- 05 agosto 2017, 11:15

Il licenziamento per giustificato motivo: ulteriori approondimenti

Con l’appuntamento di oggi proseguiamo l’analisi sulla disciplina dei licenziamenti cominciata due settimane fa con l’approfondimento sul tema della giusta causa.

Il licenziamento per giustificato motivo: ulteriori approondimenti

Con l’appuntamento di oggi proseguiamo l’analisi sulla disciplina dei licenziamenti cominciata due settimane fa con l’approfondimento sul tema della giusta causa.
In quell’occasione, tra l’altro, si è specificato come i presupposti per il licenziamento possano fare capo a questioni attinenti alla sfera dell’impresa (c.d. licenziamenti economici), piuttosto che riferirsi alla dimensione del soggetto lavoratore.
Ed infatti proprio il licenziamento per giustificato motivo soggettivo, di cui oggi discuteremo, si riferisce a quest’ultima casistica.

Secondo l’art. 3 della l. n. 604/1966, la summenzionata ipotesi si verificherebbe nei casi di un notevole inadempimento degli obblighi contrattuali del prestatore di lavoro.

Visto quanto sinora specificato, appaiono sottili le differenze con la giusta causa, dal momento che essa – come esposto nel precedente appuntamento – ben potrebbe essere concretizzata da un inadempimento contrattuale, come ad esempio nel caso di un lavoratore che abbandoni ingiustificatamente il posto di lavoro sì da generare una situazione di pericolo per impianti e persone.

Dunque il giustificato motivo soggettivo costituirebbe, se vogliamo, un’ipotesi di inadempimento tanto grave da consentire la cessazione del rapporto di lavoro, ma non così grave da compromettere in modo insanabile il rapporto di fiducia che deve intercorrere tra lavoratore e datore di lavoro, così differenziandosi dalla giusta causa. Prova ne è il fatto che, nei casi giusta causa, il comportamento posto alla base del licenziamento, dato il suo forte impatto, non consentirebbe nemmeno la prosecuzione provvisoria del rapporto, determinandone il recesso ”in tronco”.

Nel contesto ora allo studio, invece, il datore di lavoro non viene esonerato dal riconoscimento del preavviso nei confronti del lavoratore licenziato, anche se nella prassi spesso si preferisce pagare l’indennità sostitutiva del preavviso, così interrompendo comunque il rapporto in modo immediato.
Quindi, in estrema sintesi, la giusta causa e il giustificato motivo soggettivo sarebbero due generi di una stessa specie, nel senso che atterrebbero entrambi ad un comportamento del lavoratore, ma si differenzierebbero in termini quantitativi, cioè per la diversa gravità del fatto commesso. Inoltre, visto il tenore letterale del disposto normativo citato, trattandosi di una violazione degli obblighi contrattuali del lavoratore, il giustificato motivo soggettivo non è riscontrabile nei casi di comportamenti estranei alle obbligazioni del dipendente (ATTENZIONE! Non perdiamo però di vista la portata estensiva degli obblighi contrattuali che la legge impone al lavoratore, i quali possono anche essere violati al di fuori dello stretto orario di lavoro, ad esempio non rispettando il dovere di fedeltà o il divieto di non concorrenza).

Ciononostante, se al crescere della gravità del fatto contestato ci si avvicina maggiormente alla categoria della giusta causa, occorre specificare anche che non tutte le violazioni contrattuali possono essere valide per poter irrogare un licenziamento. Infatti, riferendosi ad «notevole inadempimento», la legge esclude che comportamenti di bassa rilevanza possano in ogni caso consentire al datore di lavoro di recedere dal rapporto. Proprio per questo non va mai persa di vista la proporzionalità tra il fatto contestato al lavoratore e la conseguente sanzione che si intende applicare.

Per poter discriminare tra loro le differenti violazioni degli obblighi contrattuali, oltre al ricorso al buon senso, si evidenzia il ruolo dei contratti collettivi, che spesso optano una chiara distinzione tra le sanzioni disciplinari conservative e le sanzioni espulsive. Quindi, la partizione della contrattazione collettiva semplifica (ma non vincola) il lavoro del giudice nella fase di accertamento della legittimità dei licenziamenti, facendo opportuna chiarezza sulle ipotesi giustificatrici. Questo fa si che il rilievo disciplinare di una condotta possa produrre un licenziamento solo quando siano integrati i requisiti di un notevole inadempimento e non sia previsto un diverso tipo di provvedimento disciplinare per un analogo comportamento.

Dopo aver sintetizzato la teoria, risulta ora opportuno chiarire i concetti con qualche esempio pratico.

Potrebbe configurare ipotesi di licenziamento per giustificato motivo soggettivo il – tanto discusso – caso dello scarso rendimento del lavoratore, rispetto agli standard da lui raggiungibili secondo le sue concrete possibilità e con riferimento a colleghi collocati in posizioni analoghe. Allo stesso modo potrebbe rilevare l’insubordinazione o il rifiuto di eseguire le prestazioni lavorative. Oppure ancora, l’incidente stradale provocato per negligenza da parte di un lavoratore addetto a mansioni di autista (v. Cass. n. 9597/2014).

Edoardo Crespi

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