Al Direttore - 29 marzo 2020, 10:32

La peste bubbonica del 1300 nella Liguria occidentale. Paure, pregiudizi e iniziative caritatevoli da parte dei padri francescani di Ventimiglia

La pestilenza, attribuita alle pulci dei ratti e partita dalla Cina del Nord, si diffuse nei territori dell'Orda d'Oro mongola e investì l'Europa, il Medio Oriente e l'Africa, decimando sensibilmente la popolazione del tempo

Il nostro affezionato lettore Pierluigi Casalino ci racconta un altro pezzo di storia del Ponente ligure.

“Ricordata dal Boccaccio nel suo Decameron, la peste nera del 1347-1348, interessò anche il Ponente ligure, a seguito del contagio trasmesso dai genovesi, reduci dalla difesa della città di Caffa, in Crimea (colonia della Superba), contro i tartari. La pestilenza, attribuita alle pulci dei ratti e partita dalla Cina del Nord, presumibilmente già nel 1346, si diffuse nei territori dell'Orda d'Oro mongola e investì l'Europa, il Medio Oriente e l'Africa, decimando sensibilmente la popolazione del tempo. Nel 1349, se pur ancora presente in Piemonte, non era più segnalata nella Liguria occidentale.

Sull'argomento, sopravvivono, del resto, pochi documenti nel Ponente, sicuramente occultati o distrutti, per non spaventare la gente, già colpita, fin dal lontano 1320, da precedenti eventi drammatici: per fare degli esempi  guerre, calamità naturali e carestie, come ci narra Gerolamo Rossi nella sua Storia di Ventimiglia. In quell'occasione, anche nel centro intemelio, come da altre parti d'Europa, si scatenarono reazioni e persecuzioni ai danni degli ebrei, costringendo il romano pontefice Clemente VI ad emanare una bolla per placare gli animi e condannare le intemperanze. Intemperanze che si erano accanite anche contro donne ingiustamente accusate di malefici e di possessioni demoniache e contro presunti untori. Seguirono poi alluvioni ed altre avversità naturali, e, da ultima, nel 1339, un'invasione imponente di locuste provenienti dalle coste nordafricane, che determinò una devastazione dell'economia locale.

Dopo tale disastro, la situazione parve migliorare, ma già nel 1345-1346, nuove ed insistenti piogge ed un'influenza, forse di origine aviaria, trasmessa agli uomini, provocarono lutti indicibili. Ventimiglia, Sanremo, Bordighera e altri centri liguri furono teatro di disperati tentativi di arginare tale propagarsi, tanto più gravi perché capaci di portare la morte soprattutto alla popolazione infantile. Quando alla fine del 1346 la peste nera fece irruzione nelle nostre contrade, si fece ricorso a terapie, generalmente improprie, come salassi e applicazioni di spugne imbevute di aceto. Benemeriti furono in quella disgraziata circostanza i francescani di Ventimiglia che si adoperano oltre ogni limite e con sconfinata carità per portare aiuto e cura ai poveretti colpiti dal morbo in tutta l'area intemelia e nelle ville circostanti. A soccorrere la miseria e la fame che rendeva tutto ancor più difficile i religiosi diedero un esempio indimenticabile alla città e alle ville vicine. Fu proprio a motivo di tale lodevole opera a favore della gente nel biennio 1347-1348, che i frati furono oggetto di cospicue donazioni, grazie alle quali la congregazione riuscì ad ampliare le  strutture conventuali in Ventimiglia.

Pierluigi Casalino”. 

Redazione