“I primi due scheletri sicuramente umani rinvenuti in Liguria risalgono all'età della renna. Sono stati scoperti nella ‘Grotta dei Fanciulli’ ai Balzi Rossi e appartengono ad una donna anziana e ad un ragazzo, entrambi con caratteristiche negroidi, inumati insieme in posizione rannicchiata. Nella preistoria i cadaveri venivano assai probabilmente legati con le membra ripiegate, secondo un uso ancora vivo oggi tra alcune popolazioni selvagge, che comprimono i corpi dei defunti, avvolgendoli con ripetuti giri di corda, per evitare che i loro spiriti si liberassero e tornassero sulla terra. Un senso religioso già presente, quindi, fin dall'albori dell'umanità. Molti altri scheletri, non più negroidi, ma di tipo umano più riconducibile a quello di Cro-Magnon, vennero trovati, sempre nelle grotte dei Balzi Rossi, accanto a strumenti di selce, lavorati con più attenta cura. La tecnica meno approssimativa nella lavorazione della pietra e la pietà per i defunti indicano una decisa evoluzione dell'uomo ligure dell'età della renna rispetto a quello dell'età del mammut.
Nel ciclo neolitico, a sud delle montagne, la presenza umana è ormai fitta in molte grotte della Liguria occidentale. Il livello del mare si è alzato di 40 metri e molte caverne sono state abbandonate per altri e più sicuri rifugi. L'uomo ora vive anche in valle Argentina, in val Nervia, in val Roia, al ponte di Vara. È tempo ormai di uscire dalle grotte. L'uomo ligure conosce intanto l'uso della ceramica. Il gusto della decorazione non è più limitato alla fabbricazione di monili e ornamenti personali. Ai Balzi Rossi, infatti, sono stati trovati esemplari di statuette femminili che possono far pensare ad un primo tentativo di vera e propria creazione artistica. I vulcani si sono placati e così si è calmata. L'uomo ligure si è dotato di armi più efficaci contro le fiere, già in parte sconfitte, ed ha soprattutto la consapevolezza della propria forza e delle proprie possibilità. Assoggettati i primi animali domestici diventa pastore e aiuta la donna a coltivare la terra. Scopre il grano e il pane, il lino e i tessuti. Lavora la lana, dispone di molti oggetti d'osso e adopera corna di cervo per richiamare il suo gregge. Il bisogno di nuovi pascoli lo spinge a muoversi.
Alla soglia dell'età dei metalli vengono lasciate tracce di una società in sviluppo. Con la pastorizia, l'agricoltura è la grande risorsa degli uomini d'allora. Altrove basta gettare un seme perché spunti un germoglio. Sulle coste liguri no. L'uomo ligure sa che la terra gli darà frutti soltanto a lunga scadenza ed a prezzo di grandi sacrifici e fatiche. Perciò, forse, tramanderà questa sua volontà di conservare il risultato dei propri sforzi in modo quasi religioso, se non ossessivo. Non a caso gli antichi liguri affidarono la tutela della proprietà ad una montagna adorata per millenni. E nei graffiti del Monte Bego si troverà, infatti, tutta la spiegazione della psicologia dei Liguri, confermata nei secoli della loro lunga storia.
Pierluigi Casalino”.