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| 30 aprile 2019, 07:05

Sanremo: Alberto Guglielmi Manzoni su Villa Nobel "Un gioiello di cui andare fieri e che deve tornare a splendere"

“Nel corso di 150 anni, la villa Nobel ha avuto tanti proprietari e tanti ospiti".

Sanremo: Alberto Guglielmi Manzoni su Villa Nobel "Un gioiello di cui andare fieri e che deve tornare a splendere"

“Villa Nobel a Sanremo: un gioiello storico-architettonico del nostro territorio di cui andare fieri e che deve tornare a splendere!” Lo afferma il candidato consigliere Alberto Guglielmi Manzoni, che prosegue: “Passeggiando per corso Cavallotti, dirigendoci dalla nuova stazione ferroviaria verso zona San Martino, non si può non restare colpiti da questa villa che è un pezzo di Svezia nella Riviera ligure. Forse non tutti in Liguria e in Italia sanno che il più celebre svedese di tutti i tempi, Alfred Nobel, ha vissuto gli ultimi anni della sua esistenza proprio qui a Sanremo, in questa residenza da lui acquistata e abbellita. Ha continuato a lavorare ai suoi esperimenti nel laboratorio (oggi non più esistente) collocato nel grande parco della stessa villa in cui, tra le altre cose, ha concepito il suo importante testamento e nondimeno ha scritto una tragedia in 4 atti dal titolo ‘Nemesis’. Di proprietà della Provincia di Imperia dal 1973, la villa è stata affidata in gestione, ormai da alcuni mesi, alla Prime Quality, agenzia di Sanremo, che in questo periodo sta effettuando tutti i lavori necessari di riparazione e restauro degli interni e di riassetto del bellissimo giardino. In estate dovrebbe riaprire al pubblico. Ce lo auguriamo tutti: un gioiello simile deve tornare a splendere e deve contribuire al rilancio del turismo culturale della nostra splendida Sanremo!”

