ELEZIONI COMUNE DI SANREMO
 / Attualità

Attualità | 18 ottobre 2017, 08:39

Sanremo: il patrimonio storico-artistico della città dei fiori, la Chiesa di San Giuseppe vista da Andrea Gandolfo

La chiesa è nel quartiere della Pigna. E' risalente alla seconda metà del XVII secolo, e contiene importanti opere scultoree e dipinti di scuola genovese.

Sanremo: il patrimonio storico-artistico della città dei fiori, la Chiesa di San Giuseppe vista da Andrea Gandolfo

Proseguendo il racconto del patrimonio storico-artistico di Sanremo, da parte dello storico Andrea Gandolfo, questa volta sulla chiesa di San Giuseppe, nel quartiere della Pigna, risalente alla seconda metà del XVII secolo, e contenente importanti opere scultoree e dipinti di scuola genovese.

La chiesa di San Giuseppe, ubicata nel centro storico della Pigna nei pressi dell’omonima porta, venne eretta in stile barocco a partire dai primi anni Ottanta del XVII secolo, ma le sue origini risalgono al 1666, quando Stefano Brignasco avanzò la proposta di edificare un oratorio dedicato a San Giuseppe. Soltanto nel 1668 la comunità accolse però l’invito eleggendo Giacomo Trucco e Gio Bartolomeo Bottino fabbricieri della chiesa e stanziando un’ingente somma di denaro per finanziare la nuova costruzione, la cui edificazione fu affidata alla direzione di mastro Gio Martino. Nel febbraio 1684 iniziarono quindi i lavori di erezione del nuovo edificio, che si sarebbero protratti per tutto il secolo successivo, per concludersi nei loro dettagli soltanto nella seconda metà dell’Ottocento. Sulla facciata, di color giallo ocra, si staglia il gruppo scultoreo della Gloria di San Giuseppe, realizzato verso la fine del XIX secolo da un ignoto scultore, forse identificabile in Antonio Brilla. La figura del santo, appoggiata alla nicchia, è scolpita ad altorilievo con lo sguardo rivolto verso l’alto in atto di adorazione e contemplazione; sulla base della scultura è incisa la frase biblica: «Ite ad Joseph».

La volta dell’edificio delinea leggermente una cupola a croce latina, mentre la decorazione ad affresco della navata è suddivisa in due parti da una serie di tre arconi con fondo giallo chiaro. La prima zona è caratterizzata da un rosone centrale con putti alati e ghirlande di fiori rosa, due pennacchi laterali con simboli liturgici e due fasce orizzontali con angeli fitomorfi. La seconda zona, a forma di cupola, ornata da due rosoni a finto stucco con un grande rosone al centro, è decorata con tre ovoli. Tale settore è sovrastato dallo stemma della città di Sanremo, che attesta come la chiesa fosse all’epoca della sua costruzione di esclusiva proprietà della Comunità locale. Il catino dell’abside rappresenta invece uno spaccato di cielo azzurro con alcuni cherubini ritratti su nuvolette, e la colomba dello Spirito Santo al centro. Le spartizioni architettoniche dell’area presbiteriale furono realizzate nel 1863 dal pittore Michele Panizzi, mentre le volte della navata, completamente rifatte nel 1881 da Pietro Passera, sono sicuramente più solide rispetto a quelle precedenti. Appoggiato all’abside spicca in modo particolare il gruppo scultoreo della Sacra Famiglia, con san Giuseppe che regge in piedi un bastone fiorito e la Madonna seduta che tiene nel braccio destro il Bambino, mentre in alto un angelo piega lievemente un ramoscello di palma. L’altare maggiore, realizzato nel 1895 su disegno di Pio Soli dal marmoraio Borra, è ricollegabile, sotto il profilo stilistico, al gusto eclettico tipico della seconda metà dell’Ottocento. Nel 1944 l’altare venne impreziosito con un mosaico raffigurante Il riposo della fuga in Egitto, eseguito da Luciano Favret di Pietrasanta su disegno del Viazzi da una tela conservata nel Duomo di Porto Maurizio. Sopra l’altare si innalza un artistico Crocifisso ligneo, proveniente dall’oratorio di San Costanzo, che rappresenta indubbiamente l’opera più pregevole della chiesa. In esso, il Cristo, ormai morto, è effigiato con il capo reclinato ma con un volto che emana ancora una profonda dolcezza, mentre l’estrema sottigliezza della corporatura, formata quasi interamente dalle sole ossa, sembra ispirarsi a modelli quattrocenteschi, anche se la realizzazione della scultura è probabilmente da collocarsi nel XVI secolo.

