Il sanremese, ex coltivatore diretto, Giovanni Vittani ora ha 89 anni. Da qualche anno vive immobilizzato su una sedia a rotelle. “Ma l’altro giorno ha pianto come un bambino. Il telegiornale – riferisce la moglie Elisabetta – all’improvviso ha fatto vedere un brevissimo filmato. Era stato ritrovato il relitto della Roma”
La corazzata della Regia Marina “Roma” è tornata di attualità a 69 anni dal suo affondamento. Una parte del relitto, dopo anni di difficili quanto infruttuose ricerche, è stato rintracciato il 17 giugno scorso a oltre 1000 metri di profondità nel golfo dell’Asinara. A 16 miglia dalla costa sarda. Le agenzie e i TG hanno riferito il ritrovamento solo il 28 giugno, dopo il benestare della Marina Militare.
Per Vittani è stato come un tornare indietro, ai suoi 20 anni ed a uno dei giorni più spaventosi della sua vita, a quel pomeriggio del 9 settembre 1943, quando una bomba telecomandata super segreta, sganciata da più di 6000 metri di quota da un Dornier 217K2 della Luftwaffe, centrò la Roma, la nave più potente del Mediterraneo, orgoglio della Regia Marina, in uno dei suoi punti vitali, un deposito di munizioni. La spezzò in due. E la affondò, alle 16:11, con 1401 marinai e il comandante in capo delle forze navali da battaglia italiane Ammiraglio di squadra Carlo Bergamini. Furono questi i primi militari italiani caduti nella “nuova” guerra contro i tedeschi, ex alleati, che volevano impedire alla flotta italiana di raggiungere Malta, dove si doveva consegnare agli inglesi, secondo una delle clausole dell’armistizio firmato il giorno prima.
Vittani è uno dei 622 che si salvarono e finirono la guerra internati a Mahon nella spagnola Isola di Minorca. “Avevamo visto gli aerei. Ma subito venne dato l’ordine di non sparare – ricorda con un groppo in gola Giovanni – Solo dopo la prima bomba la nostra contraerea cominciò a reagire. Venne dato il posto di combattimento. Io ero carpentiere dovevo essere pronto con tavole e puntelli. Ma arrivò la seconda terribile esplosione. La nave era stata colpita al cuore. Io venni sbalzato in mare. Fu la mia salvezza. Gli altri giacciono ancora all’interno della nave”. Quattro i sanremesi che si salvarono miracolosamente: Giovanni Vittani, Mario Varrone, Marco Bianco, Italo Pizzo. Di Orazio Tracea, originario di Riposto (Catania) ma residente a Sanremo, non si seppe più nulla e viene annoverato tra i dispersi.
Al nipote di Italo Pizzo, il sanremese Andrea Amici, si deve uno dei libri più completi e documentati sulla vicenda della nave da battaglia (LINK): “Una tragedia italiana” , pubblicato nel 2010 per i tipi della Longanesi, con un ricco corredo fotografico. Andrea, che ora ha 41 anni, e vive a Genova dove è sommozzatore del Corpo Nazionale dei Vigili del fuoco, è socio fondatore dell’Associazione Regia Nave Roma (LINK). Sabato prossimo sarà insieme ad alcuni superstiti a bordo della nave scuola della Marina Militare “Amerigo Vespucci”, ancorata alla Maddalena, per raccontare la sua esperienza di familiare e di cultore storico della materia. La puntata registrata all’inizio di luglio, rivelerà alcune inedite testimonianze e sarà trasmessa sul primo canale della RAI domani alle 14:00 nel programma “Linea Blu”.
“Sanremo è una tappa importante della vicenda della Roma. – dice Andrea Amici, raggiunto al telefono – Qui nel 1968 per impulso del mio avo materno Italo e del sindaco di allora Lolli, si tenne il primo raduno dei superstiti della Regia Nave Roma. Poi altri a cadenza annuale e biennale ne seguirono. Non passava anno comunque che i quattro sanremesi scampati al naufragio non si trovassero per una messa di ringraziamento alla Madonna della Costa e per rievocare poi, davanti ad un buon bicchiere, la loro giovinezza tragica, segnata, ma pur sempre fantastica e vissuta. Spesso da bambino mi trovavo in mezzo agli ex marò ed ascoltavo affascinato i loro discorsi”
Ma la molla che fece scattare un autentico interesse ed una conseguente intensa attività di ricerca, per una vicenda risalente ai momenti dolorosi dell’armistizio, da lui nemmeno vissuti, è un fatto ben preciso. “Il nonno talora nel sonno emetteva un urlo improvviso e agghiacciante di terrore e di dolore – ricorda - il pomeriggio del 17 febbraio del 1999. Seduto nel salotto di casa a Sanremo, sentendo che aveva ormai poco tempo davanti a sé, volle raccontarmi il perché. Nei momenti terribili del naufragio si era avvicinato ad un suo compagno che si teneva a galla piegato su una tavola. Questi nello scoppio terribile che ci fu a bordo della Roma era stato sventrato e prima di inabissarsi lo guardò negli occhi e emise un terribile urlo. Questo urlo accompagnò mio nonno per tutta la vita. Di lì a cinque giorni tornò a bordo della sua nave. Insieme agli altri che il mare ancora custodisce”
L’urlo e il racconto che Italo ne fece continuò però a riecheggiare nella testa di Andrea. “Dopo la morte del nonno sentii la necessità di non lasciare all’oblio la sua storia, quella dei cinque sanremesi e quella di una nave orgogliosa e sfortunata – dice Andrea Amici – In casa ritrovai il diario di Italo trascritto minuziosamente su un vecchio quaderno. Poi uno ad uno rintracciai i superstiti. E piano piano davanti ai miei occhi la Corazzata Roma ricomparve in tutta la sua maestosità, molto prima di essere ritrovata dalle sofisticate apparecchiature che sono andate a illuminare la notte a oltre mille metri di profondità a nord della Sardegna qualche giorno fa”.
E intanto a Sanremo Giovanni Vittani, ultimo dei quattro superstiti ancora in vita, decorato con la medaglia al valore militare di guerra, console del mare, combatte ancora. La sua battaglia è contro l’INPS, che nega ad un eroe di guerra, ormai immobilizzato su una sedia a rotelle, l’assegno di accompagnamento. Sono si è nò 500 euro al mese. Un’altra storia dell’Italia di oggi. Ma per Vittani, che si è rivolto ad un legale per reclamare i suoi diritti, non è ancora tempo di armistizio.
Si ringrazia Andrea Amici per l’amichevole quanto preziosa consulenza e per le foto d’epoca qui pubblicate per sua gentile concessione.