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Sanità | 22 aprile 2018, 07:05

Abbiamo imparato a mangiare dai Templari? Ne parliamo con Giorgio Bottani, Chirurgo specialista nel trattamento degli obesi

Questo mese ci illustra, come i dettami e le regole impartite dai famosi "Templari", non siano poi così sbagliate e si avvicinino molto alla nostra dieta.

Abbiamo imparato a mangiare dai Templari? Ne parliamo con Giorgio Bottani, Chirurgo specialista nel trattamento degli obesi

Ritroviamo nel nostro spazio Il Professor Giorgio Bottani, Chirurgo specialista nel trattamento degli obesi. Il Professore ormai si definisce “Sanremese di adozione”, in quanto si divide tra Pavia e Sanremo, nella sua mission medica. Questo mese ci illustra, come i dettami e le regole impartite dai famosi "Templari", non siano poi così sbagliate e si avvicinino molto alla nostra dieta.

ABBIAMO IMPARATO A MANGIARE DAI TEMPLARI?

Sui Pauperes commilitones Christi templique Salomonis (Poveri compagni d’armi di Cristo e del tempio di Salomone), o meglio conosciuti con il semplice nome di Templari, se ne dicono un po’ di cotte e di crude, come su tutti quegli argomenti intorno ai quali la storiografia ufficiale non è riuscita ad arginare l’alone di mistero che si è formato nei secoli.

Recentemente è stata pubblicata una ricerca realizzata dal dott. Francesco Franceschi, direttore del reparto di medicina d’urgenza al Policlinico Gemelli di Roma, insieme ai colleghi Roberto Bernabei, Giovanni Gasbarrini e Peter Malfertheiner dal titolo «The diet of Templar Knights: Their secret to longevity?», sulla rivista scientifica internazionale Digestive and Liver Disease.

Lo stile di vita di questi monaci cavalieri fissato dalla famosa Regola redatta da San Bernardo, redatta a Troyes nel 1129 ricalca, sostanzialmente, quella circestense. La Regola fu “innovativa” anche per una serie di norme sul cibo e sul comportamento alimentare.

“Una dieta che ha portato 314 Cavalieri Templari, uno dei più noti ordini religiosi cavallereschi cristiani, in molti casi a superare i 70 anni al processo che li vide protagonisti nel 1321. La spiegazione potrebbe risiedere nell’effetto positivo esercitato sulla flora intestinale da questa alimentazione, più sana rispetto a ciò che si mangiava nel Medioevo. Una fonte naturale di probiotici che ha effetti positivi e protettivi sulla flora gastrointestinale”.

Nell’indagine condotta sui documenti dell’epoca e del processo, si è ha evidenziato come la dieta di questi monaci-soldati li ha aiutati a vivere più a lungo della media, in un periodo dove l’aspettativa di vita oscillava tra 25 e 40 anni. Nel Medioevo – evidenzia lo studio – l’alimentazione era ricca di grassi e calorie, si consumava molta carne nelle classi più ricche e la gotta era una delle patologie più diffuse. Come l’obesità, simbolo di ricchezza e opulenza, il diabete mellito e i livelli di colesterolo e trigliceridi erano molto alti.

“La dieta dei Templari, molto era “moderna” e se vogliamo, antesignana della dieta Mediterranea, combatteva tutte queste malattie – avverte Franceschi – poca carne (2 volte a settimana), molti legumi (tre piatti a settimana), che sono potenti probiotici, il pesce era molto frequente, l’acqua addizionata con la spremuta di arance per arricchire la carica anti-batterica. Al vino, razionato, aggiungevano polpa di Aloe, una pianta dotata di azioni antisettiche e funghicide molto utile nei Paesi con climi desertici caldi”.

“La longevità è stata una caratteristica peculiare dei Templari, secondo i documenti storici analizzati: Hugues de Payens morì a 66 anni; l’ultimo gran maestro Jacques de Molay quando fu ucciso, dopo 7 anni di prigione, aveva 67 anni. Al tempo – rileva Franceschi – questa eccezionale dote era attribuita a uno speciale ‘regalo’ divino, ma in realtà dietro c’erano abitudini alimentari e igieniche codificate in regole da Bernardo di Chiaravalle”.

