ELEZIONI COMUNE DI SANREMO
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In Breve

| 27 gennaio 2019, 10:30

"La stanza dell'Aquila" il noir di Salvatore Grenci ambientato ad Imperia: ogni settimana un nuovo capitolo online

"mi rammentai di un'antica leggenda portorina che favoleggiava di un passaggio segreto, sotto gli scogli delle cosiddette "ratteghe", grosso modo dalle parti del piccolo terrazzino in pietra, utilizzato anni prima dagli appassionati del tiro a piattello. Il passaggio conduceva nelle viscere del Parasio..."

"La stanza dell'Aquila" il noir di Salvatore Grenci ambientato ad Imperia: ogni settimana un nuovo capitolo online

Da questa settimana il nostro giornale si arricchisce di una nuova collaborazione culturale. Lo scrittore imperiese Salvatore Grenci, volto e nome conosciuto in tutta la città, pubblicherà su Imperianews e Sanremo news il suo libro “La stanza dell'aquila”.

Ogni settimana un nuovo capitolo del noir ambientato nei luoghi più suggestivi della città. <<Quando  la redazione mi ha invitato a collaborare a questa nuova pagina  culturale , suggerendomi, tra  l'altro, la pubblicazione a puntate  di un mio romanzo, il  pensiero è corso subito al cosiddetto Feuilleton  ottocentesco , laddove oltre alle notizie di taglio culturale, trovavano albergo anche racconti e romanzi a puntate; addirittura romanzi quali "I Tre Moschettieri" o "I Miserabili" nascono come feuilleton  e non solo in Francia. "Misteri della Jungla nera" dell' immaginoso Emilio Salgari viene per la prima volta pubblicato a  puntate su "La nuova Arena" di  Verona. Da noi, In Italia, si chiamerà "Romanzo d'appendice" perché le storie venivano pubblicate nella parte bassa del giornale. Insomma il romanzo di appendice  italiano e il Feuilleton francese  hanno rappresentato per i lettori ottocenteschi quello che la serie televisiva rappresenta oggi per noi; vale la pena, dunque,  di pubblicare questo datato romanzo , esauritissimo ormai, nella sua forma d'appendice". 

L'idea di scrivere "La Stanza dell'aquila" mi venne una calda estate di una ventina d'anni fa, quando, girovagando sotto le Logge di santa Chiara, sul Parasio di Porto Maurizio, lo sguardo spaziò verso l' immensità del mare. In quell'occasione mi rammentai di un'antica leggenda portorina che favoleggiava di un passaggio segreto, sotto gli scogli delle cosiddette "ratteghe", grosso modo dalle parti del piccolo terrazzino in pietra, utilizzato anni prima dagli appassionati del tiro a piattello. Il passaggio conduceva nelle viscere del Parasio e sboccava proprio sotto le Logge... Gli antichi la chiamavano "La Grotta del Pescecan ". Una leggenda? Beh.. non proprio, considerato che i passaggi (segreti o meno) erano molto comuni nelle città rivierasche (e non solo)  di fine cinquecento. Detti passaggi consentivano ai pescatori  di guadagnare rapidamente un posto sicuro nella città alta, se, all'orizzonte  marino, si materializzava una nave barbaresca. Ad ogni buon conto, nel 2005, scrissi questo romanzo: un thriller  esoterico, con salti temporali che ebbe un (inaspettato) successo. Credo che ciò dipenda dal fatto che il vero protagonista è il Parasio: il centro storico di Imperia Porto Maurizio o, per meglio dire, il Parasio della mia adolescenza e la sua  strabiliante ricchezza umana.

Buona lettura>>

LA STANZA DELL'AQUILA  

PROLOGO

Monsieur  Archibald Arnoth  ospite del reverendo Francesco Campani, Abbazia di SanBernardino  Firenze   

Mio preziosissimo Amico …….Auspico che  questo messaggio  giunga con prestezza  all'indirizzo che mi avete dato durante la  nostra lunga e  penosa traversata. Spero ,adesso, che possiate ritemprarvi nel corpo e nello spirito nella città da voi definita l'Atene d' Italia e di cui anch'io conservo dolci ricordi. Ormai  è passato un mese da quando ci lasciammo , nel porto di Livorno, ed io,esausto, mi trovo ancora a Tolone intrattenuto da presuli commossi e da petulanti ufficiali del regno. Luciano si è rifiutato di ricevermi . Non capisco e ne sono amareggiato.Comunque sia, domattina potrò imbarcarmi e tra un giorno o due rivedere  finalmente  le  scogliere della mia  isola e riabbracciare l'amata Paulette. Sarò di nuovo un capocorso, finalmente.Poi deciderò…. temo di non avere il coraggio di tornare e conferire con una madre affranta. Vedremo …vedremo. Vi scrivo, amico mio, per rassicurarvi ancora; di voi ben ricordo lo sguardo angosciato quando mi suggerivate di distruggere quello che ho scritto sui terribili accadimenti di cui siamo stati, ahimè, involontari testimoni. Nessuno  scoprirà il segreto che ci lega. Di Bertrand e di Montholon non datevi pensiero, non sono uomini di scienza come noi e ritengo abbiano capito poco o nulla di quello che è realmente accaduto.Tuttavia vi dico che non darò alle fiamme quanto ho meticolosamente annotato nell’ ultimo  anno, come mi avete suggerito.  Affido al Tempo questo segreto : esso è ben nascosto  non lontano da qui, e se un giorno , ma quel giorno potrebbe non arrivare mai, un novello Costantino o un furbo mercante o solo un villano  se ne impossesserà  forse, a Dio piacendo,  i posteri saranno edotti su quello che noi oggi, per il bene di tutti, abbiamo deciso di non rivelare. Non datevi cruccio per la missiva, la pongo in mani sicure   Vostro                                                                                                                                                                                                                                                      Tolone, al 19 ottobre 1821                                                                      

