- 19 novembre 2017, 10:20

Rimedi contro i licenziamenti illegittimi: la tutela obbligatoria debole nell’art. 18, l. n. 300/1970

L’appuntamento di oggi conclude una parte delle riflessioni condotte nelle scorse settimane in materia di tutela contro i licenziamenti illegittimi

Rimedi contro i licenziamenti illegittimi: la tutela obbligatoria debole nell’art. 18, l. n. 300/1970

L’appuntamento di oggi conclude una parte delle riflessioni condotte nelle scorse settimane in materia di tutela contro i licenziamenti illegittimi. Infatti stiamo per chiudere il cerchio sulla complicata disciplina contenuta nell’articolo 18 dello Statuto dei lavoratori. A tal proposito, appunto,  giova ricordare come il raggio di azione di questa norma (e conseguentemente degli ultimi focus pubblicati su questa rubrica) risulti ormai limitato - grazie all’introduzione del contratto a tutele crescenti del Jobs Act - alla tutela dei soli lavoratori subordinati assunti prima del 7 marzo 2015.
Inoltre, è bene precisare come lo stesso articolo 18, al comma 8°, preveda un proprio raggio di applicazione ulteriormente limitato alle imprese medio grandi, ovverosia quelle che impieghino più di 15 dipendenti (fatta eccezione al campo delle tutele riconosciute contro i licenziamenti più gravi di cui al comma 1,  nei cui confronti non opera questo limite dimensionale).

Pertanto, nella logica di proporzionalità tipica della norma appena citata, che associa ai motivi di licenziamento più gravi delle garanzie rinforzate (come la reintegrazione sul posto di lavoro), l’ultimo grado di tutela previsto non può che riferirsi invece alle ipotesi più lievi di licenziamento, vale a dire quelle interessate da vizi formali.

In tal senso, sotto la casistica menzionata - corrispondente ai licenziamenti c.d. inefficaci - possiamo far convergere le varie condotte del datore di lavoro poste in violazione dell’obbligo della motivazione del licenziamento, piuttosto che il mancato rispetto dei passaggi della procedura imposta per particolari categorie, come nel caso del giustificato motivo oggettivo (di cui all’art. 7 della l. n 604/1966) oppure del licenziamento disciplinare (di cui all’art. 7 della l. n. 300/1970).

Pertanto, a seguito di azione giudiziaria promossa dal lavoratore interessato, nel caso in cui il giudice rilevi in concreto che l’atto del datore di lavoro assuma i tratti dell’inefficacia, dichiara risolto il rapporto di lavoro e condanna lo stesso imprenditore esclusivamente al pagamento di un’indennità risarcitora onnicomprensiva, denominata convenzionalmente tutela obbligatoria debole. La somma da corrispondersi in favore del lavoratore viene determinata entro un minimo di 6 ed un massimo di 12 mensilità dell’ultima retribuzione globale di fatto, a seconda della gravità della violazione formale o procedurale commessa.

Tuttavia occorre fare molta attenzione: nel caso in cui il licenziamento fosse dichiarato inefficace perché intimato in forma orale (violando l’obbligo della forma scritta), troverebbe applicazione invece il massimo grado della tutela previsto dall’art. 18, e cioè corrispondente alla reintegrazione sul posto di lavoro accompagnata dal risarcimento per il periodo compreso tra l’estromissione del lavoratore e la sentenza di reintegrazione, in ogni caso mai inferiore a 5 mensilità della retribuzione globale di fatto.

Edoardo Crespi

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