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| 12 luglio 2017, 17:00

Che siccità dell’iceberg

Che siccità dell’iceberg

Ci voleva il distacco di un iceberg grande quanto la Liguria, per mostrare che il cambiamento climatico non è un problema circoscritto alla Liguria, alla Costa Azzurra, a un solo paese o continente, ma è una preoccupazione globale. In queste settimane, il rischio maggiore per la nostra regione e la vicina Francia è il prolungarsi della siccità. Temperature elevate, assenza totale di piogge, il terreno è così secco da somigliare più a un principio di deserto che ai colori di una riviera fiorita.

Gli agricoltori francesi, al pari di quelli italiani, sono in ansia per i futuri raccolti. Il dipartimento delle Alpi Marittime è già in stato di “vigilance sécheresse”, che potrebbe evolversi in una vera e propria allerta. Limitare i consumi idrici può essere il rimedio-tampone immediato, ma sarebbe opportuno pianificare investimenti lungimiranti per ammodernare gli acquedotti, riducendo gli sprechi dovuti alle frequenti perdite (il Roja bis insegna). La rete idrica italiana, ammoniva l’Istat a marzo, in media disperde quasi il 40% dell’acqua immessa nelle tubature.

Se l’aspetto dei nostri campi si sta pericolosamente avvicinando ai cretti di Alberto Burri, una parte di responsabilità è certamente da attribuire all’uomo, in particolare all’utilizzo sconsiderato di combustibili fossili con relative emissioni inquinanti negli ultimi decenni. Gli scienziati ora dibattono su quale sia l’esatto mix di cause naturali e antropiche che ha fatto staccare dall’Antartide - come era previsto da mesi - una massa di ghiaccio di 5.000 km quadrati di superficie.

Il punto incontrovertibile è che il nostro Pianeta si sta surriscaldando con una velocità e intensità crescenti. La concentrazione di CO2 nell’atmosfera è in costante aumento, come evidenziano periodicamente i dati dell’osservatorio di Mauna Loa nelle Hawaii. Sono sempre più numerosi gli studi che sostengono che non ha più senso (economico) finanziare le fonti fossili, perché le energie rinnovabili in molti casi producono elettricità a prezzi più convenienti e soprattutto senza impatti negativi sull’ambiente.

Pure un’organizzazione conservatrice in tema di energia, la IEA (International Energy Agency), di recente ha proposto un nuovo scenario d’investimenti per accelerare la transizione dal trio petrolio-gas-carbone verso l’eolico, il fotovoltaico e le altre tecnologie pulite. La dichiarazione finale dell’ultimo G20 ha ripetuto che l’accordo sul clima di Parigi è “irreversibile”, nonostante l’uscita degli Stati Uniti.

Starà a governi, istituzioni, multinazionali, cittadini, dimostrare che quel “mondo desiderabile” di risorse rinnovabili e tutela ambientale non è solo descritto a parole, ma è anche una realtà raggiungibile con azioni concrete e misurabili.

Luca Re

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