PARTE PRIMA   

Così sia, così accada! Se no, Se  il giovane  studioso non più brama, Gli antichi amori suoi dimenticò…   Robert Louis Stevenson. “ L’isola del Tesoro “                                                                                                                                                                                                                                                                  Enrico stava sonnecchiando nello scompartimento di seconda classe dell'intercity diretto a Venezia. Si svegliò quando l'altoparlante gracchiò qualcosa. Gli fu chiaro solo : " .…… di ritardo...". Nello scompartimento era solo ; cercò di capire come fare per abbassare l'aria condizionata , con scarsi risultati. Stava congelando. D'accordo,   era  luglio inoltrato ma  non  era certo un buon motivo per trasformare lo scompartimento in una cella frigorifera. Lo fece presente al controllore che  disse: " Guardi, la temperatura è ideale , 21 gradi, l' ho controllata poco fa. E poi io non posso intervenire. Non è come i treni di una volta, capisce? Il termostato è programmato per mantenere la temperatura costante... però , se vuole, spengo l'aria condizionata, questo lo posso fare". " Lasci stare " rispose Enrico con rassegnazione. Meglio battere i denti che morire soffocato.

Prese dal borsone il  pullover, lo portò sul petto e legò le maniche al collo quasi fosse un grembiule. Soddisfatto di quella bizzarra soluzione chiuse gli occhi cercando nuovamente di appisolarsi. Sorrise. Stava ripensando all'anno scolastico appena trascorso ed alla prima classe dell'Istituto Tecnico Ruffini di Imperia dove insegnava  Italiano da  venticinque anni. La prima classe ... i futuri geometri, che Dio li perdoni. In verità pensava a Cosimo. Era uno spasso quel ragazzo, simpaticissimo; forse per questo gli aveva dato la sufficienza  benché non lo meritasse affatto. Rise ripensando a quel tema. Era l'ultimo compito in classe  prima delle vacanze di Natale e , in effetti, non sapeva cosa  inventarsi  dato che gli argomenti precedentemente proposti - ambiente, clonazione e quant'altro - non avevano suscitato grande interesse.

Quella volta, più semplicemente,  propose ai ragazzi di "parlare" di un film visto di recente che li aveva particolarmente colpiti e perchè. Cosimo scrisse che "aveva visto FUGA DA ALCATRAZ, su canale 5; che gli era piaciuto molto; che era la storia di un prigioniero; che era innocente; che era molto intelligente  e che lo avevano mandato ad Alcatraz  perchè aveva molta potenza evasiva!". Però con il computer era un asso. Fu proprio  Cosimo ad aiutarlo a mettere insieme gli appunti  per la sua  relazione sui  crediti" che avrebbe dovuto consegnare alla presidenza a fine anno  : taglia ,modifica, incolla, inserisci... più veloce del vento.   Il treno  si fermò nella stazione di Verona Porta Nuova;  diede un'occhiata  distratta  alle  poche persone  che  si accingevano a salire sperando che nessuno prendesse posto nello scompartimento. Fino a quel momento aveva viaggiato da solo, a parte un'anziana signora che si era affrettata ad uscire nel momento in cui si era acceso una sigaretta. Così fece nuovamente. Funzionava. Infatti,le persone defluivano nel corridoio , osservavano i posti liberi, ma sopratutto guardavano disgustati le spire di fumo diffondersi languidamente ovunque e...proseguivano.

Nessuno prese posto. Molto bene.  Del resto anche nella vita era solo o, come si dice, "single"; aveva divorziato quindici anni prima, dopo solo otto mesi di matrimonio. Quindici anni!  In fin dei conti, considerava  un privilegio  vivere da solo, quasi seducente. Abitava sul "Parasio", il centro storico di Imperia, meglio, di Porto Maurizio dato che la città di Imperia era sorta dall'unione di vari comuni  tra cui Porto Maurizio ed Oneglia, i più importanti.   Aveva quarantasei anni suonati ed il tratto peculiare della sua esistenza, almeno fino a questo punto del percorso, era  stata la stanzialità.

