Attualità - 25 agosto 2019, 08:00

1920-2020: verso il centenario della Conferenza di Pace di Sanremo. L'analisi di Pierluigi Casalino

Un evento di grande attualità e dal quale iniziarono la spartizione del Medio Oriente e i problemi che ancora oggi affliggono quella regione del mondo e non solo. Un'occasione di riflessione anche per Sanremo in vista di quella data.

Tra poco meno di un anno saranno trascorsi cent'anni dallo svolgimento della Conferenza di pace di Sanremo. Un evento ancora attuale per le decisioni che in quel consesso furono assunte, ma soprattutto per le tante occasioni mancate di quel momento e che furono all'origine dei conflitti che continuano ancora a insanguinare il Medio Oriente. La questione orientale venne dunque affrontata alla Conferenza di Sanremo (18-24 aprile 1920) e da quei negoziati complicati (perfezionati poi nell'agosto dello stesso anno a Sevrés) determinarono le sorti della regione. Gli Alleati, cercarono di segnare il destino delle popolazioni arabe dell'Impero ottomano, traendo ispirazione dagli accordi Skyes-Picot, ma non ne applicarono diverse clausole, per imporre un controllo ancor più diretto sui territori  inizialmente promessi, in primo luogo, al grande Stato arabo.

La Conferenza si aprì,  tra eccezionali misure di sicurezza, in un quadro internazionale profondamente mutato. Parigi e Londra, infatti, grazie alla politica isolazionista degli Stati Uniti ( che non avevano ratificato il Trattato di pace di Versailles, se pur non rimanendo del tutto disinteressati agli equilibri geopolitici del dopo guerra, stante il crescente ruolo globale della Repubblica stellata), ebbero completa libertà nel perseguire i loro disegni imperialistici. La Francia, nello stesso tempo, aveva maturato un debito di riconoscenza verso la Gran Bretagna, che, alla Conferenza di Parigi, aveva sostenuto le sue ossessive richieste di pace punitiva nei confronti della Germania. A Sanremo venne abbandonata la distinzione tra i concetti di "amministrazione diretta" e "sfera di influenza", adottati da Sykes-Picot, in favore della nozione unica di "mandato internazionale", svuotata, però, del suo originale senso wilsoniano (dal nome del presidente americano che ne coniò il concetto): la Francia avrebbe esercitato un controllo diretto sulla Siria, dietro le forme del mandato, amputato della regione palestinese e di quella di Mosul.

Alla Gran Bretagna venivano, invece, assegnati due mandati: uno sull'Iraq, che, oltre alle province arabe di Baghdad e di Bassora, comprendeva quella di Mosul; l'altro sulla Palestina (compreso l'Oltregiordano, il deserto del Neghev e la ,Galilea del Nord, con la raccomandazione di applicarvi la Dichiarazione Balfour. Il movimento sionista otteneva così un riconoscimento internazionale delle rivendicazioni. A Sanremo iniziò un lavoro che fu concluso a Sevrés il 10 agosto 1920, con la firma di un accordo di pace tra le potenze vincitrici e l'Impero ottomano, del quale era previsto il completo smembramento, con l'assegnazione a Paesi diversi dei suoi territori. All'Italia venne riconosciuto un un'interesse speciale nell'Asia Minore sud-occidentale, quasi come parziale indennizzo degli insufficienti risultati ottenuti al tavolo della vittoria. All'insaputa dell'Italia, Francia e Gran Bretagna si divisero, tuttavia, l'utilizzo delle risorse energetiche del Medio Oriente. La questione fiumana, altro punto caldo, non fu esaminata a Sanremo, se non in sterili incontri riservati e non ufficiali. Gli echi degli avvenimenti in corso nella città istriana, peraltro, giunsero sicuramente ai delegati della Conferenza: non fu un caso che gli ordini impartiti al Commissariato di p.s. erano di tenere assolutamente alla larga dal vertice diplomatico i rappresentanti dell'irredentismo dalmata e di impedire  soprattutto il soggiorno nella Città dei Fiori di Benito Mussolini.

Quest'ultimo era ritenuto pericolosissimo per il buon andamento dei lavori della Conferenza a causa della sua propaganda agitatoria. In realtà all'ordine del giorno segreto delle diplomazie erano il rifacimento dell'Europa e soprattutto il problema tedesco. La Germania chiedeva di conservare in armi un esercito di duecentomila uomini contrariamente al parere francese, in particolare per scongiurare l'eventualita' di attivita' rivoluzionarie. Gli inglesi si impegnarono ad affidare la soluzione della spinosa richiesta ad un nuovo trattato. Minori erano altre questioni come quella istriana che,  tutto sommato, divideva in un certo senso anche l'Italia, dopo alcuni primi spunti di entusiasmo da parte di intellettuali e militari sia di destra che di sinistra all'insegna di quella che veniva allora chiamata la "nuova politica". A Conferenza terminata, il 27 aprile 1920, Gabriele D'Annunzio, con tale spirito, lanciò il celebre volantino  irriverente ai cosiddetti "Biscazzieri di Sanremo" Dalle sistemazioni extraeuropee non poteva certamente venire un nuovo conflitto nel Vecchio Continente, mentre i traballanti equilibri scaturiti in Europa dalla prima guerra mondiale restavano al centro delle preoccupazioni, come si vedrà in seguito. A Sanremo se ne era consapevoli, nonostante che il tema ufficiale in discussione riguardasse aree lontane dal Vecchio Continente. Non solo: già in quelle giornate di aprile del 1920 si avvertiva che i trattati che avrebbero dovuto assicurare la stabilità dell'Europa mostravano i loro limiti, nel pieno di una contesa tra Stati soddisfatti e Stati revisionisti.

Come si sarebbe potuto superare le difficoltà nate da una pace imposta nel 1919 dai vincitori? Tra il 1920 e il 1924, in effetti, i trattati post bellici furono letteralmente "malmenati", a partire dalla guerra grecoturca a quella russopolacca, ai colpi di forza messi in atto proprio agli inizi degli anni 1920, attraverso la moltiplicazione delle violazioni del diritto internazionale. La preparazione di una retrospettiva di quell'avvenimento storico, che fu appunto la Conferenza  di Sanremo, alla luce dei più recenti sviluppi internazionali e mediante una rilettura critica e meditata che recuperi anche le atmosfere della Sanremo dell'epoca, è comunque quanto mai augurabile da parte della Città dei Fiori e di chi ne ama le sorti. Un'opportunità imperdibile, dunque, non solo per gli studiosi. 


Redazione