- 18 aprile 2016, 17:00

Le mucche di Genova

I problemi degli allevatori liguri dopo la fine delle quote latte.

In principio era la quota latte. All’inizio degli anni 80 l’Europa decise di limitare la produzione del prezioso liquido nei diversi paesi, per mantenere un equilibrio tra domanda e offerta. L’obiettivo era evitare un eccesso di produzione di latte che avrebbe fatto scendere il prezzo di vendita alla stalla, riducendo il profitto delle aziende agricole. Questa politica agraria andò avanti per un trentennio: il primo aprile del 2015, infatti, il mercato è tornato a essere libero, non più soggetto alle rigidissime disposizioni che, soprattutto in Italia, avevano mandato gli allevatori sulle barricate. Ricordate i blocchi sulle autostrade, i bidoni rovesciati, le proteste di piazza? Il popolo dei trattori riteneva iniquo il sistema voluto da Bruxelles, con tanto di multe milionarie a carico dell’Italia per il mancato rispetto delle quote assegnate.

Nel primo anno di mercato in piena concorrenza i problemi si sono acuiti. Il prezzo di vendita è sceso sotto 40 centesimi al litro, sono cresciute le importazioni (da Francia e Germania, dai paesi dell’Est), migliaia di stalle in tutta la Penisola sono in crisi o hanno già chiuso i battenti. Due fattori hanno aggravato la situazione: la Cina sta comprando meno latte del previsto e c’è l’embargo russo su molti prodotti agroalimentari europei (embargo voluto da Mosca per rispondere alle sanzioni economiche imposte dall’Ue, dopo l’annessione della Crimea alla Russia). Così le vacche sono magre anche nelle valli di Genova. La multinazionale francese Lactalis-Parmalat non ha rinnovato il contratto con la cooperativa Valpolcevera, con il risultato che gli allevatori hanno iniziato a gettare via 60 quintali di latte ogni giorno, perché nessuno passava più a ritirarlo. Il prodotto straniero costa meno, punto e a capo, con i banchetti allestiti in piazza De Ferrari per vendere il latte crudo genovese e il governatore della Liguria, Giovanni Toti, fotografato mentre beve dalla bottiglia.

Le mucche di Genova sono lo spaccato ligure della crisi delle stalle italiane, sempre più in difficoltà a competere sul mercato internazionale. Gli allevatori protestavano quando c’erano le quote e protestano oggi che sono state eliminate. Non basta una soluzione-tampone (un caseificio piemontese acquisterà il latte made in Liguria per qualche mese). Per assicurare un futuro alla produzione lattiero-casearia serviranno altre misure, come accordi di filiera tra aziende locali e grande distribuzione per promuovere le vendite nei supermercati. Bisognerà puntare ancora di più sui marchi di qualità e sulla comunicazione/trasparenza delle etichette di yogurt e formaggi. La legge impone di indicare il luogo di produzione, ma non la provenienza del latte se quest’ultimo è almeno in parte italiano. Ecco perché abbiamo le mozzarelle made in Italy che sono prodotte nello Stivale, ma con materia prima perlopiù straniera a basso costo. Le mucche di Genova e dell’Italia tutta ringraziano.

Luca Re