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Sanremo Ospedaletti | 12 febbraio 2018, 07:51

Il dominio angioino su Sanremo di sette secoli fa nel racconto dello storico matuziano Andrea Gandolfo

Nel 1317, a Genova, dopo vari scontri tra le diverse fazioni in lotta, i guelfi riuscirono a scacciare le famiglie ghibelline dei Doria e degli Spinola, rimanendo così gli unici padroni della città.

Esattamente sette secoli fa il re di Napoli Roberto d’Angiò si insediava come nuovo signore di Genova, mentre l’anno successivo il capitano delle milizie del sovrano partenopeo Giovanni Mansella avrebbe assunto il governo della città di Sanremo, a nome di Roberto d’Angiò. Il dominio angioino sul borgo matuziano sarebbe terminato nel giugno 1330 quando la città venne riconquistata da Aitono e Accellino Doria. Per rievocare tale interessante periodo della nostra storia.

Nel 1317, a Genova, dopo vari scontri tra le diverse fazioni in lotta, i guelfi riuscirono a scacciare le famiglie ghibelline dei Doria e degli Spinola, rimanendo così gli unici padroni della città. Nel loro esilio i Doria e gli Spinola, dopo essersi riconciliati, chiesero aiuto a Matteo Visconti, che mandò molti soldati di varie città lombarde comandate dal figlio Marco ad assediare Genova. I guelfi genovesi si rivolsero a loro volta al re di Napoli Roberto d'Angiò, che il 20 giugno 1318 inviò nel capoluogo ligure milleduecento uomini armati in aiuto dei guelfi della città assediata. Il 21 luglio seguente lo stesso Roberto si recò a Genova con una flotta di venticinque galee cariche di milleseicento cavalieri e seimila fanti. Appena approdato in città, Roberto chiese di essere nominato signore di Genova ai notabili locali, che il 27 luglio affidarono quindi al re angioino la signoria della città per la durata di dieci anni. Ora si trattava di liberare Genova dall'assedio in cui la stringevano le forze ghibelline capeggiate da Marco Visconti. Dopo aver radunato un esercito di quindicimila uomini, Roberto concentrò la maggior parte delle sue forze nei pressi di Sestri Ponente, minacciando così alle spalle gli assedianti, che alla fine rinunciarono all'impresa anche per le controversie che nel frattempo erano sorte tra i Doria e gli Spinola. Con l'intento di riconquistare anche le città della Riviera di Ponente, Roberto inviò altri reparti armati nella Liguria occidentale, allora in mano ancora alle forze ghibelline. Per sconfiggere i ghibellini che tenevano Dolceacqua, Roberto mandò il suo maestro di palazzo e vicario di Nizza, Giovanni Mansella di Salerno, che partì alla volta del paese della Val Nervia con sei galee cariche di armati. A Sanremo, intanto, dopoché i ghibellini locali erano partiti alla volta di Dolceacqua per dar manforte alle truppe di Accellino Doria, i guelfi sanremesi, rimasti i soli padroni del castello, approfittarono della situazione per aprire le porte della città alle milizie angioine guidate dal messo di Roberto d'Angiò Mansella.

Il 20 ottobre 1319 i membri del Consiglio Comunale di Sanremo, convocati dal cintraco, il banditore pubblico, si trovarono tutti riuniti nel Capitolo della città per accogliere il capitano delle milizie di Roberto d'Angiò Giovanni Mansella, che era appena sbarcato con la sua flotta sulle coste della Riviera occidentale. I trentuno consiglieri comunali, che rappresentavano la popolazione di Sanremo, stipularono quindi un atto notarile con Mansella, rogato dal notaio e cancelliere del Comune Petrino Fabiano alla presenza di quattordici testimoni. Con tale atto Mansella promise solennemente che, se i Sanremesi avessero accettato la protezione, il regime e la giurisdizione di Roberto d'Angiò, egli si sarebbe impegnato a far sì che il re angioino tenesse a sue spese cento cavalieri e mille fanti a difesa del Castello fino al termine della guerra, e anche per un tempo maggiore, se fosse stato necessario. Oltre a questo importante provvedimento di natura militare, reso peraltro indispensabile per evitare che i Doria e gli altri ghibellini si impadronissero nuovamente del Castello di Sanremo, Mansella giurò di mantenere invariati i diritti, i benefici, i privilegi, i capitoli, gli ordinamenti e le altre consuetudini dei Sanremesi, non introducendo in particolare nessun aggravio alle gabelle, ai redditi e ai proventi di qualsiasi tipo, sia di diritto scritto che consuetudinario. I consiglieri sanremesi vollero però che fosse specificato il diritto più importante a cui essi tenevano e che volevano a tutti costi mantenere: quello di poter introdurre nuovi capitoli agli Statuti comunali, modificando o annullando quelli già esistenti, oltre alla facoltà di usufruire di tutti i diritti, le ragioni, gli ordinamenti, i benefici, le immunità, le esenzioni e i privilegi che avevano goduto fino ad allora.

Dopo aver proferito tali promesse, nell'atto di assumere la podesteria della città a nome del re Roberto, Mansella, levato in alto il vessillo del re angioino, lo fece sventolare sul capo dei consiglieri giurando di impegnarsi solennemente a mantenere quanto pattuito, vincolando per questo i suoi beni presenti e futuri, con la sola riserva che se il re non avesse approvato quanto stabilito con i rappresentanti del Comune di Sanremo, i Sanremesi sarebbero rimasti nelle stesse condizioni in cui si trovavano prima degli accordi. Lo stesso motivo che aveva indotto i consiglieri  a pattuire con Mansella che il re angioino tenesse una sua guarnigione di cavalieri e fanti in città, fu poi alla base della decisione degli stessi consiglieri di fornire il borgo di un adeguato sistema di fortificazioni. Dal momento che la città non poteva che allargarsi verso il mare, dove tra l'altro erano sorte nuove case fuori della prima cerchia di mura, che correva verso sud lungo le odierne vie Palma, via del Pretorio, piazza San Sebastiano e via Palmari, si cominciò ad ampliare verso il mare la cerchia delle mura con la costruzione di case e di muri rafforzati da terrapieno e vallo. Nei pressi della porta dei Manarii, in modo da includervi tutta la via Montà con la doppia fila di case disposte sui due lati, fu aperta vicino al Ponte la porta della Ciapela, mentre ai piedi della Salita di San Sebastiano, coperta con volte, venne eretta nel 1321 la Porta di Santo Stefano, come attestato dall'epigrafe posta sopra l'arco della porta stessa. Dopo undici anni di dominio angioino, i Doria decisero di riprendersi i propri possedimenti sanremesi. Nel giugno del 1330 infatti Aitono ed Accellino Doria, al comando di una flotta composta da quindici galee e molti altri legni, attaccarono il presidio guelfo di Sanremo riconquistando con un'azione militare il Castello sanremese.

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