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Festival di Sanremo | 10 febbraio 2019, 17:26

La storia del Festival di Sanremo in 22 anni: intervista a Tonino Manzi, storico direttore ufficio stampa RAI

Per 22 edizioni il Festival di Sanremo ha avuto un responsabile ufficio stampa storico: Tonino Manzi. Dal 1993 al 2015 è cambiata la storia dell'Italia, della musica, e del Festival, ovvero l' espressione massima della società del Bel Paese, in bene e in male.

La storia del Festival di Sanremo in 22 anni: intervista a Tonino Manzi, storico direttore ufficio stampa RAI

Sanremo è Sanremo” e non è forse una frase così scontata. Dietro a slogan, lustrini, merletti e quello che siamo abituati ad attribuire al mondo delle “canzonette” c'è e c'è sempre stato molto di più.

La storia del Festival di Sanremo è legata alla sua comunicazione e al suo ufficio stampa. Se pensiamo che nel 2019 sono circa 1400 gli operatori giornalistici e televisivi presenti in città, ciò fornisce un'idea di quanto l'informazione sia, forse al pari della musica, il perno su cui ruota l'intero evento. Per 22 edizioni il Festival di Sanremo ha avuto un responsabile ufficio stampa storico: Tonino Manzi. Questa la nostra intervista.

Oltre vent'anni della sua vita dedicati a Sanremo. Come si è evoluta la kermesse e il modo di fare giornalismo festivaliero? Il mio primo Festival è stato targato Pippo Baudo, l'ultimo ha visto la conduzione di Carlo Conti. In questa “parentesi di 22 anni” Sanremo è cambiato radicalmente, specialmente nel suo modo di comunicare. La data che considero come giro di boa è sicuramente il 1993; Fino a quell'anno la Rai si limitava a gestire le serate televisive; in seguito iniziò a diventare 'organizzatrice' del Festival. Fu determinante per l'esplosione della comunicazione il passaggio dal Ritz al Roof dell'Ariston: si è così passati da circa 350 accrediti di allora (del '93) agli attuali 1400.

Sanremo sono solo canzonette. Oppure no? Sanremo non è mai stato solo canzonette. Quando nel 1952 “Vola Colomba” vinse, il significato del testo era molto lontano dall'essere leggero. Il connubio di una canzone orecchiabile, legata alla libertà, parlava di Triste divisa, di Tito, dei profughi della Dalmazia: niente era lasciato al caso, né allora né oggi.

Quando il Festival inizia a diventare un palcoscenico internazionale per sensibilizzare su tematiche importanti attraverso la musica? Il 1999 è un anno storico per Sanremo, con la presenza di Mikhail Gorbaciov, durante la conduzione di Fabio Fazio. La conferenza stampa rimane d'epoca. L'evento segnò una linea di demarcazione anche nel modo di vedere il festival nei Paesi dell'Est: mentre nelle edizioni precedenti veniva trasmessa una sintesi dell'evento, in cui la censura sovietica operava tagli legati alla politica, il Festival iniziò ad essere “legalizzato” in tutta la sua interezza. La stessa edizione, presentata da Fabio Fazio e Leticia Casta, fu legata ad un altro premio Nobel: Renato Dulbecco, che accettò di condurre il Festival con il solo obiettivo di sensibilizzare in mondo visione sulla ricerca scientifica, a cui devolse tutti i proventi del cachè. Partecipazioni di questo tipo, a partire dagli anni '90 ad oggi, sono diventati appuntamenti attesi e pretesi da pubblico stesso: ricordiamo Bono degli U2 nel 20, la principessa Rania di Giordania nel 2010, le mogli dei due Marò nel 2014. Il Festival di Sanremo è lo specchio dei problemi dell'Italia e non solo.

Durante le conferenze stampa, qual è stato il ruolo dei media esteri? Fondamentale. In particolare mi piace ricordare la televisione rumena che con quella italiana ha a sempre avuto un forte legame. Proprio la TVR della Romania è stata la prima ad avere la possibilità di fare grandi passi avanti dopo il crollo del muro di Berlino. I giornalisti rumeni, durante tutte le edizioni in cui sono stato responsabile dell'ufficio stampa Rai al Festival, sono stati sempre presenti e partecipi alle conferenze, traducendo questo interesse in un forte richiamo all'evento per i Paesei dell'Est. Ciò ha ovviamente portato risvolti positivi per molti cantanti italiani che, dal palco dell'Arisiton, sono diventati e continuano ad essere vere star. Mi riferisco ad Albano e Romina, a Toto Cutugno, ai Ricchi e poveri. In Romania, come in Russia iniziò una vera e propria ricerca della voce italiana. L'anno storico si ebbe nel 1984 con Romina e Albano, che si confermò dell'85 quando vinsero i Ricchi e Poveri. Fu un tale successo che solo dalla Russia venne richiesto un tour di 44 serate. Una vera svolta per la musica italiana, che ancora oggi continua. 

Quale consiglio darebbe a chi oggi vorrebbe fare il giornalista? A questa domanda solitamente rispondo un aneddoto giornalistico. Scegliere questo lavoro può voler dire fare sacrifici, lavorare in condizioni non sempre ottimali e con orari particolari. Ricordo che i nostri capi redattori, quando ricevevano lamentele dai colleghi, ricordavano la risposta che diede, nello stesso frangente, il direttore del Corriere della sera e del Messagero, Mario Missiroli: “E' sempre meglio che lavorare”.

Se il Festival di Sanremo rappresenta ogni anno un capitolo della storia e della società italiana, arrivata oggi a pagina 69, l'excursus storico che Tonino Manzi ci ha regalato è sicuramente un prezioso ricordo che aiuta a comprendere meglio l'evoluzione di una Nazione che se spesso si presenta con la leggerezza di una canzonetta, rimane un Paese ha ancora molto da dire e da trasmettere in un linguaggio universale come quello della musica.

Stefania Orengo

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