- 11 agosto 2017, 17:00

Domani è un altro guaio

È sconfortante osservare con quanta leggerezza e approssimazione l’uomo - specialmente se veste i panni del politico - decida di affrontare le cause e le conseguenze future, non solo quelle immediate e più tangibili, dei problemi che si presentano, rimanendo ancorato al presente, per diverse ragioni di convenienza elettorale, economica, sociale. Il “prima” e il “dopo” sono concetti sfuggenti, imperscrutabili, molto difficili da tradurre in azioni e obiettivi.

Dei profughi, ad esempio, ci preoccupa essenzialmente l’attualità degli sbarchi. L’imperativo è salvare vite in mare e provvedere alla loro accoglienza, o cercare di bloccare i migranti sulle coste libiche, per poi aiutarli a casa loro, non sapendo nemmeno con precisione che cosa significhi quest’ultima affermazione.

Nessun capo di Stato o di governo occidentale pare granché interessato a ciò che avviene prima degli sbarchi - i morti durante i viaggi nel deserto, le guerre in corso, le condizioni di vita nei paesi d’origine, le attività dei trafficanti di persone - tantomeno a quello che succede dopo. Accoglienza non può essere abbandono in ex alberghi con il paravento di qualche lavoro di pubblica utilità, come la pulizia di una spiaggia.

Che prospettive potremo dare ai nuovi arrivati? L’integrazione presuppone la conoscenza della stessa lingua, la condivisione di medesimi valori, un minimo di senso di appartenenza alla comunità in cui si vive, anche attraverso un lavoro dignitoso.

Parimenti, quando si discute di cambiamenti climatici, il dibattito verte sempre sull’oggi, su come tamponare un’emergenza, assai raramente sul benessere o malessere planetario che consegneremo in eredità alle generazioni future, o su come sradicare i capisaldi dell’economia fossile, ad esempio eliminando ogni sussidio pubblico a petrolio, gas e carbone.

Gli accordi internazionali di Parigi per ora sono solo parole; gli impegni presi per ridurre le emissioni inquinanti, tra l’altro, sono ampiamente insufficienti a contenere l’aumento medio delle temperature entro la soglia critica dei due gradi. Il rischio è che tra qualche decennio ci ritroveremo con milioni, forse miliardi, di profughi climatici.

Prima e dopo contano poco, anche se si parla di turismo in Riviera: siamo tutti concentrati a riempire gli alberghi questo ferragosto, assai di meno a investire in qualità, servizi, promozione del territorio non solo con tappeti rossi, ma anche possibilmente con strade riasfaltate, treni puntuali, aiuole fiorite.

La scarsa lungimiranza è un male difficilmente curabile, finché un giorno, in una data inconoscibile, il capitano di turno griderà il più definitivo dei “si salvi chi può”.

Luca Re