Era nato sul "Parasio", lì aveva passato la giovinezza ; la scuola dove insegnava distava solo cinquecento metri da casa sua, sul "Parasio": dopo il matrimonio era andato ad abitare al numero civico quattro di Salita Gregorio De Ferrari, sul "Parasio"; con i genitori  aveva abitato al numero due ... di salita Gregorio De Ferrari, ovviamente. Non aveva preso in considerazione l'ipotesi di cambiare  appartamento,   zona o, addirittura,  città  neppure  quella mattina quando , tornato in tutta fretta a casa  durante l'intervallo delle lezioni per prendere il registro che aveva dimenticato, li aveva trovati così : abbracciati sul divano di cupa stoffa damascata.

Fu sua moglie a rompere l'imbarazzato silenzio, mentre lui si sentiva improvvisamente svuotato di ogni vigore e di ogni entusiasmo. - Ti prego, non avere reazioni inconsulte. Dobbiamo parlare - disse lei  mentre il tipo dai capelli brizzolati farfugliava qualcosa del tipo " forse è meglio che vada ". - Già, dobbiamo parlare.. - rispose mentre, tra se,  malediceva  la sua infantile fiducia. In seguito, appunto, continuò a vivere lì, da solo.

Semplicemente cambiò il divano, ecco tutto. Certo, ci furono altre relazioni ma nulla di serio ; tranne una volta con Amelia , ma  lei era fissata con Milano,  dato che era una creativa nel campo della pubblicità. - A Milano c’è solo l’idroscalo, ed io ho bisogno del mare ... – soleva  rispondere Enrico alla continua e petulante proposta. Poi anche Amelia andò via, a Milano …ad inventare spot. Il fatto di essere single aveva, naturalmente, i suoi  lati  negativi. Quello economico , per esempio. Stava andando in crociera . Sette giorni a  zonzo per l'Adriatico , con vari scali in alcune isole  greche; aveva scelto  proprio  quell' itinerario colpito dal titolo del depliant denominato " oro e turchese".                                                                                                                                                                                   Il costo della crociera era maggiorato dell’ottanta per cento  per la cabina singola, senza contare la tassa di iscrizione ed il pacchetto delle escursioni a terra. Perché aveva deciso di fare la crociera, a parte il depliant, non riusciva a spiegarselo.  Forse era rimasto affascinato dal resoconto di Antonio, suo amico di infanzia, scapolone incallito e noto tombeur de femmes . - In crociera si cucca !! - diceva .  E dire che tale resoconto riguardava un episodio avvenuto tanti anni prima.  D’altronde  di  Antonio gli era rimasto un bel ricordo.     

Non aveva voglia di leggere il romanzo di fantascienza che aveva portato con se, né tanto meno sfogliare ancora una volta "  La Repubblica".  Per questo i ricordi galoppavano senza soluzione di continuità dai giochi infantili al primo impiego e al matrimonio durato pochi mesi  per ritornare, poi, all'impegno politico degli anni settanta o alla leggendaria notte di "ItaliaGermaniaquattroatre", con gli amici, al " Bar Piemontese" ..... sul Parasio. Come nei sogni: una specie di confusione onirica che era , tutto sommato, un ottimo sistema per rilassarsi.  

A proposito di Antonio, rammentò quella volta che  sotto le Logge di Santa Chiara stava spiegando ad una prosperosa ragazza tedesca - sua preda estiva - il significato del nome "Parasio", scomodando, per l'occasione, il Parnaso  o il Paradiso ( in quale lingua si fosse espresso non è dato sapere, posto che l'unica parola teutonica conosciuta da Antonio era un verbo  all'infinito che significa " passeggiare"). Rimase molto male quando, mentre raccontava l'episodio agli amici del " Bar Piemontese",  qualcuno che aveva studiato  gli aveva fatto notare che il termine " Parasio " derivava, con ogni probabilità, da " palatium" inteso , topicamente, quale luogo di potere. Comunque sia, la conquista - a sentir lui – era andata a buon fine : questo era l'importante. Lasciata la stazione di Mestre , adesso l'intercity viaggiava  allegramente verso la laguna. Diede ripetute occhiate dal finestrino, riuscendo  ad intravedere il campanile della basilica di San Marco  nella straordinaria luce del pomeriggio estivo. Rilassato pregustava  quella che ben poteva essere una piacevolissima vacanza. Le premesse , a cominciare dall'alta pressione , erano buone.  Ma non fu  così.                                                            

II     Nell’atrio centrale dell’accettazione delle prenotazioni per l’imbarco era un vociare allegro ; non proprio indistinto , dato che Enrico si sentiva come quel protagonista di un film di qualche anno prima il quale , dopo essere stato morso da un lupo, aveva sviluppato enormemente i cinque sensi  prima di trasformarsi definitivamente in licantropo.  Profumi dall’aroma dolce o pungenti, alcuni decisamente nauseanti, si mescolavano nella calura  della hall. Donne pesantemente truccate avanti negli anni e invadenti uomini panciuti; ragazze dal corpo mozzafiato con vertiginose minigonne o con  pantaloni mimetici del tipo “ Saddam stiamo arrivando”  e trentenni palestrati ; tutti, a suo parere , discutevano  con voce troppo alta. Alcuni di loro dovevano avere corde vocali simili a grossi cetrioli.   

