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Sanremo Ospedaletti | 29 novembre 2015, 07:31

Sanremo: il profilo biografico di Giovanni Battista Sardi curato dallo storico matuziano Andrea Gandolfo

Giovanni Battista Sardi nacque a Sanremo il 29 novembre 1697 da Franco e Angela Maria Sardi.

In occasione del 318° anniversario della nascita del patriota e memorialista sanremese Giovanni Battista Sardi, uno dei maggiori protagonisti della rivoluzione sanremasca del 1753, lo storico matuziano Andrea Gandolfo ci ha inviato un suo profilo biografico di questo nostro illustre concittadino, che tanto si sarebbe prodigato per difendere gli interessi di Sanremo, soprattutto in seguito alla rivoluzione del 1753.

Giovanni Battista Sardi nacque a Sanremo il 29 novembre 1697 da Franco e Angela Maria Sardi. Succeduto allo zio Tommaso come console imperiale a Vienna il 3 settembre 1747, si adoperò fin da subito per difendere gli interessi della sua città natale ottenendo dall’imperatore Francesco I, nell’aprile 1754, di intimare ai Genovesi di render conto, entro due mesi, delle rimostranze avanzate dai Sanremesi e di astenersi da arrecare ulteriori danni alla città. Andata a vuoto tale intimazione, Sardi, dal 5 dicembre 1755 al 12 luglio dell’anno successivo, fece seguire un memoriale in francese dal titolo: Essai sur les déméles de la République de Gênes et de l’état imperial de Saint Rémo, stampato a Basilea nel 1755 da anonimo. Pare che tale memoriale sia stato compilato dall’abate C. Montagnini, conte di Mirabello, più volte ricordato dallo stesso Sardi nel testamento del 25 aprile 1765 che lo designava come uno degli esecutori testamentari, disponendo inoltre che fosse l’erede di tutti i suoi manoscritti e documenti. Peraltro, finché visse, Sardi si batté strenuamente per la causa di Sanremo, presentando continuamente ricorsi e petizioni con spese ingenti che non gli furono mai rimborsate.

Nel 1764, in occasione dell’elezione del nuovo imperatore del Sacro Romano Impero, fece pervenire ai Grandi Elettori un memoriale allo scopo di ottenere che nella Capitolazione cesarea venissero esplicitamente menzionati i diritti imperiali sulla città matuziana. Il governo genovese, preoccupato per questa iniziativa di Sardi, decise allora di inviare a Francoforte l’ambasciatore Ferrari per curare personalmente la spinosa pratica. Giunto nella città tedesca ai primi di marzo del 1764, l’ambasciatore genovese riuscì ad ottenere l’appoggio di un avvocato locale, che gli procurò una copia di tutti i documenti riguardanti Sanremo, mentre tutti gli ambasciatori presenti all’elezione gli assicurarono che avrebbero respinto la richiesta di Sardi. La Dieta infatti non disattese le promesse fatte all’ambasciatore della Repubblica e il 23 marzo 1764 redasse il testo della Capitolazione, poi firmata quattro giorni dopo, senza includervi la frase incriminata relativa al dominio imperiale su Sanremo. Sardi però, prevedendo l’esito della riunione della Dieta, aveva scritto ad Agostino Patrone, esule a Torino, affinché si interessasse di far firmare dai sanremesi una procura. Una delegazione di Sanremo si recò allora a Perinaldo per firmarvi in data 16 dicembre 1763 la procura, che da Sardi fu poi intestata a Carlo Wagner, segretario dell’Elettore di Treviri, uno dei partecipanti alla Dieta. Resasi impossibile la specificazione dei diritti imperiali su Sanremo nel documento finale dell’assise di Francoforte, Sardi giocò quindi la sua carta di riserva, che non poté essere bloccata: il 28 marzo venne letto alla Dieta un appello dei sanremesi che imploravano la protezione imperiale.

Soltanto uno degli Elettori respinse l’appello, tre chiesero invece la sospensiva, ma ben cinque lo accolsero esprimendo il Votum ad Imperatorem. Questo successo di Sardi rappresentò una sconfitta cocente per il governo genovese, che invitò l’ambasciatore Ferrari a trasmettergli i nomi dei firmatari della procura per sfogare almeno su questi una platonica vendetta, che peraltro non si consumò nella realtà per l’impossibilità da parte di Ferrari di esaudire il desiderio del suo governo. Intanto, il 31 marzo 1764, la Dieta aveva inviato al nuovo imperatore Giuseppe II una Lettera intercessionale per la questione di Sanremo, che, diffusa subito dopo dalle gazzette, provocò ovunque reazioni e commenti sfavorevoli a Genova. Nella capitale della Repubblica, la Giunta dei Confini e il Minor Consiglio furono quindi costretti a tornare ad occuparsi della intricata questione sanremese, avvertendo gli ambasciatori a Madrid e a Parigi che Sardi stava battendo un’altra strada, definita “subalterna”, rivelatasi molto più dannosa che se egli fosse riuscito a far inserire nella Capitolare cesarea la deprecata frase circa i diritti imperiali su Sanremo. Negli anni successivi i funzionari della corte imperiale portarono avanti la loro politica antigenovese con l’obiettivo di emettere un nuovo Concluso che avrebbe significato per la Repubblica la decadenza da tutti i suoi feudi. Il 20 ottobre 1766 il Consiglio Aulico emanò un Votum con il quale il consesso imperiale accusava il governo genovese di non aver aderito alle sue proposte di fare delle concrete concessioni ai fuorusciti sanremesi. Le accuse contro Genova assunsero ancora maggiore gravità e autorevolezza quando, il 20 novembre successivo, l’imperatore Giuseppe II firmò una Risoluzione cesarea, che giudicava deplorevole l’atteggiamento tenuto dai Genovesi nei confronti di Sanremo, di cui avevano calpestato i diritti imperiali opponendosi in particolare alla suprema giurisdizione dell’Impero su di essa; l’imperatore intimò quindi al governo genovese di discolparsi dalle ingiurie compiute restituendo alla città matuziana i diritti e le prerogative che questa godeva prima della rivoluzione del 1753.

