- 05 novembre 2017, 10:55

Rimedi contro i licenziamenti illegittimi: la tutela obbligatoria forte nell’art. 18 l. n. 300/1970

Con l’appuntamento odierno approfondiamo ulteriormente la complessa ed articolata disciplina che regola la materia dei licenziamenti illegittimi

Rimedi contro i licenziamenti illegittimi: la tutela obbligatoria forte nell’art. 18 l. n. 300/1970

Con l’appuntamento odierno approfondiamo ulteriormente la complessa ed articolata disciplina che regola la materia dei licenziamenti illegittimi.
Anche in questo articolo, come nel precedente, ci occuperemo delle tutele riconosciute solamente a  lavoratori in possesso di particolari caratteristiche: l’impiego presso imprese con più di 15 dipendenti (secondo quanto previsto dal comma ottavo dell’art. 18, l. n. 300/1970) ed un rapporto di lavoro iniziato prima del 7 marzo 2015.
Pertanto, i lavoratori in possesso dei citati requisiti saranno ancora assoggettati alla “vecchia” disciplina, incardinata sull’art. 18 dello Statuto dei lavoratori (l. n. 300/1970).
Ricordando come il sistema delle tutele contro i licenziamenti illegittimi risulti “stratificato” in ragione della gravità del licenziamento, negli scorsi appuntamenti abbiamo conosciuto il massimo grado di protezione riconosciuta in favore del lavoratore, rappresentato dalla reintegrazione sul posto di lavoro accompagnata da un indennizzo economico.

Pertanto, ne deriva che fuori dai casi più gravi di licenziamento per i quali si applica la tutela reintegratoria nella formula piena (es. licenziamenti discriminatori, orali, effettuati in violazione di divieti legali di licenziamento come nel caso della nascita di un figlio, del matrimonio etc.), o attenuata (es. assenza estremi giustificato motivo o giusta causa, insussistenza del fatto contestato, violazione norme in materia di infortunio e malattia, difetto di giustificazione per licenziamenti per inidoneità psico-fisica del lavoratore, condotte punite con sanzioni disciplinari conservative, manifesta insussistenza fatto posto alla base del licenziamento per giustificato motivo oggettivo), la legge prevede il riconoscimento di una protezione di carattere esclusivamente monetario, denominata tutela obbligatoria forte.

Infatti, è il comma quinto dell’art. 18 dello Statuto dei lavoratori ad escludere la reintegrazione del lavoratore nelle altre ipotesi  di licenziamento (meno gravi) in cui – genericamente – non ricorrono gli estremi del giustificato motivo o della giusta causa adotti dal datore di lavoro.
Ne deriva che, a seguito dell’azione giudiziaria del lavoratore, qualora il giudice consideri illegittimo il licenziamento, ma per un fatto non riconducibile ai casi più gravi espressamente richiamati dalla legge (vedi sopra), sia comunque consentita la risoluzione del rapporto di lavoro. Quindi si produrranno gli stessi effetti materiali voluti dal datore di lavoro (l’allontanamento del soggetto dall’azienda), ma sarà il giudice, con propria sentenza, a dichiarare cessato il rapporto alla data del licenziamento.
Tuttavia, pur non essendoci le gravi ragioni per imporre la reintegrazione del lavoratore, il licenziamento così impartito resta un atto illegittimo che, come tale, viene sanzionato.
Infatti, con la sentenza che dichiara risolto il rapporto, il giudice condanna il datore di lavoro al pagamento di una indennità risarcitoria in favore del lavoratore, compresa tra un minimo di 12 e un massimo di 24 mensilità rapportate all’ultima retribuzione (globale di fatto).  Il risarcimento è da considerarsi integrale, dal momento che la norma definisce la somma dal carattere onnicomprensivo.
E’ la stessa legge, inoltre, a determinare i criteri ai quali deve affidarsi il giudice per quantificare in concreto la misura del risarcimento al lavoratore, imponendo altresì un obbligo di motivazione. I canoni a cui si deve fare riferimento corrispondono all’anzianità di servizio, del numero dei dipendenti occupati, delle dimensioni dell’attività economica, del comportamento e delle condizioni delle parti.

 

 

Edoardo Crespi

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