-A parte  il fatto che in crociera ti rilassi,  poi ogni giorno vedi un posto nuovo, senza trasferimenti  aeroportuali , fusi orari e quant’altro….

- Cioè, sequestrare una nave! Capisci… l’Achille Lauro, vabbè.. io me lo ricordo il fatto, è stata un’ eccezione …

-Ma i Kamikaze si possono far saltare in aria anche su una nave! Dopo l’undici settembre tutto è possibile.

-Non ha senso …..   Chiuse gli occhi per un attimo: immaginò i ponti inarcati e le cupole dorate , la fuori, poi gli acciottolati ed i vaporetti stracolmi di turisti. Guardò la prenotazione che teneva in mano, percorso dall’impulso irrefrenabile di stracciarla e di correre lontano da quella specie di serraglio.  Si stava avvicinando al bancone ; occhi luminosi ed eccitati scrutavano il molo dove era ancorata la nave, ornata da centinaia di bandierine colorate.  Due uomini   caricavano  enormi sacchi di patate.   Si accorse, improvvisamente dello smagliante sorriso dell’incaricata all’accettazione.

- Mi vuole mostrare la sua prenotazione, per favore?  Prontamente  le consegnò il tagliando sudaticcio che teneva in mano da circa mezz’ora.   La “Ragazza dal Sorriso Smagliante” scrisse qualcosa su un grosso quaderno; poi disse quasi ammiccante

- Avrà molte occasioni per  conoscere tante persone e fare amicizia con i croceristi, signor Mancinelli 

- Certo.

- Ore 13 e 45 la seconda colazione  e 20 e 45 il pranzo , va bene?

- Preferirei anticipare, è possibile ?

Ebbe la netta sensazione che la ragazza fosse seccata dalla richiesta, benché “ Il Sorriso Smagliante” non fosse scomparso dal suo volto; ma adesso era – come dire – di una buffonesca fissità. Digitò nervosamente qualcosa sulla tastiera del computer posto alla sua destra.

- Il primo turno, allora: la seconda colazione alle 12  ed il pranzo alle 19

- Grazie

- Il suo tavolo è il numero 8, vicino alla veranda, buona crociera signor Mancinelli. 

  La prima cosa che notò di lei furono i capelli: erano di un rosso fiamma, quasi abbaglianti ; poi il suo volto  straordinariamente pallido e gli occhi di un azzurro purissimo. Quello che colpiva era la sua inespressività . Se ne stava in piedi con le mani sul grembo  accanto ad uomo piccolo , grasso e quasi calvo , di molti anni più anziano di lei, fissando un punto non determinato, mentre lui parlava con un altro signore, anch’egli piuttosto avanti con gli anni e molto  elegante : un temerario dato il caldo che faceva ; vestiva, infatti, un blazer, pantaloni e camicia bianchi ed aveva un foulard blu a pois gialli al posto della cravatta.       

- ... e ti dico che nemmeno ai tempi della grande crisi si era verificato un trend borsistico negativo di tale durata. Ormai abbiamo toccato il fondo , caro il mio marinaio…. e se dai retta  a me , fai uno spezzatino! diversifica…  

 La donna portava un tailleur di lino color ruggine; giacca  con le maniche corte e pantaloni. Non sembrava un abbigliamento adatto ad una crocerista. Quando le passò accanto, si accorse che lo stava osservando. I suoi occhi azzurri sembravano sorridergli, ma a lui parve un sorriso grave , quasi una richiesta di aiuto. Benché la vita lo avesse reso piuttosto scettico nei confronti delle donne, non poté  fare a meno di provare una attrazione strana che non era solo fisica. Quella donna voleva comunicare qualcosa ; sembrava ad Enrico che, in quel momento, nella sua mente si fosse creata una incontrollabile facoltà di intuizione  e che tale facoltà fosse stata in qualche modo posta in essere da quella donna. Passò accanto a loro rapidamente, uscì  dall’atrio e si avviò speditamente verso il molo.                    

