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Calcio | 23 novembre 2019, 11:00

Calcio. Andrea Moraglia appende le scarpette al chiodo: "Era giusto così, in questo mondo ci vorrebbe più coerenza e sincerità. La mia mancata conferma all'Ospedaletti? Questione di scelte"

Le prime parole del quotato centrocampista dopo il suo addio al calcio giocato

Andrea Moraglia, ex centrocampista di Sanremese, Argentina, Imperia, Taggia e Ospedaletti

Andrea Moraglia, ex centrocampista di Sanremese, Argentina, Imperia, Taggia e Ospedaletti

In settimana è arrivata la notizia dell'addio al calcio giocato di Andrea Moraglia, quotato centrocampista classe 1983 ex di Sanremese, Argentina, Imperia, Taggia e Ospedaletti.

Al nostro quotidiano online ecco le prime dichiarazioni dopo questa decisione dell'ormai ex mediano che ora è pronto a prendere una nuova strada: quella dell'allenatore.

Andrea, cosa ti ha spinto a dire basta al calcio giocato? "Ho vissuto un'estate un po' particolare, mi ero promesso dopo aver fatto la stagione scorsa a Ospedaletti facendo diversi sacrifici di cercare un qualcosa di più vicino con l'impegno di essere più presente per la mia famiglia. Qualche chiamata e parola c'è stato, ma ho iniziato con Modestino Feliciello questo percorso con le giovanili dell'Imperia arrivando ad un punto dove ho pensato che sarebbe stato giusto continuare quel tipo di percorso. Allenare mi piace, è un qualcosa in cui che credo e poi voglio mettermi in gioco in questi vesti e capire se riuscirò ad andare avanti in questo percorso". 

Ci sveli cosa è successo per la tua mancata conferma a Ospedaletti? "La mia mancata conferma all'Ospedaletti? Scelte tecniche. E' vero che avevo pensato per un impegno più vicino a casa. Ho deciso di cavalcare l'opportunità di allenare la squadra giovanile dell'Imperia con Modestino. E' stata semplicemente una questione di scelte senza rimpianti. Ci tengo a ringraziare l'Ospedaletti perchè l'anno scorso mi ha permesso di vivere la loro realtà e il loro ambiente con la grande cavalcata. Li ringrazio tutti: dal Presidente, dal Direttore Borgese, Stefano Sturaro fino a mister Carlet".

Confermi o smentisci che sei stato corteggiato a lungo da Atletico Argentina e Taggia? "Con l'Atletico Argentina non c'è mai stato nulla, mentre con il Taggia ci sono state delle chiacchierate che però non sono poi andate a buon fine per vari motivi".

Hai qualche sassolino dalla scarpa da toglierti dopo l'ultimo anno? "Non ho nessun sassolino da togliermi, i miei pensieri sul calcio me li tengo per me. L'ultima stagione è stata bellissima, terminata in modo perfetto. Sono super orgoglioso di aver dimostrato a me stesso quali sono i valori che mi hanno insegnato, prima di uomo poi di calciatore, ma non posso pretendere di piacere a tutti. Mi piacerebbe che nel calcio in generale i rapporti fossero più genuini e ci sia più sincerità. Purtroppo spesso ci sono incoerenze e falsità: un giorno sei il più forte, il giorno dopo sei il più scarso di tutti, oppure prima servi e poi non servi più e sei vecchio. Dico solo che ci vorrebbe più coerenza, avere le palle di dire le cose in faccia, ma non succede ad alti livelli figuriamoci nel calcio dilettantistico... Oggi nel calcio c'è troppa presunzione ed è difficile ottenere dei risultati". 

A livello calcistico quali consigli si sente di dare ai giovani calciatori che alleni per arrivare ai tuoi livelli? "Ai miei ragazzi cercherò di trasmettere quello che hanno insegnato a me. Come prima cosa di crescere sotto l'aspetto umano, poi come atleta. Vorrei trasmettere loro la cultura del lavoro, del sacrificio e dell'impegno: tre qualità fondamentali nel calcio. Oltre a questo ci vanno anche le qualità tecniche e tattiche che a livello dei ragazzi in cui alleno possono migliorare. Ma dentro di loro devono costruire una mentalità importante. Non ho la presunzione di aver giocato a livello importanti, causa lavorativa, ma quello che ho raggiunto non me lo ha mai regalato nessuno. Ho sempre lottato e fatto le cose al 100% rispettando tutto e tutti: il lavoro sulla testa di un giovane calciatore è fondamentale".

 

Riccardo Aprosio

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