Le quattro statue collocate nella zona del presbiterio e le due poste dopo gli altari laterali sono state realizzate nel corso del 1891 dallo scultore savonese Antonio Brilla, le cui opere, in gran parte a soggetto sacro, adornano molte chiese del Ponente ligure, come la parrocchiale di Badalucco. La statua di sinistra, nella nicchia con incorniciatura marmorea, raffigura Il patriarca Giuseppe, ritratto in abiti pomposi nell’atto di alzare una coppa con la mano sinistra, mentre alla sua destra giace a terra un sacco di grano. La statua di destra rappresenta invece Ester, la protagonista dell’omonimo libro dell’Antico Testamento, raffigurata in atto di supplica con il braccio destro levato e la mano sinistra sul petto; la seconda statua sulla sinistra rappresenta invece San Giovanni Battista, ripreso nell’atto di annunciare la venuta di Gesù e con un bastone a croce, su cui è avvolto un vessillo, nella mano sinistra, mentre un mansueto agnellino guarda il santo accovacciato ai suoi piedi. Per quest’opera Brilla si ispirò probabilmente alle statue di epoca settecentesca di Domenico Parodi. La seconda statua sulla destra raffigura invece Sant’Andrea Apostolo, con la tipica croce a “X” del suo martirio. Al centro del presbiterio si trova l’altare più originale del Ponente ligure: apparentemente sembra un sarcofago medievale, ma in realtà si tratta di un semplice abbeveratoio, collocato originariamente presso lo scalo merci della stazione ferroviaria di Sanremo. Commissionato dal colonnello britannico Momber nel 1928 ad un ignoto scultore locale della Società per la protezione degli animali, intorno agli anni Cinquanta del secolo scorso, constatato che le ultime carrozze con muli e cavalli erano ormai state sostituite dalle automobili e dai taxi, gli amministratori comunali lo fecero prelevare dalla stazione e lo affidarono al parroco della chiesa don Giuseppe Cortona, che ebbe la brillante idea di riutilizzarlo come altare. Racchiudono la zona presbiteriale due balaustre realizzate da Alessandro Ricci nel 1880 su disegno del primo parroco Leonardo Bottini, mentre sul lato sinistro del prebiterio è stato collocato nel 1954 il pulpito con elegante disegno di un giglio sul marmo bianco eseguito da Antonio Brilla. Sul lato destro della navata si trova la cappella di sant’Isidoro, dove è collocato un pozzo da giardino, realizzato da un ignoto scultore verso la metà del XIX secolo e adattato a fonte battesimale dal parroco don Cortona negli anni Sessanta del Novecento.

