ELEZIONI COMUNE DI SANREMO
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Politica | 29 maggio 2015, 15:09

#ElezioniRegionali: Carla Nattero (rete a sinistra) fa il punto sulla sanità in provincia di Imperia

"Stop all’ospedale Unico di Taggia: un costo lievitato in 8 anni da 200 a 300 mln di euro, con meno di di 600 posti contro i 750 ipotizzati" - spiega tra l'altro la candidata.

#ElezioniRegionali: Carla Nattero (rete a sinistra) fa il punto sulla sanità in provincia di Imperia

Carla Nattero, candidata alle elezioni Regionali 2015 nella lista Rete a Sinistra con Luca Pastorino è intervenuta sulla sanità pubblica.

“La salvaguardia di una  sanità pubblica, universale, efficiente ma allo stesso tempo sostanzialmente gratuita per le fasce deboli e i malati cronici, è uno dei compiti più importanti che Rete a Sinistra  deve assolvere anche in questa tornata elettorale delle regionali. Il bilancio sanitario rappresenta oltre i 2/3 del bilancio regionale. Nella ASL  1 imperiese ad esempio siamo a circa -100 letti per acuti e -70 per la riabilitazione. Va da sé che se mancano i posti letto per acuti e quelli di riabilitazione che consentono di garantire una dimissione più veloce dai reparti per quei pazienti che non possono rientrare al domicilio, si avrà da un lato un intasamento dei PS , per il “tutto esaurito” nei presidi ospedalieri , e dei reparti che non riusciranno più ad espletare i ricoveri programmati".

La carenza di personale determina altre criticità:

-allungamento dei tempi di attesa per visite specialistiche e diagnostica strumentale a fronte di snelle liste  intramoenia a pagamento 

-allungamento delle liste per gli interventi chirurgici in elezione sia come DSurgery che come degenza ordinaria. Anche in questo caso vale il discorso intramoenia soprattutto in campo oculistico. Grazie ad un recente provvedimento fortemente voluto dalla Paita , è stata estesa  anche ai primari , con la falsa scusa di ridurre le fughe di pazienti soprattutto chirurgici , la possibilità di esercitare attività privata extramoenia. Infatti è notizia di poche settimane fa  che numerosi primari liguri quasi tutti di area chirurgica ( ginecologi, ortopedici, chirurghi generali , chirurghi della mano, chirurghi plastici , ecc ) si sono affrettati a chiedere il permesso di svolgere attività privata senza dipendere dall’azienda sanitaria di provenienza. Solo l’attività intramoenia avrebbe in qualche modo potuto attrarre pazienti da fuori regione, ora invece accadrà che sempre più pazienti andranno fuori regione in strutture private o private-convenzionate per essere operati da primari delle nostre asl regionali .

Relativamente all’utilizzo delle risorse pensiamo che sia necessario :

Fermare le nuove forme di  convenzioni/accreditamenti  e mandare a normale scadenza anche quelle già in corso;

Evitare nuovi appalti costosissimi per tornare alla gestione diretta (vedi l'appalto calore/aria condizionata);

Realizzare il fascicolo sanitario elettronico per paziente  e uniformità dei modelli informativi tra le ASL Bloccare le  convenzioni alle Case di Riposo private per  i letti Hospice,  RSA e  Cure intermedie, che andrebbero collocati là dove sono stati chiusi reparti in modo da riempire alcuni ospedali sottoutilizzati ( Albenga, Arenzano, Rapallo , ecc ); 

Stop all’ospedale Unico di Taggia: un costo lievitato in 8 anni da 200 a 300 mln di euro, con meno di  di 600 posti contro i 750 ipotizzati. Con i medesimi reparti accorpati  senza una nuova Specialità o professionalità e con un DEA ( dipartimento emergenza - accettazione ) che resta di 1° livello  e non come propagandisticamente va affermando l’assessore regionale uscente Cascino di 2° livello! Si precisa che l’unico DEA completo di 2° livello in regione Liguria si trova all’Osp S.Martino di Genova !  Intanto a Imperia si perdono la ginecologia e l’ortopedia accorpate su Sanremo, a Imperia resta solo un ambulatorio e una sala gessi diurna per la piccola traumatologia".

"Inoltre secondo i nuovi parametri potrebbero sparire Pneumologia e Chir vascolare che richiedono un bacino di almeno 600 mila abitanti (neanche SV e IM messe insieme). Per non parlare del grande disagio per pazienti e parenti a causa di lunghi tempi di percorrenza per irrisolti problemi di  viabilità relativi al territorio, alle carenti infrastrutture e alla crisi del trasporto pubblico locale. E’ oggettivo e non strumentale affermare che in presenza di un solo Pronto Soccorso (quello dell’ipotetico Ospedale Unico ) e di insufficienti auto mediche (attualmente solo 3 nell’intera provincia), i cittadini , a seconda della loro dimora, non hanno uguali chances di assistenza in caso urgenza. Per tutte queste criticità l’Ospedale Unico è né una priorità né una scelta strategica capace di migliorare l’offerta di salute. Appare invece uno spreco di  denaro pubblico che potrebbe essere destinato alla ristrutturazione degli ospedali esistenti che, al pari di molti edifici scolastici, richiedono interventi urgenti. E’ sul “materiale “  umano , sulle apparecchiature di diagnostica che devono convergere le risorse , non in ospedali che rischiano di essere sottoutilizzati per mancanza di personale". 

"Per garantire la  continuità assistenziale del paziente occorre per davvero potenziare  l’assistenza territoriale  soprattutto aumentando il numero di accessi al domicilio di infermieri e fisioterapisti (ADI) e potenziando la specialistica ambulatoriale per l’abbattimento delle liste di attesa. In una regione dove l’indice di vecchiaia, che indica il numero di soggetti ultra 65enni ogni 100 giovani al di sotto dei 14 anni, ha  mostrato un costante aumento ( nel 2014 in Liguria è pari a 239 ), superando di gran lunga il dato medio nazionale ( 154 nel  2014  anch’esso in aumento rispetto al 2002 quando era 131 ), occorre adeguare il numero di letti convenzionati nelle Case di Riposo (RP) per i pazienti ultrasessantacinquenni affinchè  paghino solo la quota alberghiera che è  di almeno 1400 € al mese in stanze multiple. Siamo infine convinti che solo il miglioramento della qualità assistenziale, senza tagli indiscriminati , può ridurre  le fughe di pazienti che attualmente pesano per circa 40-50 milioni di euro l'anno e non costringere le ASL a facili e costosi accreditamenti di servizi sanitari soprattutto nella protesica ortopedica e nella riabilitazione”.

C.S.E.

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