“La società, la dirigenza, i calciatori e tutto lo staff desiderano ribadire il loro secco ‘no’ a ogni forma di discriminazione, di razzismo, di prevaricazione e di violenza sia fisica che verbale. Stigmatizziamo questo genere di comportamenti e sempre lo farà”.
Interviene in questo modo l’Ospedaletti, società calcistica ponentina, coinvolta nel caso della denuncia della mamma di un calciatore orange di 13 anni. I fatti sono stati pubblicati ieri dal nostro giornale per le dichiarazioni della donna, che ha affermato di aver udito un insulto a sfondo razziale nei confronti del proprio figlio, durante la partita disputata sabato a Pian di Poma, tra Sanremese e l’Ospedaletti.
In merito a quanto successo qualche giorno fa la società orange conferma di lavorare ad un incontro con la famiglia del ragazzo per dare pieno sostegno e dimostrare tutto il supporto necessario a seguito di un episodio tanto spiacevole quanto fastidioso. Allo stesso tempo l’Ospedaletti è pienamente consapevole che le società sportive non possono essere considerate responsabili dei comportamenti di chi assiste a una partita sugli spalti.
“Lavoriamo ogni giorno, dentro e fuori dal campo – evidenzia il sodalizio ospedalettese - per formare le generazioni di calciatori e uomini del futuro, trasmettendo ai propri tesserati di ogni età tutti i valori che uno sport magnifico come il calcio può rappresentare. Primo tra tutti il rispetto degli altri, sia del compagno di squadra che dell’avversario. Si gioca per la propria squadra e per la propria maglia, si lotta sul campo per 90 minuti, ma l’avversario va sempre onorato e rispettato, nella vittoria e nella sconfitta. Il calciatore orange sarà sempre pronto a stringere la mano e a riconoscere il merito altrui condividendo i sani valori dello sport”.
“Per questo certi atteggiamenti – termina l’Ospedaletti - non sono e per sempre non saranno i benvenuti nella nostra famiglia, che si batte e si batterà per fare in modo che valori come il rispetto, l’uguaglianza, l’educazione e le buone maniere siano all’ordine del giorno, durante la partita e non solo, in campo e fuori, a scuola e a casa. Anche per questo c’è sempre più gusto a essere orange”.