Guglielmi Manzoni continua poi con un breve excursus storico: “Nel corso di 150 anni, la villa Nobel ha avuto tanti proprietari e tanti ospiti. Vorrei raccontarvi solo un particolare. Dopo il re del Siam (antico nome della Thailandia) Chulalongkorn, fu la volta di un sultano turco, in volontario esilio, a figurare tra gli insigni ospiti della Villa abitata dall’illustre svedese. Il 20 maggio 1923 giunse a Sanremo, in treno e sotto scorta, Mehmet Vahideddin, 36° e ultimo sultano turco, centesimo califfo dell’Islam e ultimo ad avere un riconoscimento (quasi) totale da parte dei sunniti. Quando arrivò a Sanremo quello che allora i giornali italiani italianizzarono in Maometto VI era già un uomo segnato dall’esilio e dalle preoccupazioni per la fine dell’impero: segaligno, scarno in viso, naso adunco, spioventi baffi grigiastri e sguardo malinconico, non ebbe forse mai il coraggio e la tenacia necessari per affrontare la rivoluzione guidata da Mustafà Kemal, il futuro Atatürk, considerato l’eroe nazionale e ‘padre’ della Turchia moderna. Il successo dei nazionalisti a seguito di una brillante campagna militare contro truppe di guerriglieri armeni in Anatolia orientale, di francesi in Cilicia e di greci, portò all’abolizione del sultanato il 1° novembre 1922 (mantenendo nella dinastia ottomana la solacarica di califfo). Il 17 novembre Maometto VI lasciò Costantinopoli (dal 1930 Istanbul) a bordo di una nave da guerra britannica. Condannato all’esilio a Malta, trascorse infine gli ultimi anni della sua esistenza nella Riviera ligure. Il 19 novembre 1922 fu suo cugino Abdülmecid Efendi ad essere eletto califfo e a diventare così la nuova guida della dinastia, ma nel 1924 il califfato fu abolito definitivamente e anche Abdülmecid fu costretto ad andarsene e riparò in Francia. Anche se in esilio, in una sorta di gabbia dorata (la suggestiva villa di Alfred Nobel a Sanremo), Maometto VI fu nuovamente oggetto di rinnovato interesse da parte di giornalisti e ambienti politici di mezza Europa, e la stessa Sanremo fu al centro di una sciarada internazionale e di congetture complottistiche. Per i turchi fedeli a Kemal il deposto sultano era un traditore; per gli altri membri della Casa reale, come il cugino Abdülmecid Efendi, era un rappresentante dei loro diritti ma anche un ingombrante ostacolo; per le potenze occidentali, Italia compresa, uno strumento di pressione politica da utilizzare contro Ankara (la nuova capitale turca). A complicare ulteriormente le cose, vi fu la misteriosa (e tragica) fine del suo medico personale. Il 14 marzo del1924, infatti, Reşad Pascià, il medico del sultano, fu trovato disteso a terra, ferito e grondantesangue dalla testa, su un tappeto della sala da pranzo, vicino alla veranda, di villa Nobel. L’agonia duro’ quasi ventiquattro ore: Reşad si spense in ospedale nel pomeriggio del 15 marzo. Gli fu estratto un proiettile calibro 6,35, conficcato nella testa (e conservato, ancora oggi, in una busta lui collocata in uno degli scaffali dell’Archivio di Stato del Comune di Sanremo). Non tardarono a rincorrersi sospetti e interrogativi. Suicidio? Omicidio? Era costui un pericoloso delatore per conto di Kemal? Soffriva – a quanto pare – di nevrastenia ma non aveva mai palesato intenzioni suicide.Gli furono trovate lettere nel portafoglio e soldi nascosti nei calzini. Fu sospettato Zeki Bey, colonnello aiutante di campo del deposto sultano. E mentre gli inquirenti italiani indagavano intensificando la sorveglianza della villa, l’ex sultano si sentiva sempre più solo e indifeso.Abbandonò villa Nobel e si trasferì a villa Magnolie: questa imponente villa, distante poche centinaia di metri dalla villa del famoso svedese e già residenza del generale Eugenio Dufour, sitrovava su una lieve altura ed era immersa tra foltissimi ulivi. Per tre anni Maometto VI lavorò alla realizzazione del suo obiettivo: sostenne il proprio ruolo di capo della dinastia contro il cugino,ricevette emissari di una società segreta islamica, incontrò il re d’Italia al Casinò, si congratulò con Mussolini per lo scampato pericolo di un attentato, diede fondo al denaro che si era portato da Istanbul e tentò approcci con il Vaticano per un’inedita alleanza tra islamici e cattolici contro l’ateismo che dilagava trionfante da Est, cioè dalla Russia sovietica e dalla Turchia laicizzata. Il 13 maggio 1926 inviò un proclama destinato ai rappresentanti del mondo islamico riuniti al Cairo, per esortarli a impedire che Mustafà Kemal estendesse il suo dominio ai popoli dell’Anatolia. Morì nella tarda serata del 15 maggio 1926 a villa Magnolie per arresto cardiaco. Si sospettò unavvelenamento in quanto si sentì male poche ore dopo aver mangiato una composta di mele. Ilsospetto non trovò mai ufficiale conferma in quanto fu sì effettuata l’autopsia ma non furonoeffettuati gli esami tossicologici. Ci si accontentò del fatto che le coronarie fossero ingrossate. La salma rimase esposta per trenta giorni in un prezioso sarcofago sistemato in una grande sala dellavilla. Il 16 giugno si svolsero le solenni esequie dell’ex sovrano ottomano, la cui salma fu trasportata su un vecchio carro fuori uso della Croce Verde matuziana alla stazione ferroviaria edeposta in un convoglio diretto a Trieste, da dove il feretro sarebbe stato trasferito a Damasco, inSiria, per esservi tumulato. Tre anni dopo, precisamente il 19 luglio 1929, morirà a Sanremo anche Fausto Zonaro, ultimo grande pittore della corte imperiale di Costantinopoli, celebre per i suoi ritratti e soggetti d’oriente. Nel 1909 rientrò in Italia a seguito del colpo di Stato che depose il sultano Abdül Hamid II. Si stabilì allora nella cittadina ligure e continuò a dipingere piccole vedute della Riviera e della vicina Costa Azzurra. Fu accolto con grande entusiasmo dalla popolazione di Sanremo, di cui divenne anche cittadino onorario, e continuò a dipingere fino alla morte. È sepolto nel cimitero della Foce di Sanremo. (Su Maometto VI e sulla sua presenza a Sanremo, si rimanda al notevole saggio di R. MANDELLI, “L’ultimo Sultano. Come l’Impero ottomano morì a Sanremo”, Lindau, Torino 2011)”.

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