 III   Restò in piedi con le mani in tasca a guardare l’interno della cabina, mentre si deliziava del discreto e rinfrescante soffio del condizionatore , graduato al punto giusto, non come quello del treno. Era una cabina interna. La stanza era piccola, ma funzionale. Sul comodino, vicino al telefono, erano stati posti , in bella mostra, alcuni depliant e volantini. Un cesto di frutta di stagione faceva capolino da un mezzo tavolo di legno ciliegio sotto il quale v’era un piccolo frigorifero.  Si sedette sul letto, prese uno dei fogli plastificati che titolava “ programma della giornata”. Su un altro volantino lesse : “ il Comandante sarà lieto di dare il benvenuto ai signori croceristi alle ore  diciassette e trenta nella sala feste.”  Stava  pensando a quella donna . L’avrebbe rivista molte volte, durante la crociera. Quanti anni  poteva avere? non era più giovanissima, di questo si era accorto immediatamente, così come aveva subito notato la sua straordinaria e, per certi aspetti, innaturale bellezza. Ma c’ era qualcos’altro.

I loro sguardi si erano incrociati solo per un attimo, e da quel momento si era sentito in una vaga ma fastidiosa condizione di inquietudine e di tensione e ciò gli appariva inesplicabile. Era lo sguardo di una  donna affascinante che non aveva nulla di allarmante, tuttavia era  sorprendentemente conscio del fatto che lei avesse individuato in lui il possibile depositario di qualsiasi confidenza o confessione. Un pensiero decisamente bizzarro. Ma altri si accavallavano: chi era quella specie di barilotto che l’accompagnava, Il suo amante? Suo marito? Suo padre? Sarà stato più anziano di lei di almeno vent’anni. Scosse la testa e si alzò in piedi .

- In crociera si cucca! – disse ad alta voce. Cinque minuti dopo era sotto la doccia e fischiettava allegramente.          

-  Mi chiamo Massimo Ivaldi, sono il Comandante , le do il benvenuto  - Enrico, un po’ sorpreso, strinse la mano tesa  del comandante .  

- Prego – disse un cameriere  giovanissimo  dai tratti orientali sporgendo il vassoio degli aperitivi che sosteneva con la mano sinistra. Prese un calice  colmo di liquido arancione , dentro il quale faceva bella mostra una grossa oliva  infilzata da uno stuzzicadenti  e proseguì. Si guardò intorno.  Gruppi di persone parlavano sempre troppo forte ; non era poi una situazione molto diversa da quella   già vissuta nella hall dell’imbarco. Riconobbe l’anziano signore in blazer , solo che ora vestiva una Lacoste salmone e un paio di jeans.

Si accorse della ragazza con i pantaloni mimetici, notò, adesso, che portava una canottiera nera che lasciava scoperto l’ombellico. Vicino alla pedana degli orchestrali ,  si accorse della  coppia che tanto lo aveva colpito. Lei era appoggiata  alla parete, le mani dietro la schiena; il “ barilotto” suo compagno le stava parlando. Si avvicinò a loro   fingendo di essere interessato  ai videogiochi posti più avanti. Sorseggiava l’ aperitivo cercando di  sentire cosa lui le stesse dicendo . Riuscì a comprendere “ senti… la crociera …. Sei tu  che l’ hai proposta … io non voglio una donna per forza!“ . 

Il tono di voce del barilotto si alzò improvvisamente:- ora mi hai rotto i coglioni! Poi girò i tacchi e si avviò speditamente verso il punto di riunione . Con le mani in tasca  ed il busto sporto in avanti sembrava un’  oca pronta ad attaccare  in caso di pericolo.         

“ E’ proprio incazzato “ pensò Enrico mentre andava   verso la veranda  descrivendo un ampio semicerchio . Lei era rimasta vicino alla pedana , lo stava  guardando .. e sorrideva. Era  un sorriso  esplicito, luminosissimo,  insistente,intenso , così intenso da imbarazzarlo piacevolmente. Si fermò incantato; i denti della donna erano bianchissimi , regolari ed esercitavano in lui un’attrazione fortissima , più forte della seduzione  dei suoi  occhi azzurri o del suo corpo.  A quel sorriso rispose alzando la coppa in alto  , sorridendo a sua volta, poi si allontanò rapidamente dopo aver posato il bicchiere  sul videogioco.   

Uscì sul ponte.  Che idiota! non aveva trovato di meglio  da fare che brindare alla salute !  Rientrò subito. Voleva parlare con quella donna. Guardò verso la pedana, ma lei non c’era più.  Udì tre suoni prolungati, guardò verso l’esterno : la nave si stava muovendo tra gridolini di gioia della gente assiepata a prora  , battimano ed incipit  quali  : “ E’ VAI ! “.  La crociera era cominciata.    

IV    Alle sette   era già seduto a tavola, per cenare. Era depresso. Poco prima si era sorbito la presentazione delle escursioni a terra . La relazione tenuta dall’ufficiale in seconda era piena di frasi retoriche .

