Al Direttore - 05 settembre 2015, 12:55

Discussione sul Lotto 6 e dichiarazioni della Idroedil, l'attenta disamina di un lettore sul futuro del sistema

"Quello che dovremmo fare è smettere di comprare cose di cui non abbiamo bisogno, mentre le industrie devono smettere di fabbricare oggetti che non possono durare ed essere riusati in un modo o nell’altro"

"Si nasconde (in discarica) la prova dell'errore del nostro modello oppure la si brucia (negli inceneritori). Morale e risultato non cambiano.

Una risposta alla lettera della Idroedil.

Sono passati 30/40 anni da quando il primo lotto fu creato, un tempo sufficiente per mettere in atto una strategia a lungo termine efficace, che prevedesse lo sviluppo di una responsabilizzazione comunitaria e la diffusione di una cultura ecologica. Invece, le contraddizioni di quel territorio - senza fare sconti a nessuno dei coinvolti - sono specifiche, ma in diretta proporzione alla più ampia questione della incapacità decisionale della rappresentanza politica e della classe dirigente nei vari gradi di competenza amministrativa, unita all'esasperazione della popolazione che si sente protagonista più nelle rivendicazioni, che nell'onere partecipativo e della consapevolezza civica. 
La questione rifiuti è poi, in senso quindi universale, paradigma della inadeguatezza di un modo di produrre e consumare che caratterizza l'economia industriale tardo moderna.
Quello che dovremmo fare è affrontare il problema reale: è nostro compito opporci a un consumo improprio e alla sua conseguenza più evidente, l’etica dell'‘usa e getta’. Invece di cercare di essere sempre più sofisticati nelle tecniche per liberarci dei rifiuti, quello che dovremmo fare è smettere di comprare cose di cui non abbiamo bisogno, mentre le industrie devono smettere di fabbricare oggetti che non possono durare ed essere riusati in un modo o nell’altro. La società del ‘gettar via’ ci sta presentando un conto, che non è solo quello di una crisi locale dei rifiuti, ma è parte di una crisi globale di civiltà. Comprendere cosa abbia causato questa crisi e come una strategia di ‘rifiuti zero’ possa costituire un passo importante per affrontare il problema è vitale per una società sostenibile.
Dai tempi della rivoluzione industriale, l’uomo ha cercato di imporre una società lineare su un pianeta che funziona a circoli. La Natura ricicla ogni cosa. Noi, no. In quattro mosse noi convertiamo i materiali vergini in rifiuti. Si comincia con l’estrazione, poi ci sono i processi di fabbricazione, la distribuzione del prodotto e, infine, il consumo. Dopo, c’è solo il rifiuto.
La filosofia dell’’usa e getta’ non si concilia con la discarica che, prima o poi, inevitabilmente si riempirà. Un altro problema delle discariche - al momento a dir poco scottante - è costituito dai gas che queste emanano e dai liquidi che producono: gas che finiscono in atmosfera e liquidi che percolano nel terreno, giù fino alle falde acquifere. Gas e liquidi in questione hanno effetti deleteri su ambiente e salute.
La discarica che viene costruita su terreni del tutto inadatti perché porosi, mentre l’impermeabilità è un fattore dal quale non si può derogare, mette la sua realizzazione sotto una luce ancora più opaca.
Se vogliamo garantire un futuro alle comunità e alle loro produzioni nell'ambiente in cui vivono, si deve imparare dalla Natura: utilizzare energie rinnovabili e riciclare tutti gli scarti e tutti i materiali impiegati. La vita sulla Terra esiste da circa tre miliardi e mezzo di anni e da oltre due miliardi tutto il flusso di energia che attraversa gli ecosistemi è di origine solare e i processi sono ciclici, cioè la materia viene continuamente riciclata, senza produzione di rifiuti, come nel caso della fotosintesi e della respirazione. Apparentemente, questa strategia del vivente sembra in contrasto con le leggi della termodinamica: si realizzerebbe un moto perpetuo (i cicli biogeochimici) e non aumenterebbe in continuazione l’entropia, cioè il disordine del sistema.

Davide Gaglione".

Redazione