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In Breve

| 04 ottobre 2017, 17:00

Le isole della musica

Le isole della musica

Il primo disco acquistato nel primo negozio di musica della propria vita non si scorderà mai: il mio era Achtung Baby, settimo album degli U2, uscito nel novembre 1991, quando avevo dodici anni e in via XX Settembre a Imperia esisteva l’Isola della Musica. Ricordo perfettamente l’emozione provata nel tenere in mano l’agognato cd, nello sfogliare le pagine interne del libriccino con i testi delle canzoni, mentre Miro, il titolare del negozio, mi decantava le abilità canore di Bono e i virtuosismi di The Edge alla chitarra elettrica.

Conclusa l’era dei giradischi e delle musicassette che avevano accompagnato la mia infanzia, mi sentivo proiettato in un futuro che, in capo a qualche anno, avrebbe trasformato l’industria discografica, fino all’avvento dello streaming, delle app, dei contenuti digitali, nell’evoluzione costante della capacità di memoria sui vari supporti, sempre più minuscoli, touchscreen, infinite librerie virtuali.

Le nostre isole della musica, quelle reali, con le copertine dei dischi da toccare una dopo l’altra, mentre cerchiamo l’artista preferito o la rarità che manca alla collezione, quelle isole stanno scomparendo, sommerse dai flussi di Gigabyte. A Sanremo sta per chiudere Popoff, a Ventimiglia tra pochi mesi sarà il turno di Storyville. A Imperia resistono gli ultimi baluardi dell’acquisto fisico: Tuttomusica, Lepre (che però vende essenzialmente strumenti musicali) e voglio citare anche il Bazarino, negozio semidimenticato, che tra un souvenir kitsch e l’altro conserva un minimo di spazio per qualche cd.

Questo però non vuole essere un articolo-nostalgia: il mondo va avanti, l’innovazione detta le sue leggi, mi metto a malincuore tra chi ormai compra un album “vero” una o due volte l’anno, magari a Natale o per fare un regalo. Ecco, un regalo: il punto è che nessuna isola virtuale potrà mai sostituire la bellezza di un oggetto ben presentato, un cofanetto, un’edizione speciale, un vinile, nicchie di resistenza nel fluire piuttosto anonimo, spesso incline al trash, dell’universo digitalizzato. Lo stesso vale per i libri, i film e altre cose. Forse le isole culturali rivivranno in forme ibride, un po’ librerie, un po’ negozi di dischi, un po’ caffetterie, spazio alla fantasia, Even Better Than The Real Thing.

Luca Re

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