Oltre alle regole scritte, i Cavalieri Templari avevano anche principi di comportamento da rispettare per evitare la diffusione delle infezioni: era obbligatorio per tutti lavarsi le mani prima di mangiare, il refettorio dove si riunivano per consumare i pasti doveva essere ben tenuto e con tovaglie linde sempre pronte. Era bandita la caccia a fini alimentari, mentre furono proprio i Templari a dedicarsi all’allevamento del pesce. Un alimento molto presente nel loro regime alimentare, insieme ai formaggi, la frutta fresca e l’olio d’oliva.

“I Templari consideravano i frutti di mare un ottimo sostituto della carne, in questo modo beneficiavano dell’effetto positivo degli acidi grassi omega-3 sui livelli ematici di colesterolo e trigliceridi, oltre all’effetto antiossidante e antidepressivo dei molluschi.

I Cavalieri mangiavano in silenzio, nel refettorio, su tavolate di grandi dimensioni ricoperte da tovaglie bianche (solo il Venerdì Santo apparecchiavano senza tovaglia), uno di fronte all’altro, dotati di una scodella di corno o di legno e un calice (che variava secondo i giorni, se feriali o festivi), un cucchiaio e un coltello.

La forchetta all’epoca non era molto conosciuta, se non alla raffinata corte di Costantinopoli, e poi portata nell’XI secolo presso i veneziani da una principessa bizantina andata in sposa al doge Domenico Selvo (all’epoca si mangiava con le mani), e si suppone che da Venezia si sia diffusa gradualmente in tutte le corti della penisola e nel resto del continente.

Durante i pasti ascoltavano una lettura sacra. Il cibo non andava mai sprecato, le portate e le porzioni erano adeguate alle esigenze individuali e del contesto locale (in base ai servizi cui dovevano provvedere e alle situazioni contingenti oltre che al clima locale e stagionale, per cui la dieta differiva tra i templari del continente europeo e quelli in Terrasanta), gli eventuali avanzi venivano dati ai bisognosi.

Rimane un mistero ancora oggi il perché i Templari in Terra Santa soffrissero di epistassi, anche se si presume fosse un disturbo correlato all’alimentazione. Si sospetta potesse trattarsi di un progressivo seppur non letale avvelenamento, una sorta di sabotaggio alimentare, nel tentativo di indebolirli e renderli meno temibili in battaglia …

Si suppone che sia stato proprio San Bernardo di Chiaravalle, colui che stilò la Regola fornendo all’Ordine “un ordine”, collegandolo nella sfera monastico religiosa, con tanto di appendice De laude novae militiae ad Milites Templi fino a farlo diventare il braccio armato sotto diretto comando del Papa, svincolandolo dall’altra gerarchia ecclesiastica, ad aggregare alcuni suoi parenti, appartenenti alla Rex Deus, e costituire l’Ordine per poi fondare nel Principato di Seborga un’abbazia all’interno della quale conservare tutti i tesori/documenti.

Non c’è dunque da stupirsi che grazie a uno stile alimentare corretto, grazie alla cottura degli alimenti e a una dieta che risultava variegata per via delle indicazioni di rispettare i giorni di grasso o di magro, si godesse di maggior salute.

Per quel che riguarda il vino, per quanto riconosciuto come bevanda “pericolosa” non possiamo evidenziare la stessa rigidità o forse tolleranza esplicita di San Benedetto. Il vino fa parte dello stile alimentare templare, rientra nelle loro abitudini alimentari, anche se ovviamente diluito. I Templari, inoltre, erano produttori di vino ed erano soliti variegarlo con spezie o altri tipi di frutta, ma alla stregua di altri ordini monastici, o del buon senso comune (avvertimenti a tal proposito sono presenti sin dall’antico Egitto), dovevano attenersi a una corretta quantità di bevanda inebriante, insomma, si poteva bere con moderazione senza ubriacarsi! Altrimenti? Via dall’Ordine!

L’uso della carne per i Templari doveva essere così gestito vedi cap. X (dalla Regola)

Quindi non è vero che la longevità dei Templari fosse riconducibile al non consumo di carne, perché come appare evidente, i cavalieri erano esonerati dall’astensione, mantenendo viva una tipica usanza di “grasso” e “magri” che ha sempre “condizionato” il calendario cristiano. 

