- 14 aprile 2017, 17:00

Imperia da reinventare

Comprendo l’urgenza del sindaco Capacci a creare posti di lavoro in una città che ha disperato bisogno di rinascere, ma sul come e dove ho qualche dubbio. Le mie perplessità: con tutti i luoghi degradati che ci sono a Imperia e che si potrebbero riqualificare, è necessario costruire un capannone ai Piani? Con le serrande abbassate che abbondano nei centri di Oneglia e Porto Maurizio, per non parlare delle periferie, siamo sicuri che realizzare un centro commerciale vicino alla nuova stazione ferroviaria sia la scelta vincente?

Voglio precisare, a scanso di equivoci, che non appartengo alla schiera di coloro che si oppongono per partito preso a qualsiasi progetto, o “per interessi di cortile”. Sul centro commerciale potrei anche chiudere un occhio, se il progetto comporterà davvero una serie di benefici collaterali, ad esempio la messa in sicurezza del rio Uliveto. Tuttavia, mi piacerebbe che l’amministrazione si sforzasse di favorire-tutelare maggiormente i negozi di vicinato, le botteghe storiche.

Se la mia resistenza psicofisica in un grande magazzino raramente supera i venti minuti, mi diverte fare shopping, prendere un caffè o mangiare qualcosa in una bella isola pedonale (grandi speranze ripongo in via Cascione…) perché ritengo che una città vivibile debba fondarsi su centri storici animati di persone e attività commerciali. Ancora più difficile, poi, mi riesce chiudere un occhio davanti all’idea di sviluppare un capannone per la logistica all’inizio della val Prino.

Imperia può diventare un laboratorio per reinventare spazi postindustriali. Abbiamo l’ex Italcementi, un’area perfetta per accogliere un nuovo polo produttivo e di smistamento merci, magari con più aziende e diversi imprenditori interessati a investire, grazie anche alla vicinanza all’autostrada. La val Prino lasciamola al verde, peraltro già intaccato da fin troppe case e villette di dubbio gusto, al turismo, alle borgate da restaurare, alle mulattiere da percorrere a piedi e in bicicletta.

Concordo che sia giusto tentare di ricostruire un minimo di tessuto produttivo-commerciale, ma cerchiamo tutti di farlo nel modo più “sostenibile”, cioè con vantaggi per la collettività e senza aggiungere brutture.

Luca Re