Dopo la firma del sovrano, il decreto imperiale venne spedito alla Plenipotenza dell’Italia affinché essa lo trasmettesse a Genova e lo diffondesse in tutta la Liguria. Il trionfo di Sardi sembrò assicurato: egli ringraziò i consiglieri aulici per aver emesso il Votum contro Genova e venne anche ricevuto dallo stesso imperatore che gli assicurò che avrebbe fatto tutto quello che era in suo potere per dare sollievo a Sanremo. Nel dicembre 1766 Giuseppe II inviò quindi per posta al governo genovese un plico contenente il decreto cesareo, che, respinto dai Serenissimi Collegi, fu letto alla folla dall’araldo tedesco Andrea Müller il 25 gennaio 1767. La pubblicazione del decreto imperiale provocò comunque l’immediata reazione del doge e dei governatori genovesi, che l’11 marzo 1767 emanarono un editto, accuratamente concordato con il governo francese, che riaffermava risolutamente l’indipendenza indiscutibile di Sanremo e del resto della Liguria dall’Impero, ordinando nello stesso tempo che venisse impedita l’affissione e la divulgazione di qualsiasi scrittura contraria a questo diritto nel territorio della Repubblica. Intanto, dopo la cessione della Corsica alla Francia, Genova sperava che la lunga diatriba con la corte imperiale sulla sorte di Sanremo avesse finalmente termine, quando, nel marzo 1769, la questione fu riaperta dalla presentazione di un ricorso da parte di Sardi alla Dieta di Ratisbona per ottenere nuove Lettere intercessionali all’imperatore, affinché quest’ultimo affidasse l’esecuzione dei decreti imperiali ai principi vicini, quali il re di Sardegna e il granduca di Toscana. Il governo genovese prese immediatamente delle contromisure cercando di assicurarsi l’appoggio dei partecipanti al consesso e in particolare dell’imperatrice Maria Teresa, che peraltro non nascondeva le sue simpatie per la Repubblica.

Nel frattempo Sardi presentava alla Dieta i soliti memoriali, appoggiati a ben 147 documenti storici per far valere le sue ragioni, che erano condivise anche dai ministri dell’Inghilterra, del regno di Sardegna, della Prussia, dell’Hannover e del Brandeburgo. Il 18 agosto 1770 la Dieta approvò il testo del decreto che concedeva a Sardi le Lettere intercessionali da parte di Giuseppe II, che veniva formalmente invitato a far valere i suoi diritti su Sanremo. Il governo genovese si allarmò molto per questo nuovo decreto, che costituiva una vera e propria minaccia per l’integrità dei suoi stati. Sardi stava intanto rassegnandosi definitivamente a rientrare a Sanremo, divenuta feudo imperiale, decidendo di impegnarsi soltanto per rifarsi dei danni personali subiti a causa della sua lunga lotta contro la Repubblica di Genova. Per questo motivo nel 1772 presentò una domanda alla cancelleria imperiale per essere risarcito dei danni inflittigli da Genova con la confisca dei beni per la somma complessiva di 85.000 fiorini, che l’esule sanremese suggeriva di ricavare dalla confisca dei beni genovesi nei feudi imperiali. La proposta di Sardi venne quindi ratificata dal Consiglio Aulico il 27 aprile 1772 e approvata ufficialmente con una Risoluzione cesarea, che condannava il governo genovese a risarcire il console matuziano della somma che quest’ultimo aveva chiesto. Infine, dopo una battaglia durata oltre vent’anni per l’affermazione della sovranità imperiale su Sanremo e innumerevoli patimenti e sofferenze per la sua condizione di esule, Sardi, solo e abbandonato da tutti, moriva a Vienna il 25 maggio 1776. L’interessamento imperiale era ormai venuto meno da qualche anno, mentre i fuorusciti sanremesi erano morti all’estero o erano rientrati mestamente in patria. Il testamento di Sardi rivela comunque la chiara volontà del suo estensore di raggiungere almeno lo scopo di recuperare il denaro perduto a causa dei parenti o delle confische genovesi per recare un ultimo beneficio alla sua città.

Egli pensò infatti di destinare i suoi averi per istituire a Sanremo una scuola di nautica e una di giurisprudenza, un ospedale per i poveri e una biblioteca pubblica, dove i giovani potessero studiare gratuitamente e sostenere in futuro i diritti della città. L’esule supplicò anche monarchi e governanti, ministri e amici di continuare la sua lotta in difesa dei diritti dei matuziani, affinché un giorno Sanremo, finalmente libera, potesse acquistare un posto più onorato nel mondo della politica, dell’economia e della cultura. Tutto fu però vanificato dagli esecutori testamentari, che si disinteressarono completamente di recuperare il patrimonio di Sardi, che andò così irrimediabilmente perduto.

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