- Questo è un viaggio alla scoperta della culla della civiltà occidentale ! - L’ufficiale  trovò anche il tempo per informare  i croceristi circa la sicurezza del viaggio:  nessuna carretta del mare era stata avvistata, fino a quel momento, dalla Guardia Costiera di Monasterace Marina.

- Sono proprio contento di non avere albanesi in mezzo ai coglioni! “ – pensò ironicamente mentre sgranocchiava il terzo grissino. La sala da pranzo si stava rapidamente riempiendo. Si chiese chi potevano essere i commensali del suo tavolo, ma non fu sorpreso quando vide arrivare la coppia : non riusciva a spiegarselo ma si aspettava che il barilotto e la sua enigmatica compagna  si sarebbero seduti al tavolo numero otto, vicino alla veranda.  

- Subito le presentazioni – disse il barilotto –  pranzeremo assieme per sette giorni e dobbiamo fare amicizia.

Era già infastidito dal tono apparentemente cordiale dell’uomo. Lei indossava ancora il tailleur di lino color ruggine che aveva già notato precedentemente .. e sorrideva. Un sorriso luminoso.  Per un attimo si lasciò inebriare dal profumo che emanava la donna , un profumo intenso ma raffinato.  

- Giancarlo Santinato , piacere –   Guardò per un attimo la mano tesa dell’uomo, poi si alzò e la strinse 

- Enrico Mancinelli

–  Questa è la mia  ragazza, Paula – riprese il barilotto.   Tutto si aspettava dal barilotto ma non che  presentasse  quella donna  come “ la sua ragazza “. In verità era pronto a sentire “ la mia compagna; mia moglie; mia figlia “  persino “ mia nipote”. Ma non “ la  mia ragazza “.

Quell’uomo  non conosceva il senso del ridicolo.   

-Lei è  polacca – riprese il barilotto – ma è in Italia da tempi non sospetti, c’ era ancora il muro di  Berlino ! vero ninì ?-  Le diede un buffetto sulla guancia . Enrico si rese conto  che non avrebbe sopportato quell’uomo ancora per molto.   Si accorse che il sommelier stava prendendo le ordinazioni  del primo tavolo sulla sinistra; Considerò che la cena sarebbe durata  almeno un’ora ; nessun altro ( o altra)  crocerista aveva preso  posto accanto a lui.  Decise di intervenire  per troncare sul nascere il probabile monologo dell’uomo. Si rivolse alla donna

- Lei è in Italia da molto tempo ?

– Da quando ero bambina – rispose , poi si voltò verso la veranda.    Tu  dovresti saperlo……   Appena un sussurro, ma era sicuro di avere sentito quella frase.  Per un attimo si sentì stordito , confuso.  

-Uelà! Entriamo mica troppo in confidenza , io sono milanese ma geloso come un terrone! - Il silenzio del signor Santinato era durato circa trenta secondi. Come lo aveva  chiamato il cameriere? Piatto di mezzo ?  Non immaginava esistesse un “piatto di mezzo “ tra la prima portata e la pietanza. Il pranzo sarebbe durato più a lungo di quanto aveva preventivato ed il barilotto continuava a parlare, a bere ed a mangiare. Un trittico disgustoso. 

-Buono! Proprio buono il vino.. aveva ragione , professore, questo “ bianco di Portofino è ottimo.  Cosa le stavo dicendo? Ah si , i polacchi. Io sono un imprenditore ma ho un caro amico comunista e sa cosa mi ha detto una volta? Avete voluto abbattere il muro di Berlino e questo è il risultato! –  Restò circa un paio d’ore nel salone delle feste. Se ne andò quando era in pieno svolgimento il  “trenino “.  Accompagnato da musica brasiliana, il serpente umano diventava sempre più lungo. In testa , manco a dirlo, c’era il barilotto. Enrico aveva le mani poggiate delicatamente su un paio di fianchi generosi. Paula era rimasta seduta, stava accarezzando il bicchiere ancora  colmo sino all’orlo del  suo long drink   … e lo guardava.  

- Mi scusi – staccò le mani dai  fianchi generosi e si avviò verso di lei.    

-  Ho un po’ di nausea, credo che andrò a dormire

– Il mare è liscio come l’olio

– Ho solo mangiato troppo , non soffro il mal di mare.   Paula volse lo sguardo verso  la pista - Giancarlo continuerà a ballare ed a bere finche non crollerà sfinito. -Lei non balla?

-  Francamente pensavo di fare un po’ di conversazione - Non si rese conto , subito, di quanto fosse diretta e confidenziale la domanda.

- Perché stai con lui?

-  Mi mantiene – rispose immediatamente, caustica , guardandolo negli occhi, come un giocatore di poker al momento del rilancio della posta .  Per un attimo il suo volto  sembrò aver perso tutta la dolcezza e la luminosità che lui aveva  creduto di  scorgere  in ogni  suo sguardo per assumere un aspetto aspro.. e freddo.  Sentì che la nausea stava aumentando;  l’orchestra stava suonando “ La  ragazza di Ipanema “.

