È salito sul palco dell’Ariston rivoltando completamente le carte in tavola, con un pezzo fuori dagli schemi, liberatorio, scanzonato, ribelle. Chitarre distorte, elogio dell’estremo, zero conformismo: Achille Lauro, romano, classe ‘90, passa dal trap al rock’n’roll shoccando in bene o in male critica e pubblico. Un’onda d’urto fortissima, quella di Rolls Royce, che, al di là dei giudizi, di certo scompagina il bon ton sanremese senza mezze misure.
“Vogliamo diventare come gli Oasis. Essere qui è un sogno”, ha detto ai giornalisti del Palafiori di Sanremo in compagnia del suo chitarrista Boss Doms. “Proponiamo un nuovo rock’n’roll rivisitato in chiave moderna. Vasco? Per noi è un onore essergli anche solo lontanamente paragonati”.
Un brano, come raccontano, nato viaggiando in van e poi costruito isolandosi in una villa con tutta la squadra di produzione e altri artisti, proprio come fecero i The Doors. “In questo modo creiamo musica senza subire contaminazioni o distrarci, facendo solo quello che ci piace”.
Il testo è un calderone di richiami e citazioni alla vita senza limiti delle star, tra Marylin Monroe, l’alta moda in via del Corso, Elvis Presley e i “dannati” del Club 27: Jimi Hendrix, Jim Morrison e Amy Whinehouse. “Mi ispiro a loro dal punto di vista artistico”, spiega Lauro. “Ma l’idea alla base era di creare un testo generazionale, perché tutti si meriterebbero un’esistenza degna. Per questo cantiamo ‘voglio una vita così’”.
Rock’n’roll, si diceva, e anche twist and shout. Il rap da cui Lauro è partito sarebbe forse stata un’arma a doppio taglio per Sanremo? “È molto soggettivo – risponde lui -, di certo alcuni artisti possono permettersi questo percorso, altri no. Personalmente io non sarei venuto a fare un brano rap trap, per questo ho approfittato del nuovo filone rock. Sanremo è un quadretto in cui ci va un certo tipo di musica, mentre il rap va ospitato in un contesto più underground”.
Ma con Lauro non sono approdati all’Ariston solo i tatuaggi sulla faccia. Anche l’auto-tune – il particolare software di manipolazione dell’audio - ha fatto la sua comparsa sullo sfondo dell’orchestra: “Per noi è uno strumento stiloso, una scelta. Cerchiamo sempre di portare il massimo dell’innovazione. In questa canzone abbiamo sette secondi di auto-tune, ma lo odio, perché su quel palco non sai mai cosa possa succedere. Al di là delle battute, non vedo l’ora di tornare in studio e sperimentare ancora”.
Intanto c’è grande aspettativa per il duetto con Morgan, un artista “con la a maiuscola”, lo definisce Lauro, “una vera star”.
Ma la vena creativa del cantautore romano non finisce qui. Per Rizzoli è anche uscito il suo primo libro, Sono io Amleto: “Le mie canzoni in fondo sono delle piccole storie, soprattutto nei miei primi dischi. Ho sempre raccontato come mi sentivo e cosa vivevo. E, chissà, spero che questo libro possa avere dei risvolti cinematografici”.