Le decorazioni inserite nelle nicchie sono riconducibili al tardo stile neoclassico e risalgono presumibilmente alla metà dell’Ottocento; sulla parete è appeso un dipinto ovale, inserito in una cornice rettangolare dorata e ornata con volute stilizzate di tralci fitomorfi, raffigurante la Madonna della Speranza con Gesù Bambino, realizzato nel 1837 da Lorenzo Martini e la cui effigie era anticamente collegata all’omonima Confraternita, resa nota a Sanremo dal padre gesuita Gerolamo Durazzo. La cappella a sinistra, intitolata ai Santi Incoronati ed eretta a partire dal dicembre 1726 su autorizzazione del Maggior Consiglio cittadino, venne dipinta nel 1868 da Michele Parrini, mentre nel 1883 Giovanni Baglioni realizzò a finto marmo le colonne e le lesene insieme a quelle dell’antistante cappella di sant’Isidoro; il paliotto e il tabernacolo della cappella risalgono invece all’inizio del XX secolo. La tela, di forma rettangolare, raffigura i quattro santi inginocchiati ad emiciclo su una pavimento a mattonelle quadrate; i santi, con gli sguardi rivolti al cielo, sono sovrastati dalla colomba bianca dello Spirito Santo che scende dall’alto a fianco di due cherubini che appaiono per incanto tra le nuvole, mentre tre angioletti sorreggono al centro quattro corone di foglie e di fiori, simboli del martirio. Il dipinto è opera del pittore triorese Giovanni Battista Gastaldi (1585 ca - dopo il 1646), che si fece raffinato interprete, insieme al figlio Lorenzo (1625-1690), di una pittura di matrice ancora tardocinquecentesca, diffusa però in tutto l’arco del territorio delle Alpi Marittime fino a Monaco e a Nizza. I santi Incoronati, protettori di muratori e scalpellini, erano venerati in modo particolare dalla locale Confraternita dei Muratori, in ossequio ad una forma devozionale ancora viva nell’epoca barocca e tramandata, seppur in modo più blando, anche nei secoli successivi. La vicenda matuziana dei santi Incoronati trova poi un singolare riscontro nell’omonima cappella esistente presso la cattedrale di Santa Reparata a Nizza.

La cappella di destra, dedicata a Sant’Isidoro, fu costruita nel maggio del 1732 da uno stuccatore di nome Colombo, su iniziativa dei consoli della Compagnia degli Agricoltori, che avevano ottenuto il permesso di erigerla in onore del loro protettore, su delibera emanata dal Maggior Consiglio il 4 novembre dell’anno precedente. Il 25 marzo 1733 vi venne collocato il dipinto Madonna, sant’Isidoro e santa Teresa d’Avila, realizzato nel 1723 dal pittore bolognese allievo di Marcantonio Franceschini, Giacomo Boni, attivo anche a Sanremo presso il Santuario della Madonna della Costa. La tela raffigura la Vergine assisa su una nuvola con il Bambino tra le ginocchia e con alla sua destra san Giuseppe, mentre ai suoi piedi sant’Isidoro, vestito di tunica marrone e mantello verde, si rivolge in modo supplichevole alla Sacra Famiglia; sulla sinistra, la Vergine è invocata invece, con le mani giunte, da santa Teresa d’Avila, che indossa l’abito marrone con mantello bianco e il velo nero delle Suore Carmelitane Scalze. A sinistra della cappella degli Agricoltori, addossata alla parete, è collocata la statua di san Leonardo da Porto Maurizio, opera di Antonio Brilla, che ritrasse il santo francescano ligure nell’atto di reggere la croce e indicarla. San Leonardo ebbe anche rapporti con la Pigna, in quanto, il 28 marzo 1743, fece donare alla chiesa di San Costanzo il corpo del martire san Faustino, patrono dei floricoltori della città.

Nella nicchia sottostante è collocata invece la statua di san Giuseppe, ripreso nell’atto di reggere il Bambino e donargli una mela. La statua, in gesso e dipinta a metallo, rappresenta una tipica opera devozionale uscita da una bottega artigiana fiorentina del Novecento e si trovava un tempo nell’Oratorio dei Dolori, da dove fu trasferita qui, in dono, dal curato Clemente Leoni. A destra della cappella dei santi Incoronati è posta l’ultima opera di Antonio Brilla conservata nella chiesa: la statua di santo Stefano Protomartire, raffigurato con la veste diaconale (la dalmatica) e con la mano destra che una volta doveva reggere una palma, mentre il piede destro poggia su di un sasso, simbolo del martirio. Nella nicchia sottostante è stata ricreata la grotta di Massabielle con le statue della Madonna di Lourdes e di santa Bernardette Soubirous. Sopra il confessionale di sinistra, in una cornice marmorea, è posto il dipinto La gloria di san Giuseppe, opera del pittore sanremese Girolamo Bosio, attivo a Sanremo nella seconda metà del XVIII secolo. La tela rappresenta san Giuseppe sorretto da due angeli nell’atto di rivolgere lo sguardo al cielo, mentre, alla sua sinistra, Dio Padre si volge a braccia aperte verso di lui. La libera disposizione del soggetto, i colori vivaci e il tratto di pennello rapido e sciolto fanno presumere che il dipinto sia stato realizzato verso la metà del Settecento. Sopra il confessionale di destra è ubicato poi il dipinto raffigurante La presentazione di Gesù al tempio, di ignoto pittore del XVIII secolo e qui trasferito nel 1881 dall’oratorio delle scuole pubbliche dal parroco don Leonardo Bottini. Il dipinto venne quindi pulito e ingrandito, per portarlo alle stesse dimensioni della tela antistante, dal pittore Marchetti, che ne realizzò anche la parte superiore, in cui sono effigiati l’Occhio divino e la gloria dei cherubini, mentre l’impianto scenografico generale dell’opera sembra riconducibile alla scuola pittorica genovese della prima metà del Seicento.

