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In Breve

| 06 luglio 2015, 17:00

E Raffaella è mia (e Tiziano è nostro)

Il concerto dell'estate a San Siro.

E Raffaella è mia (e Tiziano è nostro)

DA MILANO (LO STADIO) - Sabato sera, 4 luglio, mentre milioni di greci meditavano se sì o se no, migliaia di spettatori soppesavano il passato e il presente di Tiziano Ferro, chiedendosi quale sia la sua canzone più bella, con il testo più coinvolgente/strappalacrime/danzereccio. La partenza è stata deflagrante e comica al tempo stesso: Tiziano appeso a una gru come un salame in smoking. Xdono a parte (non sia mai che San Siro riesca a offrire un’acustica decente fin dall’inizio), con la voce non pervenuta perché soverchiata dalla batteria e dai rimbombi malefici, il concertone dell’estate è filato via liscio e bellissimo. Emozionato, un po’ ansioso, a tratti commosso, determinato, ecco l’artista delle mille evoluzioni alla sua prova di maturità, conquistare Milano e decretare il balzo definitivo dalle arene agli stadi.

C’è una parola-chiave che spiega tutto, che è cambiamento. Nel tripudio di luci sparate dappertutto, laser colorati e scenografie con effetti tridimensionali, l’esibizione ha percorso un’intera carriera. Dalla mestizia alla gioia ponderata, dal Regalo più grande all’Incanto. Prima ero contentissimo (ero, appunto, ma non adesso), ora sono approdato su un palco davanti a più di 50.000 persone e forse ho capito del tutto chi sono. Tiziano è un camaleonte, un po’ trasformista. Si cambia d’abito diverse volte, balla, legge uno stralcio di una lettera di un suo fan (il succo è: ti auguro di non nasconderti in un angolino e di trovare l’amore che meriti), manda un suo messaggio di ringraziamento al pubblico, non vede, accecato dai riflettori, la ciclopica scritta composta per lui sugli spalti con sacchetti di colori diversi, “grande Tiziano”. Stop! Dimentica e l’inno a Raffaella Carrà sono invece tra i momenti più scatenati della serata.

In questo show futurista con tocchi nostalgici, ho provato a capire perché mi piaccia la musica di Tiziano Ferro. Sicuramente non è facile scampare ai suoi concerti, quando hai una fidanzata e poi moglie che stravede per lui, ma non è questo il punto. Perché non mi sono annoiato, anzi ho ballato e applaudito e mi sono divertito un mondo? La risposta è che la sua metamorfosi, con tutte le contraddizioni del caso, è la stessa che attraversa gli animi turbati o confusi o semplicemente alla continua ricerca di felicità. Cambiare il mondo si può, almeno si può provare a farlo, cominciando dalle nostre esistenze, è questo che ha cantato a San Siro.

Luca Re

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