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Sanità | 17 dicembre 2017, 07:25

Ritorna l'appuntamento mensile con la nostra psicologa, la Dottoressa Irene Barbruni: 'Il bambino e il ruolo sociale'

La solitudine diventa disperazione quando l’individuo si sente staccato dalla realtà sociale la quale è composta da relazioni affettive e significative e dall’intreccio di relazioni che vanno a comporre un ruolo assegnando, quindi, un posto nella società.

Ritorna l'appuntamento mensile con la nostra psicologa, la Dottoressa Irene Barbruni: 'Il bambino e il ruolo sociale'

Proviamo a chiederci quale sia oggi il ruolo sociale ed affettivo per il bambino o per l’infanzia. Questa domanda discende da una considerazione di base, una legge generale: ogni essere umano, qualunque età abbia, cerca e ha necessità di vivere un suo ruolo, sia sociale che affettivo.

La solitudine diventa disperazione quando l’individuo si sente staccato dalla realtà sociale la quale è composta da relazioni affettive e significative e dall’intreccio di relazioni che vanno a comporre  un ruolo assegnando, quindi, un posto nella società. Basti pensare che spesso noi riconosciamo le persone attraverso il lavoro che svolgono, oppure attraverso il ruolo affettivo che vivono.

Per esempio diciamo: “Ho incontrato Tizio. Sai il figlio di Caio, che fa il vigile urbano”.  Ecco che  già in questa conversazione banale,  che possiamo generalizzare,  vi sono due componenti le quali portano ad identificare il personaggio Tizio: il lavoro che svolge, quindi il ruolo sociale che investe, e l’appartenenza ad una determinata famiglia. Tanti cognomi, molto diffusi nel nostro paese, hanno questa etimologia: i Di Pietro, i Del Piero, ecc… Probabilmente sono nati proprio per indicare l’appartenenza alla famiglio di Pietro o di Piero. Come del resto tanti cognomi che hanno una derivazione dal mondo del lavoro. Pensiamo ad esempio ai Fabbri e  l’elenco è lungo. Tutto questo per dire quanto sia incisivo nella vita della singola persona sia il ruolo sociale che il legame affettivo. Ecco allora la domanda di partenza: quale ruolo ha oggi il bambino? E in generale,  l’infanzia?

Per infanzia intendiamo quell’arco di tempo cha va dalla nascita fino ai 12-13 anni.  L’unico ruolo sociale che si potrebbe individuare è quello dell’impegno scolastico. Ma certo la scuola nasce come necessità non solo individuale, ma anche sociale: più persone istruite ci sono in un paese più quel paese può evolvere. Purtroppo oggi la scuola non è vista né come luogo di emancipazione sociale, né come luogo di evoluzione personale. Sembra più un dovere vuoto di significato. Ecco che il bambino non ha più neanche quel ruolo sociale.

L’unico ruolo è quello del consumatore: il bambino è oggetto di interesse delle campagne pubblicitarie che lo inducono ad avere determinati oggetti. Ed è questa continua tensione all’avere che lo rende costantemente inquieto. Ma questa deriva lo conduce sempre nell’esperienza della bisognosità: ha sempre bisogno di qualcosa, qualcosa suggerito e imposto dalla pubblicità. Ma questo non è un ruolo sociale perché non lo rende partecipe di qualcosa di significativo verso gli altri e verso se stesso.

Questo processo lo svuota di significato e lo spinge sempre più all’esercizio del possesso delle cose. Le capacità relazionali e sociali vengono impoverite. L’unica via per ripristinare la normale capacità relazione dotata di sensibilità etica, è ricondurre il bambino ad un ruolo nella famiglia e nella società. Qui il genitore e la scuola possono svolgere un ruolo importante. Infondo in quella fascia di età l’unico luogo che abbia un vero significato sociale è la scuola, oltre ovviamente alla famiglia.

Nella scuola impara molte cose, e non solo le conoscenze che vanno dalla letteratura alla storia,  alla scienza, che costituiscono il bagaglio attraverso cui leggere la realtà in cui vive,  ma da ciò ricava anche gli strumenti intellettivi per esprimere se stesso. Dicevamo non solo apprende tutta una serie di nozioni, ma, nell’esperienza scolastica è chiamato a condividere con altri quel processo. La scuola è, o dovrebbe essere, un luogo di evoluzione relazionale. Al genitore tocca il compito di guidare e supportare il figlio in questo complesso mondo, cercando di aiutarlo a recuperare il senso civico dell’esperienza scolastica.

Poi  nella famiglia vi sono tante piccole incombenze che dovrebbero essere demandate e affidate al bambino, in relazione all’età. Mano a mano che cresce dovrebbero crescere anche le sue mansioni nella gestione della casa. “Solo il lavoro nobilita l’uomo” come recita la saggezza popolare:  ed è vero perché il lavoro ci mette in relazione significativa con gli altri. Se il bambino non viene coinvolto nel lavoro, sia domestico che scolastico,  non potrà godere del senso di dignità soggettiva, il solo che lo aiuta a sentirsi in pace con se stesso e con gli altri.

                                                                                  Dr.ssa Irene Barbruni

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Roberto Pioppo

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