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Sanità | 18 marzo 2018, 07:05

Bullismo: dimensioni relazionali e aggressivita’ negli adolescenti (prima parte)

Ritorna l'appuntamento mensile con la nostra psicologa, la dottoressa Irene Barbruni

Bullismo: dimensioni relazionali e aggressivita’ negli adolescenti (prima parte)

Il bullismo è un fenomeno complesso che riguarda sia dinamiche psicologiche che l’ambiente culturale in cui si muove sia il ragazzo aggressivo che la vittima, ma anche l’interezza del gruppo entro cui nasce un tale negativo e regressivo evento sociale. Questa prima parte è dedicata alla descrizione del fenomeno e delle dinamiche psicologiche principali che accompagnano il bullismo dal punto di vista del cosi detto “bullo”. In un secondo momento esamineremo, invece, gli aspetti psicologici della vittima e degli strumenti preventivi verso tale fenomeno.

Nell’ambito della ricerca dedicata al fenomeno del bullismo, realizzata dall’associazione Villa Sant’Ignazio per conto della Provincia di Trento,  più del 50% degli intervistati ha dichiarato di essere stato vittima di episodi di bullismo, risultati più numerosi nella fascia d'età dei 14 anni, e di questi il 33% sono vittime ricorrenti.

Nel “bullo” osserviamo una paralisi delle risonanze intime (perdita di contatto con il proprio mondo interiore), caduta della spontaneità (il soggetto si rifà a modelli esterni e diviene sempre più estrovertito), regressione sociale, disagio e senso di vuoto (il vuoto interiore conseguenza della superficialità etica).  Spesso sentiamo dalla cronaca episodi di violenza che non hanno una motivazione specifica, se non come mezzo per combattere la noia. La noia sopraggiunge quando nulla riesce a raggiungere l’intimità della persona. Un concetto a cui Sartre affianca quello di nausea, ossia non solo nulla mi appetisce ma “tutto mi da fastidio”; un altro aspetto che ritroviamo sempre più spesso nell’adolescente.

Quindi il “bullo” si muove dentro questi aspetti psicologici a cui si aggiunge l’aspetto del potere. Il potere è uno dei piaceri più arcaici e in un soggetto che ha le caratteristiche sopra riportate è chiaro che esso diventa un modo per riempire la noia. Senza un’etica l’Io implode su sé stesso come unico orizzonte esistenziale e il piacere del dominio sull’altro non fa che aumentare l’aggressività.

Molti sono gli elementi che possono portare a questo circolo vizioso, a partire da predisposizioni caratteriali ed influenze ambientali (storia personale e culturale). Il piacere, che deriva dall’esperienza del sentirsi dominante sul dominato, diviene centrale soprattutto in una  cultura, come quella attuale, che mette la volontà di potenza, cioè la volontà di dominio sulla realtà e quindi sull’altro, al centro delle motivazioni del soggetto. Spesso i video giochi hanno trame a contenuti aggressivi; quindi il soggetto, poco riflessivo e sedotto dal piacere di essere un vincente e dominante, ne subisce il fascino (da ciò l’emulazione). Dominare l’altro è infondo un piacere sadico ed ancor più desiderato quando il “bullo” incontra una vittima designata, cioè un individuo particolarmente introverso, timido e remissivo: possiamo dire che “al bullo piace vincere facile”. La mancanza di risonanza intima non  permette all’aggressore di sperimentare il sentimento della pietà, che dovrebbe provare di fronte a chi è in lacrime davanti a lui.

Il mondo interiore, dicevamo, è spento, la personalità si è sviluppata solo verso l’estroversione. Certamente oggi molti sono gli stimoli che sollecitano l’estroversione piuttosto che il contatto con se stessi (all’introversione) e questo non aiuta l’emergere di quella risonanza intima che sarebbe lo specchio sul quale si riflette l’azione negativa e la definisce all’interno di significati etici. Da cui discenderebbe l’esperienza dell’empatia verso l’altro e la conseguente capacità di coglierne il disagio e la sofferenza.  Faccio notare che i video giochi non stimolano la riflessione, ma sviluppano la risposta veloce allo stimolo (si vince tanto più si è rapidi). In quel mondo di gioco non è necessaria né la riflessione né l’empatia e tanto meno la pietà, sentimenti altamente evoluti. In altre parole il video gioco stimola la regressione. Ma anche il video gioco è figlio di una cultura che ha posto al centro la volontà di potenza, la forza e il dominio: da ciò il giovane trae ispirazione per le sue azioni e le sue intenzioni. Non è certo solo il mondo dei video giochi che può influire su queste dinamiche perverse, un altro fattore può essere l’uso di sostanze. Ma, al di là di questi fattori che possono certamente aggravare il quadro psicologico descritto, ciò che sempre più spesso si osserva nel mondo dell’adolescenza è la mancanza dell’educazione alla gentilezza, al rispetto verso l’altro e all’esercizio della reciprocità.

Nel prossimo articolo analizzeremo gli aspetti psicologici della vittima e gli strumenti che possono aiutare ad una prevenzione di tale fenomeno.
                                                                                                          Irene Barbuni

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Roberto Pioppo

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