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Attualità | 11 febbraio 2020, 08:21

Il pasticciaccio brutto del decreto “Chiudi autogrill” diventa un punto a favore per i gestori della Torino-Savona

Una sentenza del tribunale di Roma sancisce la possibilità di non applicare il regolamento che non può annullare una legge già esistente che prevede la continuità dei contratti fino a scadenza naturale

Il pasticciaccio brutto del decreto “Chiudi autogrill” diventa un punto a favore per i gestori della Torino-Savona

Una sentenza del tribunale di Roma, apre una speranza in più per le aree di sosta sull’autostrada Torino-Savona che (secondo un decreto interministeriale datato 7 luglio 2015) avrebbero dovuto chiudere oppure cambiare gestione, nonostante un contratto ancora valido per gli anni a seguire.

È una sentenza importante, utile per la tutela e la salvaguardia delle aree di servizio per le quali il decreto prevedeva una chiusura o un cambio di gestione”, spiega l’avvocato di Torino Fabio Arcangeli che rappresenta le istanze di alcuni autogrill della A6, caduti sotto la scure del decreto, tra i quali quelli di Mondovì Ovest e Carcare Est, in Liguria. “Di fatto questa sentenza afferma che il decreto interministeriale si può disapplicare a favore della legge ordinaria, ossia della legge a favore dei gestori - prosegue il legale -. È certamente un buon risultato, un’indicazione forte, in quanto è la prima sentenza che scardina il disegno del decreto del 2015”.

Un decreto, infatti, non può invalidare una legge, inoltre se attentamente esaminato, pone dei problemi applicativi che potrebbero invalidare la sua stessa applicazione e quindi non sarebbe più in grado di imporre la chiusura delle aree. Il decreto, infatti, incide direttamente sui gestori e lo fa in maniera negativa, visto che comprime il diritto che è quello previsto dalla norma di legge sulla continuità gestionale che con il decreto 2015, viene di fatto annullata. Ma essendo un decreto interministeriale, ossia un regolamento, non può derogare una legge dello Stato: nella gerarchia delle fonti una legge può essere abrogata solo da un’altra legge.

Una palese dissonanza che non ne ha impedito comunque l’applicazione sulle autostrade italiane senza che nulla fosse, eliminato non solo la continuità gestionale - per esempio Carcare Est - ma addirittura imponendo la chiusura di aree come Mondovì Ovest e Rio Colorè.

“Se il decreto interministeriale ha delle falle - prosegue il legale torinese - le ha nell’ambito della continuità gestionale e anche sulla questione della chiusura dell’area. Perché vale la legge dello Stato, non il decreto: legge che afferma che sono validi i contratti tra convenzionato e gestore, che valgono fino alla fine, ossia alla scadenza del contratto, indipendentemente dalla durata della convenzione stipulata tra concessionaria autostradale e chi vince il bando”.

Quindi se cambiano le società che vincono le aree autostradali, non per questo il gestore deve andare via, in quando ha un contratto che lo tutela, anche se stipulato con un convenzionato nuovo, subentrato ad un convenzionato che non ha più rilevato l’area. Concetto simile vale per le aree in chiusura: se sarà imposta loro la chiusura, lo faranno solo a scadenza del contratto e non prima.

Ribadisco che il decreto interministeriale del 2015 si può disapplicare e quindi i gestori possono rimanere fino a quando il loro contratto non è scaduto”, conclude l’avvocato Fabio Arcangeli. Un passo avanti non da poco, nella lotta contro un decreto interministeriale che prevede, se applicato, la chiusura di aziende che lavorano, fanno girate l’economia e danno lavoro a molti dipendenti creando anche un ottimo indotto sul territorio.

Nadia Muratore

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