- 16 marzo 2016, 17:00

L'Italia delle nevi, l'uomo della velocità

Peter Fill a St. Moritz conquista la prima Coppa del mondo della discesa libera.

Dai colli di Nava e Tenda fino ai monti della Svizzera è la neve più bella in questo finale di pazzo inverno. La storia da raccontare è di Peter Fill a St. Moritz, il primo sciatore italiano a conquistare la Coppa del mondo della discesa libera. Era l’ultima gara della stagione e lui era l’ultimo atleta a scendere con il pettorale numero ventidue. Peter Fill, 33 anni, altoatesino. Quattordici podi in carriera, due medaglie ai mondiali (argento in supergigante a Val d’Isère nel 2009 e bronzo in supercombinata a Garmisch due anni dopo). Quanta pressione al cancelletto di partenza. La visibilità non è perfetta, nevischia. Ha 436 punti in classifica come Aksel Lund Svindal, il norvegese infortunato dal 22 gennaio, quando si era schiantato sulla Streif di Kitzbuehel, la discesa più spettacolare del circo bianco che proprio Fill, quello stesso giorno, aveva vinto.

Tutti gli avversari sono fuori dei giochi, pensa Peter, mentre sistema la mascherina sul casco e ripassa mentalmente le curve che di lì a qualche secondo avrebbe affrontato. L’altro italiano in lizza per la coppa, Dominik Paris, caduto nella prova cronometrata e piuttosto acciaccato, è già scivolato oltre la quindicesima posizione. Quindi è rimasto fermo a 432 punti. Né il francese Theaux (quindicesimo) né il norvegese Jansrud (quarto) sono stati capaci di agganciare la vetta della classifica. Mi basta fare almeno un punto, si ripete Peter guardando la pista che lo aspetta al varco tra le nuvole basse, con il pubblico all’arrivo che vuole incoronare il prossimo re della velocità. Mi gioco tutto in meno di due minuti. Ho l’occasione che probabilmente non si presenterà mai più nella vita. Stavolta posso dominare i cortocircuiti del destino. Devo mangiarmi quelle porte, essere lupo. Ma senza rischiare troppo. Basta un solo punto per scavalcare Svindal. Dieci, nove, otto, sette… Veloce ma guardingo. Non sbagliare. Non cadere. Tre, due, uno… Poi la spinta sui bastoncini, giù in posizione aerodinamica, attenzione ai salti, alle traiettorie e ai cambi di pendenza.

Peter Fill taglia il traguardo in decima posizione. Sul gradino più alto del podio c’è lo svizzero Beat Feuz. Qualche istante per realizzare che sì, è fatta, è lui a portare il trofeo in Italia. Nemmeno quel fenomeno di Kristian Ghedina aveva mai centrato un’impresa simile. La gioia di Fill. L’altoatesino tranquillo, mai sopra le righe, anzi a volte un po’ troppo sotto, perché non riusciva a dimostrare in pista tutte le sue qualità tecniche. Ho meritato questo successo, pensa Peter stringendo gli sci e poi la coppa di cristallo. È vero, Svindal ha vinto quattro volte e sarebbe stato imbattibile se non si fosse rotto un ginocchio a Kitzbuehel. Stava per prendersi la Coppa senza sciare da due mesi. Anche Dominik ha vinto più di me, due discese, e forse mi avrebbe superato se ieri non fosse caduto e… ma che importa, sono stato freddo e calcolatore, il più bravo e costante in tutta la stagione, ho dominato Kitzbuehel, ho sconfitto i fantasmi del passato, il mio sogno si è avverato, la coppa è mia.

PS: l’Italia delle nevi non è finita qui. Due settimane fa, il giovane fondista valdostano Federico Pellegrino ha conquistato la Coppa del mondo sprint (la classifica riservata alle prove di velocità). Un primato storico, perché fino a quel momento l’avevano sempre vinta i fondisti scandinavi.

Luca Re