Nella cantoria lignea sopra l’ingresso principale è collocato invece un organo con cassa lignea addossata alla parete di fondo, ornata di lesene e volute laterali sagomate e sovrastata da alcuni putti e angeli musicanti. Lo strumento fu costruito nel 1865 dalla ditta di fabbricanti d’organi Nicomede Agati e fratelli di Pistoia, che ne produssero anche numerosi altri esemplari per altrettante chiese della Liguria. All’interno della chiesa si segnala inoltre la presenza di un busto reliquiario antropomorfo in argento di San Costanzo, realizzato nell’ambito della produzione degli argentieri genovesi nella seconda metà del XVI secolo. Una lapide posta sul lato destro della controfacciata ricorda il trasferimento della parrocchia, con tutti i suoi beni, dall’oratorio di Santa Brigida all’attuale chiesa di San Giuseppe, con decreto del vescovo di Ventimiglia Lorenzo Biale del 9 marzo 1856, e la consacrazione solenne della chiesa del 5 maggio 1889 da parte del presule intemelio Tommaso Reggio, che in quella circostanza consacrò pure l’altare maggiore. Al di sopra dell’organo, al centro della controfacciata, una vetrata di autore ignoto, databile alla fine dell’Ottocento, raffigura la Gloria di San Giuseppe, mentre sulla piastrella esagonale di marmo giallo posta vicino al confessionale è adagiata una conchiglia fossile, costituita da un mollusco dei Cefalopodi, giunto curiosamente fino ai giorni nostri senza subire in pratica nessuna sensibile evoluzione. A pochi passi dalla chiesa è ubicata infine la casa canonica, che ha avuto una storia singolare in quanto è stata un monastero, prima delle suore terziarie francescane fondatrici della comunità delle Turchine, fino al 1660, poi delle Salesiane, che vi risiedettero a partire dal 1666 prima di trasferirsi nel loro nuovo convento nell’attuale piazza Colombo (poi andato distrutto nel corso dell’ultimo conflitto mondiale), e quindi degli Agostiniani Scalzi, che la presero in affitto per ventuno scudi annui. Divenuta in seguito abitazione del cappellano che officiava nella chiesa di San Giuseppe, la struttura fu intestata nel 1853 al Beneficio parrocchiale e divenne alloggio del parroco, mentre un secolo dopo le sue cantine vennero trasformate nella sala cinematografica «San Domenico Savio».

Chiuso il cinema per motivi di agibilità, una parte del locale è stata adibita a sede dei locali Scout, mentre l’altra parte è stata trasformata in cappella per l’adorazione del Santissimo Sacramento ed è più nota come «Cripta di San Giuseppe». Sull’architrave della porta si segnala un artistico bassorilievo raffigurante san Germano con le insegne vescovili, realizzato nel 1624 da un certo Gioffredo, come recita la scritta di tre righe incisa sulla base della scultura.

Redazione

TI RICORDI COSA È SUCCESSO L’ANNO SCORSO A APRILE?
Ascolta il podcast con le notizie da non dimenticare

Ascolta "Un anno di notizie da non dimenticare" su Spreaker.

Google News Ricevi le nostre ultime notizie da Google News SEGUICI

Ti potrebbero interessare anche:

Prima Pagina|Archivio|Redazione|Invia un Comunicato Stampa|Pubblicità|Scrivi al Direttore|Premium