- 23 settembre 2015, 17:00

Spiagge da paura. Arriva Bolkestein?

Il destino delle concessioni balneari appeso ai fili europei.

L’estate è finita e i vecchi problemi restano. Per gli operatori balneari c’è sempre lo spauracchio di un uomo cattivissimo, Frits Bolkestein. Nel 2004, quando era Commissario Ue per il mercato interno nell’esecutivo guidato da Romano Prodi, presentò una direttiva, poi approvata nel 2006, sulla libera circolazione dei servizi in Europa. Il lato oscuro di quella direttiva è tornato ad allungarsi sulle spiagge italiane, perché il sistema attuale delle concessioni demaniali potrebbe subire un duro colpo dall’applicazione delle norme comunitarie. Tanto che il governatore della Liguria, Giovanni Toti, ha inviato una nota al Governo, sottoscritta anche dall’assessore all’urbanistica Marco Scajola, per chiedere una risposta urgente a tutti i dubbi che permangono sulla questione.

Sono essenzialmente due gli aspetti messi fin da subito in discussione dalla direttiva Bolkestein, per quanto riguarda il settore balneare nella nostra Penisola: il “diritto di insistenza” e il rinnovo automatico delle concessioni. Al contrario, per effetto dell’articolo 12 della legge europea, andrebbero rinnovate tramite gare pubbliche, senza accordare vantaggi di alcun tipo ai gestori uscenti. È un bel grattacapo per l’Italia, che finora ha ideato delle scappatoie non risolutive. La Liguria, con più di 3.000 concessioni balneari su 300 km di coste, è una delle regioni più preoccupate. Secondo Toti e Scajola, gli imprenditori continuano a vivere in uno stato d’incertezza a causa d’interventi legislativi «frammentari e scoordinati da ormai troppi anni». Il Governo di Mario Monti aveva provato a mettere una pezza, abrogando il rinnovo automatico ogni sei anni e allungando al 31 dicembre 2020 le concessioni che altrimenti sarebbero scadute alla fine del 2015, dopo una prima proroga di due anni (si tratta di quelle originariamente in scadenza il 31 dicembre 2012). Peccato che due sentenze dei Tar Lombardia e Sardegna abbiano posto in dubbio la conformità di questi rinvii con il diritto comunitario. Sarà la Corte di Giustizia europea a doversi pronunciare definitivamente sul caso.

Lo Stato italiano è quindi chiamato a predisporre una legge organica in materia. Intanto la Liguria e le altre regioni costiere hanno proposto diverse soluzioni per superare l’interpretazione letterale della direttiva sui servizi, ad esempio una fase transitoria con un prolungamento almeno trentennale delle concessioni, oppure una specie di “Bolkestein dimezzata” che preveda una proroga post-2020 per chi è già titolare di una concessione, avviando al contempo le gare pubbliche per assegnare gli spazi ancora concedibili. Il rischio è infilarsi in qualche bizantinismo legislativo su cui Bruxelles potrà obiettare. Una cosa è certa: le proroghe non possono essere un rimedio, soprattutto se manca un quadro normativo capace, da un lato, di tutelare e favorire la concorrenza, dall’altro di correlare la durata delle attività balneari all’entità degli investimenti e alla qualità dei servizi offerti.

Luca Re