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Attualità | 29 gennaio 2020, 10:06

Sanremo: venerdì scorso con l'Unitre un incontro con il Prof. Barberis, ne parlano gli studenti del 'Cassini'

Gli studenti del Liceo G.D. Cassini di Sanremo relazionano sull’incontro di venerdì, la cui parola chiave è stata ‘Indifferenza’.

Sanremo: venerdì scorso con l'Unitre un incontro con il Prof. Barberis, ne parlano gli studenti del 'Cassini'

Si è svolto venerdì scorso a Sanremo un incontro organizzato dall’Unitre con il Professor Walter Barberis, nella Sala degli Specchi del Comune, in onore della 'Giornata della Memoria'. Non è solo un esercizio cerebrale che si esercita un solo giorno all’anno, ma deve essere guida del comportamento quotidiano per tutti coloro che vogliono definirsi uomini.

L’indifferenza delle persone a capire cosa è successo, a comprendere la storia, a informarsi, ad ascoltare e soprattutto a parlare della strage della Shoah. Il professore, che da poco ha pubblicato il suo libro intitolato ‘Storia senza perdono, che parla dello sterminio degli ebrei d’Europa da parte del nazismo, del ruolo e dei testimoni e della storiografia, ha  precisato  che l’incontro non è soltanto una commemorazione o la mera  presentazione del suo libro, ma ha  esposto una serie di problemi, che hanno stretto rapporto con l’ attualità antiretorica e che devono essere trattati senza retorica.

La riflessione ha avuto inizio con la citazione di una frase di Primo Levi in ‘Se questo è un uomo’: “La memoria è uno strumento meraviglioso ma fallace”. A causa infatti dei problemi psicologici causati dai terribili avvenimenti, la memoria tende a dimenticare o a rimuovere alcuni momenti o fatti traumatici. Altre volte, invece, la memoria può essere compromessa dalla vergogna. La vergogna di ritornare in un mondo indifferente e distratto. Ciò ha indotto coloro che si sono salvati, a mettersi “la museruola” e a non parlare. C’è stato infatti un lungo periodo di oblio e silenzio,  e il popolo si è comportato  come se nulla fosse successo. Dopo più di dieci anni dallo sterminio si incominciò a sentire qualche voce, ma coloro che parlavano venivano denigrati  o  del tutto ignorati , poiché a nessuno realmente interessava richiamare alla luce quel buio dell’umanità. Tuttavia alcuni  testimoni incominciarono  a scrivere libri, articoli e storie sulla Shoah e sui campi di sterminio, per dichiarare ciò che è stato e sensibilizzare  l’attenzione di tutti.

Il professore ha precisato quindi  la differenza tra le fonti orali e le fonti scritte. La parola è stata quindi  usata come atto liberatorio, quella scritta ,senza guardare in faccia i lettori, più meditata ma più silenziosa,quella orale, spesso forte e vigorosa, è stata un atto di coraggio e di forza nel raccontare storie di orrore. L’autore ha poi citato un avvenimento storico molto importante: Il Processo di Gerusalemme ad  Adolf Eichmann (1906-1962), che fu il primo procedimento contro un criminale nazista tenuto in Israele. Eichmann era il coordinatore e il responsabile della macchina delle deportazioni, colui che organizzava i convogli ferroviari che portavano ad Auschwitz; fu dunque uno dei principali esecutori dell’Olocausto.

La vicenda fu in qualche modo una svolta, poiché ruppe il silenzio delle persone e fu illuminante per comprendere almeno una piccola parte della strage perpetrata  e  aprì l’orecchio di un pubblico che fino ad allora pareva essere indifferente. La figura della vittima comincia così  ad attirare l’interesse pubblico. Eliezer Wiesel, un tempo giornalista e scrittore ebraico, disse che solo coloro che vissero in prima persona tale vergogna sanno realmente che cosa sia stato, gli altri non lo possono comprendere. Ogni memoria infatti è parziale, individuale e soggettiva e può essere utile, ma sempre insufficiente a spiegare tutti  fatti.

“Ci deve essere un patto narrativo - spiega il professore - per chi racconta e per chi ascolta”. Infatti bisogna riconoscere le radici che hanno portato allo sterminio, ovvero la storia, i veri accadimenti politici, e poi, per poter aver un quadro completo, si possono aggiungere anche memorie ed esperienze personali. Ma purtroppo, appena il pubblico cominciò a interessarsi di questa terribile realtà, alcune storie vennero usate solo ed esclusivamente per fini economici o per ottenere notorietà. Ci sono stati infatti personaggi che si sono inventati interi racconti sulla Shoah e sui campi di sterminio, senza però avere mai vissuto nulla di tutto ciò".

Il professor Barberis ha quindi sollecitato nel pubblico una riflessione sulla liceità  di diffondere un messaggio virtuoso basato però su una menzogna. La risposta è ovviamente “No”, la storia deve essere utile e onesta, perché la storia degli Ebrei comprende tutti noi, la storia degli Ebrei siamo noi. La giornata della memoria non dev’essere solo il 27 gennaio, ma deve durare  365 giorni  e così sempre. “L’Olocausto è una pagina del libro dell’Umanità, da cui non dovremo mai togliere il segnalibro della memoria” (cit. P. Levi). 

Aurora Kraja e la 1a B - La nuova Corrente del Liceo Cassini

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