- 07 agosto 2017, 17:00

Il turismo possibile

Merano - Touriseum

MERANO - In rarissime occasioni mi è capitato di visitare un “museo vivo” o “esperienziale” che sia davvero l’antitesi di una didascalica esposizione di oggetti. Se passate da Merano, in Alto Adige, non dovreste perdere il Touriseum, il primo museo delle Alpi esclusivamente dedicato alla storia del turismo, in questo caso delle Dolomiti.

Storia palpabile, udibile, godibile attraverso le scenografie mobili con cassetti e ante da esplorare, i filmati d’epoca - bellissimi quelli dei freerider con sci di legno girati da Luis Trenker - il modellino tipo casa delle bambole di un lussuoso albergo Belle Époque, le fotografie stereoscopiche dei paesaggi altoatesini, l’incredibile, enorme, divertentissimo flipper di legno scolpito dagli artigiani gardenesi, la tavola imbandita con un ricco servizio d’argento e, nella sala successiva, le gamelle dei soldati della prima guerra mondiale, mentre gli alberghi si trasformavano in centri per accogliere militari e anche civili in fuga.

Ci sono tantissimi oggetti, certamente; manifesti pubblicitari di Franz Lenhart degli anni ’20-’30, cartoline, souvenir di autentico kitsch alpino, menu e registri degli hotel, mappe stradali, brochure, resoconti dei viaggiatori. Il Touriseum è un percorso guidato, ma non obbligato - ognuno è libero di costruire la sua esperienza di visita - sull’evoluzione del turismo e della montagna, che da incombente diviene romantica, elegante, ludica, aggredita dai vacanzieri motorizzati dopo essere stata aggredita dai fili spinati, infine teatro di contemporanee riflessioni.

L’ultima sala ospita alcune installazioni artistiche, mi ha colpito ad esempio la sfera con decine di automobiline che convergono verso il culmine delle rocce. La domanda che il Touriseum pone ai visitatori, infine, è se la montagna potrà andare avanti così: con il traffico che paralizza le vallate e i passi dolomitici, con gli impianti di risalita sempre più hi-tech su piste innevate artificialmente.

L’Alto Adige sta cercando, sperimentando, un modello turistico più ecologico, lento, non massificato, quindi più attento alle esigenze individuali. Il museo, giustamente, non vuole esentarci da una minima infusione d’ansia quotidiana, con il suo inevitabile rimando ai cambiamenti climatici, alla loro forza distruttiva, con la quale non è proprio possibile scherzare, né venire a patti.

Una soluzione, forse, esiste: rinunciare a un po’ di tecnologia talvolta superflua, all’automobile, al telefonino che tutto fa e incorpora. L’odore del fieno che si sprigiona dai masi non ha prezzo; sentirsi felici quando si arriva su una vetta non ha prezzo; tagliare una buona fetta di speck, accompagnandola con un calice di S. Maddalena, non ha prezzo; per tutto il resto c’è lo smartphone.

Montagna & turismo, il reportage dall'Alto Adige 2017

Slow the Mountain

La montagna, là fuori

Luca Re