DALLA REGOLA DEL TEMPIO (1128) redatta dall’abate Bernardo di Chiaravalle

VIII - Il riunirsi per il pasto
In un palazzo, ma sarebbe meglio dire refettorio, comunitariamente riteniamo che voi assumiate il cibo, dove, quando ci fosse una necessità, a causa della non conoscenza dei segni, sottovoce e privatamente è opportuno chiedere. Così in ogni momento le cose che vi sono necessario con ogni umiltà e soggezione di reverenza chiedete durante la mensa, poiché dice l'apostolo: Mangia il tuo pane in silenzio. E il Salmista vi deve animare, quando dice: Ho posto un freno alla mia bocca, cioè ho deciso dentro di me, perché non venissi meno nella lingua cioè custodivo la mia bocca perché non parlassi malamente.

IX - La lettura
Nel pranzo e nella cena sempre si faccia una santa lettura. Se amiamo il signore, dobbiamo desiderare di ascoltare attentamente le sue parole salutifere e i suoi precetti. Il lettore vi intima il silenzio.

X - Uso della carne
Nella settimana, se non vi cadono il Natale del Signore, o la Pasqua, o la festa di S. Maria, o di tutti i Santi, vi sia sufficiente mangiare tre volte la carne: l'abituale mangiare la carne va compresa quale grave corruzione del corpo. Se nel giorno di Marte cadesse il digiuno, per cui l'uso della carne è proibito, il giorno dopo sia dato a voi più abbondantemente. Nel giorno del Signore appare senza dubbio, opportuno dare due portate a tutti i soldati professi e ai cappellani in onore della Santa Resurrezione. Gli altri invece, cioè gli armigeri e gli aggregati, rimangono contenti di uno, ringraziando.

XI - Come debbono mangiare i soldati
E' opportuno generalmente che mangino due per due, perché l'uno sollecitamente provveda all'altro, affinché la durezza della vita, o una furtiva astinenza non si mescoli in ogni pranzo. Questo giudichiamo giustamente, che ogni soldato o fratello abbia per sé solo una uguale ed equivalente misura di vino.

XII - Negli altri giorni siano sufficienti due o tre portate di legumi
Negli altri giorni cioè nella seconda e quarta feria nonché il sabato, riteniamo che siano sufficienti per tutti due o tre portate di legumi o di altri cibi, o che si dica companatici cotti: e così comandiamo che ci si comporti, perché chi non possa mangiare dell'uno sia rifocillato dall'altro .

XIII - Con quale cibo è necessario cibarsi nella feria sesta
Nella feria sesta riteniamo lodevole accontentarsi di prendere solamente un unico cibo quaresimale per riverenza alla passione, tenuto conto però della debolezza dei malati, a partire dalla festa dei santi fino a Pasqua, tranne che capiti il Natale del Signore o la festa di S. Maria o degli Apostoli. Negli altri tempi, se non accadesse un digiuno generale, si rifocillino due volte.

XV - Il decimo del pane sia sempre dato all'elemosiniere
Benché il premio della povertà che è il regno dei cieli senza dubbio spetti ai poveri: a voi tuttavia, che la fede cristiana vi confessa indubitabilmente parte di quelli, comandiamo che il decimo di tutto il pane quotidianamente consegniate al vostro elemosiniere.

XVI - La colazione sia secondo il parere del maestro
Quando il sole abbandona la regione orientale e discende nel sonno, udito il segnale, come è consuetudine di quella regione, è necessario che tutti voi vi rechiate a Compietà, ma prima desideriamo che assumiate un convivio generale. Questo convivio poniamo nella disposizione e nella discrezione del maestro, perché quando voglia sia composto di acqua; quando con benevolenza comanderà, di vino opportunamente diluito.
Questo non è necessario che conduca a grande sazietà o avvenga nel lusso, ma sia parco...

Insomma, i Templari non sono stati solo maestri di spiritualità, coraggiosi difensori della Cristianità, custodi della Fede.  Anche se non avevano trovato il Sacro Graal, né qualche elisir di lunga vita: avevano compreso che la salute del corpo si costruisce soprattutto a tavola. Quindi rileggiamo san Bernardo nel “De laude novae militiae” anche per il loro regime alimentare.

                                                                                              Prof. G. Bottani

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Roberto Pioppo

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