Brasile, Francia e Portogallo, un lungo cammino senza frontiere intorno alla musica e alle parole che si è arricchito nel tempo di collaborazioni illustri: Cyrille Aimée, Maria Anadon, Lotfi Bouchnak, Aline Calixto, Alice Caymmi, Salim Dada, Mariene De Castro, Thiago Delegado, Evandro Dos Reis, Ivano Fossati, Ivan Lins, Awa Ly, Marisa Monte, Rogê, Vincent Segal, Luisa Sobral.

Dopo la proiezione del video, Tosca verrà intervistata dal giornalista Mario Bosonetto e proporrà, in trio, un miniconcerto. Apertura della serata affidata ai Rebel Bit, innovativo team di musica vocale.

Tosca, come nasce Il suono della voce e perché proporlo in questa modalità "live", a contatto diretto col pubblico?

Stiamo facendo un tour in alcune arene per promuovere questo documentario a testimonianza di tre anni di concerti internazionali. Ho iniziato con l’Africa, tra Tunisi e Algeri, portando con me un operatore che immortalasse tutte le esperienze vissute man mano. Lì ho incontrato personaggi molto interessanti e personalità importanti, tra cui uno degli artefici della "Rivoluzione dei gelsomini". Quando sono tornata in Italia, oltre a tutto il materiale relativo ai concerti, avevo anche tantissimi documenti “umani” conservati. Poi, dovendo spostarmi tra Brasile, Portgoallo, Francia, e Capo Verde, abbiamo provato a chiedere a Rai Cinema di sostenerci nel lavoro di riprese e produzione, e così è nato “Il suono della voce”.

Quale messaggio viene trasmesso attraverso le immagini?

Vuole essere un inno all’integrazione, alla condivisione, uno sprone a entrare nei Paesi stranieri attraverso la musica, condividendo pensieri e considerazioni con altri artisti, chiedere da dove vengono, cosa pensano, qual è la loro musica. Ci spiega come si può creare una lingua comune, di condivisione, in un momento storico in cui tutti predicano la distanza, lo stare ciascuno a casa propria. E non mi riferisco solo al distanziamento fisico che ci viene imposto dall’emergenza sanitaria. Vorrei passasse il messaggio di quanto sia importante, oggi, cercare di creare nuovi linguaggi che portino a nuove strade culturali percorribili. È un discorso artistico, ma che diventa inevitabilmente anche discorso politico. Dovremmo capire che il mondo va verso l’integrazione, ogni ideologia divisiva è ormai anacronistica.

Un'esperienza che sicuramente ha segnato un'artista eclettica come lei, da sempre rivolta alla sperimentazione e la commistione musicale...

Sì, mi è sempre piaciuto andare a scoprire l’essenza, cosa c’è dietro uno stile musicale, anche nel nostro Paese, non solo all’estero. Sono moltissime le influenze, le contaminazioni, le dominazioni di popoli su altri popoli da cui sono scaturiti i generi. La musica yiddish nasce perché le persone al tempo erano costrette ad allontanarsi dalla propria terra, portando con sé una tradizione che è andata a determinare la cultura dei popoli autoctoni. La storia condiziona la cultura così come la cultura la storia. Pensiamo anche al rapporto tra il greco e l’arabo, alla fusione generatasi nei bassifondi dei substrati culturali. Mi piace andare continuamente a ricercare. Adesso in Portogallo c’è una nuova generazione che sta riscrivendo molto della musica mondiale. Forse perché sono stati massacrati dalla crisi. Io sono stata lì in un periodo di violenta desolazione, per strada c’erano i negozi chiusi, con i prodotti lasciati alla rinfusa. Quando ci sono tornata, anni dopo, l’ho visto rinato, anche grazie al forte senso di appartenenza e di condivisione del suo popolo. Questo per dire che la cultura e la politica sono molto connesse; dovremmo far sì che anche la nostra progredisca, mentre adesso siamo fermi a logiche commerciali e manchiamo di sostanza.

E in un periodo come quello attuale, dove gli scambi intercontinentali solo difficoltosi se non impossibili, quali sono le prospettive per i viaggi futuri?

In questo momento sarei dovuta essere in Argentina, poi Uruguay, Paraguay. A ottobre Cuba, ma è stato tutto rimandato di un anno. Speriamo arrivi presto il vaccino per poter tornare a spostarci tra i continenti. Una vita senza il viaggio e la conoscenza, e la possibilità di essere cittadini del mondo, è una vita in bianco e nero. Io sono una fautrice dell’europeismo, di quanto oggi chi staa nell’Europa unita possa vivere da cittadino indistintamente a Lisbona, Parigi, Berlino, senza sentirsi straniero. Spero che tutto ciò presto ritorni.

Redazione

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