- Buona notte, Paula

– Signor Mancinelli – Stava entrando in cabina quando la ragazza  bionda lo chiamò-Si ?

-Mi   scusi , ma dovrei fare una fotocopia del suo documento di identità 

-Per quale  motivo?

- È la prassi – disse la biondina allargando le braccia – venga con me all’ufficio postale, ci sbrigheremo in un attimo.

Quando la ragazza si voltò per fotocopiare la sua carta di identità ,  notò  due tessere sul bancone, a sinistra . Con la coda dell’occhio lesse “ Santinato Giancarlo“. Con la mano sinistra aprì  i documenti : “ Milosz  Paula nata a Czestochowa (PL) il 10 novembre 1959 nazionalità italiana”, con il dito indice fece scorrere la tessera in alto, sotto lesse : “ Santinato  Giancarlo nato a Sesto San Giovanni il 24 aprile 1940……..   Ritrasse immediatamente la mano quando la biondina si volse di scatto

- Ecco fatto  - gli consegnò il documento – grazie, signor Mancinelli , mi scusi ancora e buonanotte.

Le mani dietro la nuca, stava osservando il soffitto della cabina.  Diciannove  anni di differenza!  Certo , Paula non era più una ragazzina di “primo pelo”, come era solito dire Antonio ,anzi… ma diciannove anni di differenza ….. Rise. Il signor Santinato mangiava come un lupo , beveva  come una spugna  e ballava come un tarantolato. Chissà se anche le sue prestazioni sessuali erano ….eccessive. Di questo passo, quanto avrebbe potuto resistere il barilotto prima dell’inevitabile attacco cardiaco ? Spense la luce laterale  “ in crociera si cucca “ disse ad alta voce.   Si alzò di scatto a sedere sul letto. Era sicuro. Quello che aveva sentito , per quanto lo riguardava, gli risultava chiarissimo. Si trovava nel bel mezzo del mare Adriatico; non aveva notato cani o altri animali . Né era a conoscenza di qualche deroga al  probabile divieto di portare animali in crociera. Eppure ne era più che convinto : quello che aveva sentito era un ululato.   

 V   Elvira si avviò verso la campagna di Massabovi che non era ancor l’alba. Suo padre Giordano stava già caricando zavorra su una fregata genovese e avrebbe anche aiutato quei figli di corsari della foce a recuperare ciò che si poteva dal relitto di un vascello naufragato  tre giorni prima a causa di una terribile burrasca che pareva il vento di San Biagio. Giordano non pensava tanto a quel che ci sarebbe stato da guadagnare, ma sopratutto voleva  farsi conoscere da quelli che lavoravano la pasta e che avevano amicizia con gli eccellentissimi pattieri, per dimostrare che lui, umile tirabotti, era avvezzo a cento mestieri e certo non aveva paura del mare.  

Egli temeva i pattieri perché aveva sentito dire che loro , d’accordo con tutti i magnifici del Vicariato di Porto Maurizio , avevano intenzione di ripulire le case da tutti i vagabondi  e gli scrocchi per farne siti onorevoli e si lamentavano, anche, di quanto sporche fossero le strade e del rischio di epidemie . Da quando sua moglie Candida era morta, era diventato iracondo e ubriacone . Un giorno, quando si era messo di buona lena a lavar le sanse , era talmente ubriaco che rovinò sopra un grosso fusto d’olio rovesciandolo : fu cacciato in malo modo. Candida era una donna dolce, timorata di Dio, e godeva di grande rispetto; era una sarta apprezzata, tanto che una volta fu chiamata a rendere servizio a casa dell’Illustrissimo Pasquale Gastaldi. La donna morì il giorno in cui i francesi bombardarono Oneglia: reclinò di lato il suo dolce viso e spirò mentre i fragori ed i botti provenienti dal mare facevano tremare il letto sudato.

Se ne era andata per colpa della febbre, lasciando una fanciulla di quattordici anni ed un uomo debole e disperato. Erano passati due anni da quel giorno ma Giordano non aveva dimenticato. A quattro botti si alzò dal letto e, guardando verso il soffitto a volte, mandò un bacio a mezz’aria  .

- Prega per me, Candida, - sussurrò. Era buio pesto ed il portinaio non aveva ancora spalancato le porte della città. Voleva esser alla foce prima dell’alba. Guardò con la tenerezza di cui era capace , quando non era pieno di vino come un otre, la fanciulla che dormiva nel giaciglio vicino al catino della brace ormai spenta. Prese una brocca colma d’ acqua sporca e la rovesciò sui tizzoni carbonizzati. Chissà, il fuoco poteva ancora covare e non voleva che a lui capitasse la sciagura che colpì la famiglia del beccalino che trovò il figlio morto, soffocato dal fumo. Elvira era il suo cruccio: stava crescendo male; non voleva saperne dei lavori domestici e per giunta aveva preso l’abitudine di scorribandare per le fasce e faceva cose bizzarre come parlare con gli alberi.

