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Sanremo Ospedaletti | 14 giugno 2018, 08:01

Il presunto passaggio di Dante da Sanremo verso la via Iulia e la Costa Azzurra nel 1302

Nel racconto del nostro lettore Pierluigi Casalino

Il presunto passaggio di Dante da Sanremo verso la via Iulia e la Costa Azzurra nel 1302

Non disponiamo di documenti che attestino la certezza del passaggio di Dante dalla Turbia, ma il transito dell'esule Alighieri sulla Via Iulia, nell'estate del 1302, proveniente dall'ospitale San Romolo di Sanremo, (naturalmente non così ricettivo come è oggi) in direzione di Nizza, per poi dirigersi alla volta dell'Università di Parigi (dove rimase fino al 1304), appare circostanza storicamente assai credibile, come si evince dallo stesso Canto III del Purgatorio, versi 46-51.

E Dante non è un bugiardo o un mitomane per inventarsi una simile storia, aldilà della sua alta fantasia. Va precisato, ad onor del vero, che Dante, come in genere chiunque si fosse trovato a varcare quella zona impervia, non poteva che riferire la difficoltà di un percorso descrivibile solo sperimentandolo di persona. Dante canta quelle "erte rocche" e dice appunto : "Noi divenimmo intanto a piè del monte, quivi trovammo la roccia sì erta, che 'ndarno vi sarien le gambe pronte tra Lerici e la Turbia, la più diserta, la più romita via è una scala, verso di quella, agevole ed aperta" (verso la Provenza cioè). D'altra parte la dominazione genovese, affermatasi appena di recente nell'estremo territorio ligure di Ponente, non era molto interessata a rendere agevole il percorso via terra, in forza del suo straordinario potere navale e della fortuna dei suoi commerci marittimi.Nel Trecento l'antica strada romana era ormai interrotta in più punti e a Genova non conveniva assicurare autonomia di movimento alle città ancora ribelli.

La situazione apriva pure spazi al brigantaggio, che i genovesi non cercavano di reprimere, forti della loro egemonia sul mare, considerando l'illegalità dei briganti un ottimo rimedio alla stagnante economia del posto. Il tratto della Turbia era tuttavia uno dei più conservati e, per tale ragione, l'esule Dante, che si tenne alla larga però, dal Principato monegasco, allora in mano ai guelfi, volle ricordare quel luogo, prima di raggiungere Nizza. Il Trofeo delle Alpi non è una competizione sportiva come il Rally di Sanremo o di Montecarlo o come qualsiasi altra gara. In questo caso lo sport non c'entra proprio nulla e, anche volendo risalire alle antiche Olimpiadi panelleniche, non si trovano altre esperienze di premi o trofei che si possano riferire al Trofeo delle Alpi. Si tratta di una cosa ben diversa ed è nota soprattutto come Trofeo di Augusto, che ne ordinò la costruzione nel 6 a. C., come grandiosa torre-santuario visibile da lontano dai viandanti e dai naviganti, al fine di ricordare e celebrare la vittoria dell'imperatore romano sui barbari dell'arco alpino. Era (ed è tuttora) il Trofeo di Augusto, dunque, un immenso edificio circondato da colonne, alto 50 metri, del quale restano imponenti rovine che sorgono sull'odierno Principato di Monaco (città ligure e poi greca, secondo la tradizione di Ecateo di Mileto oltre che consacrata ad Ercole), sulla rocca de La Turbie, La Turbia di Dante: un autentico belvedere affacciato sulla Costa Azzurra, distante dalla ressa di Montecarlo e dal suo richiamo mondano.

Trofeo delle Alpi e non Trofeo del Mare, verso cui guarda, perché sorge sul colle più alto dell'antica Via Iulia Augusta, al confine tra la provincia ligure e quella gallo-narbonense, ma comunque collocata nell'Italia storica e geografica dagli storici e dai dai geografi antichi prima di Strabone e da Strabone in poi,in un luogo in cui cominciano le Alpi Marittime. Sul grandioso basamento frontale del Trofeo è scolpita nel marmo una lunga ed articolata iscrizione che celebra appunto Augusto per il suo successo riportato sui 46 popoli che andavano dal Mare (Ligure) alle Alpi. Monumento emblematico della latinità, il Tropheum Alpium de La Turbia, oggi, purtroppo poco noto ad una società che ha perso la memoria del proprio passato, oltre ad aver smarrito il senso critico e la capacità di argomentare, rientra nel lascito ligustico-celtico-romano. De La Turbia e del suo monumento e della ricchezza d'acqua del luogo, dovuta ai Romani, si legge anche nel famoso libro del 1838 L'Italia descritta e dipinta con e sue isole" E' un retaggio ideale che abbraccia il vasto arco di regione che da Marsiglia (la cui costa era abitata in origine da genti liguri, prima che i Greci della Focide vi fondassero l'attuale città) porta a Luni (nei dintorni dell'odierna La Spezia e anch'essa celebrata dal Sommo Poeta): retaggio che esaltò, in Rutilio Namaziano, l'ultimo vate dell'eterna Roma imperiale, la vocazione straordinaria di una civiltà universale che travalicò le minuscole e meschine logiche particolari.

L'Europa dei nostri giorni nostri, per sopravvivere alla crisi, dovrebbe recuperare, ampliandolo, quell'antico messaggio di accoglienza e di convivenza nel segno del diritto, di cui l'Urbe ci fu maestra, concedendo la cittadinanza romana ai suoi sudditi, salvo limitate eccezioni, come segno di assimilazione ed unione politica. I Liguri furono tra i primi popoli ad essere integrati nella romanità. Non fu un caso, infatti, che nel 1977 lo studioso francese Lucien Richier scoprì l'allineamento zodiacale tra La Turbie e Roma. La Liguria, in particolare quella di Ponente, con il magnetismo che già Matuzia e l'isola Gallinara di fronte ad Albenga, per fare degli esempi, esercitavano sugli antichi Romani, suscitò in quell'epoca un grande fascino, diremmo da "dolce vita". Un fascino che suggestionò molti imperatori e altri personaggi noti e meno noti della Città Eterna e del mondo latino. 

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