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Attualità | 28 novembre 2014, 07:25

Nuova importante scoperta archeologica del gruppo ricerche 'ArcheoNervia' formato da Andrea Eremita, Bruno Calatroni, Stefano Albertieri e Paolo Ciarma

Scoperti i resti di un Santuario millenario legato al culto della fecondità con due menhir falliformi, delle incisioni vulvari, un altare sacrificale e una mappa stellare.

Nuova importante scoperta archeologica del gruppo ricerche 'ArcheoNervia' formato da Andrea Eremita, Bruno Calatroni, Stefano Albertieri e Paolo Ciarma

L'anno sta per finire con un bilancio sul fronte delle ricerche archeologiche tra i boschi dell'estremo Ponente Ligure  altamente positivo. Nuove scoperte  hanno contribuito a delineare la fisionomia di una civiltà fiorita nel corso del III -II millennio a.C., un lontano passato che si pensava fosse trascorso sepolto nel nulla.   Un lavoro di volontariato che non costa un solo centesimo allo stato e alle amministrazioni locali che si quantifica con la scoperta fino ad oggi di: 27 menhir, 18 altari sacrificali, 32  tombe a tumulo, 7 dolmen, 5 tombe a cassetta, 2 cromlech, 2 santuari legati al culto della fecondità , decine di rocce coppellate, con  vaschette, incisioni antropomorfe oltre ad alcune tracce di capanne e necropoli.

"Un risultato - evidenziano i ricercatori - che va oltre le nostre più rosee aspettative che ci spinge, anche se per certe persone  non è cosa gradita, a continuare le ricerche. In passato abbiamo divulgato un comunicato su 'Dolceacqua località San Bernardo. Reperti archeologici che rimandano ad un Santuario Neolitico legato al culto della fecondità'. Argomento che riassumeva nel loro  complesso l'interpretazione di alcuni reperti tra cui, tre menhir, delle incisioni vulvari, un calendario mestruale lunare, un altare sacrificale e la schematizzazione della Dea Madre scoperti fuori dal loro contesto archeologico reimpiegati nei muri a secco di un oliveto senza la possibilità di presentare  elementi di  confronto. Una interpretazione  che probabilmente  a qualcuno  sarà potuta sembrare avventata e poco convincente".

Una considerazione che oggi si può ritenere azzerata dal ritrovamento di un'altro Santuario legato al culto della fecondità con marcati aspetti astronomici nei pressi della località, come a Dolceacqua di San Bernardo, ma nel territorio del vicino comune di Vallebona con la differenza che nel caso specifico tutti i reperti si trovano nel loro contesto con tutte le componenti  fondamentali che ne consentono una interpretazione incontrovertibile. Il luogo del ritrovamento si trova a 450 metri di altitudine lungo il percorso del più importante tratturo  che  nel periodo Neolitico dalla costa  conduceva ai pascoli d'altura e alle cacce stagionali attraverso i punti cardine di Monte Peiga, Monte Caggio, Monte Ceppo, Langan, Melosa, Monte Toraggio. I reperti archeologici che certificano la presenza sul luogo del Santuario legato al culto della fecondità su un'area di circa 30 mq. sono: 2 menhir falliformi entrambi di una  altezza che sfiora i 2 metri realizzati con in pieno risalto il glande e il circolo, 2  massi con 4 e 2 incisioni vulvari, una roccia con 8 micro coppelle presumibile mappa stellare e a lato, non poteva assolutamente mancare, una pietra con una incisione cruciforme di cristianizzazione e per completare il quadro a breve distanza un altare sacrificale fatto scivolare nel tentativo di abbatterlo in un avallamento dai monaci Benedettini perennemente in lotta contro il paganesimo che imperava nelle campagne, custodi nel 1300 lungo l'antico percorso di un ospitale e una cappella intitolata a San Bernardo.

Un insieme di reperti archeologici dove primeggiano i due menhir falliformi e le incisioni vulvari  che non hanno nulla di osceno come potrebbe suggerire la nostra morale cristiana studiata per reprimere la sessualità, ma l'esaltazione nel senso più grande della parola dell'organo riproduttivo femminile e maschile che danno il piacere e generano il miracolo della vita. Un modo per esprimere le esigenze sociali simboliche di una comunità con al centro l'uomo, gli animali, le piante, la natura i soli che generano il bene più importante, la vita sulla terra. Visitando il  luogo a prima vista colpiscono i due enormi  menhir falliformi, una realizzazione che vuole esaltare il compiacimento da parte dell'uomo di essersi  finalmente liberato da un peso opprimente che da lungo tempo lo umiliava nei confronti della donna. Di avere finalmente la certezza,   cosa che  non aveva in passato non essendo a conoscenza del meccanismo biologico della fecondazione, di avere un ruolo nel dare vita attraverso l'inseminazione. Certezza da parte dell'uomo che decreterà la fine di una religiosità durata millenni che consacrava l'universo femminile che porterà a svilire il ruolo della donna nel nuovo assetto sociale.

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