L’uomo la osservò per qualche istante , le accarezzò la fronte , poi si vestì , prese mezza pagnotta avanzata dalla cena della sera prima, la sistemò sotto la cintola dei calzoni bisunti ed uscì.  Lesta e silenziosa, Elvira era uscita poco dopo. Sgusciò furtivamente oltre la porta del borgo nel momento in cui Pirro Mela il portinaio si era chinato a bloccare i battenti con la spranga. Temeva di incontrare quel guardacampagna che aveva un vocione terribile come quello di domineddio il giorno del Giudizio. Finalmente giunse nel posto bellissimo che aveva scoperto alcuni giorni prima assieme a Filippo, il figlio del gombarolo del frantoio di  Terzorio. Aveva un appuntamento con Filippo.  

Era, quel posto ,un piccolo prato che, in mezzo alla fasce, rimaneva un po’ infossato tanto da sembrare una conca naturale. Al centro si ergeva un ulivo vecchissimo le cui radici uscivano fuori dal terreno e si protendevano tutto intorno come serpi. Elvira si era accovacciata sotto l’ulivo. Tra non molto sarebbe arrivato il  ragazzo che amava , benché fosse più giovane di lei di tre anni. Il vento cominciava a soffiare. 

Appena  il sole sarebbe stato alto , avrebbe potuto  scorgere il mare : uno   spicchio di azzurro.Quel tanto che- lei rannicchiata sotto l’albero-l’affossamento del  terreno gli consentiva di vedere. In quel luogo Elvira  era  felice. Sentiva il rumore delle piccole foglie argentate scosse dal vento. Si lasciò cadere sulla schiena. Che cos’era mai stato quello strano brivido che aveva avvertito in tutto il corpo  quando, la domenica passata, il tiramantici le aveva  improvvisamente posato le mani sui fianchi dicendole: - dammi strada , figliola, che mi  aspettano i sacri lavori !- Corrucciò la fronte; sarebbe tornata presto a casa. L’ultima volta si era attardata di molto perché aveva smarrito il sentiero. Raggiunse la fondura quando, ormai, il sole era calato. Si era anche lacerata la veste e ferita le ginocchia saltando giù dalle fasce.

Dalla fondura , poi, aveva fatto un percorso più lungo per evitare suo padre , credendo che la stesse aspettando alla porta di Martino, quella portata via  dai genovesi. Invece lui era proprio dove Elvira credeva non fosse: alla porta di San Giobatta.

Quel giorno Giordano la picchiò con un ramo secco , imprecava in modo orribile e aveva il volto paonazzo dall’ira

- Piccola carrampana, figlia di un miserabile meccanico che sono io! Ma non hai cuore, dunque, che è tutto il giorno che ti cerco. Dal Capitano! Dal Capitano ti porterò  una volta o l’altra . Maledetta! Ma lo sai che sono già due botti che è suonata la burrasca?

 -Non v’è burrasca, padre –  rispose lei senza timore – in piazza è ancor pieno di banchi”. Suo padre smise di batterla; era incredulo. Quella sfrontata aveva il coraggio di rispondergli e pareva non avvertire dolore per le botte ricevute.   Questo non sarebbe più accaduto; Giordano stava lavorando sodo e le ore di sole erano ancora tante. Non poteva  immaginare i formidabili  accadimenti di quel giorno che  le avrebbero lasciato un segno indelebile nel profondo dell’animo.

Si alzò da terra , prese due sassi cominciò a percuoterli l’uno contro l’altro ritmando una filastrocca che le aveva insegnato Candida:  

- pescatore non cantare se ti trovi in alto mare tutti i pesci fai scappare la burrasca fai arrivare –  Lasciò cadere i sassi.    

- Oè , Elvira – Filippo fece capolino dietro un cespuglio di ginestra. Lei sorrise. Filippo stava guardando in basso, in direzione della città mentre da molto lontano, in un punto non determinato d’oriente , il sole si stava alzando, dapprima lentamente , poi con improvvisa gran prestezza.

Era  il giorno otto di aprile dell’anno del Signore 1794. Inquietamente , il mare brizzolato dal levantino si andava ad infrangere contro pochi massi sterrosi e alcuni scogli aldilà dei quali, polverosa , si snodava parte della nuova carrozzabile qua e là resa parzialmente solida con la breccia. Più in alto il colle, il palatium.

Dapprima, in basso, uno sparuto gruppo di case di pietra serena e poi alcune terrazze dal cui terreno s’arrabattavano rari filari di vite vermentina e pochi ciuffi di cipolla d’ascalonia. Più in alto le mura, i bastioni, i fossati…..      

                                           Continua...

 

Redazione

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