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Infermiere e salute | 25 giugno 2017, 11:51

Gli sport collettivi e le potenzialità pedagogiche e psicologiche.

Torna l'appuntamento mensile con la Dottoressa Irene Barbruni, psicologa.

Gli sport collettivi e le potenzialità pedagogiche e psicologiche.

Torna l'appuntamento mensile con la Dottoressa Irene Barbruni, psicologa.


In generale gli sport si suddividono in due grandi categorie: quelli individuali e quelli di squadra. Tale suddivisione però non è così netta in tutti gli aspetti in quanto anche gli sport individuali possono richiedere relazione tra il singolo atleta e la squadra che lo sostiene. Possiamo dire che ciò che realmente distingue gli sport individuali da quelli di gruppo è l’aspetto agonistico, ossia la responsabilità del punteggio che può essere individuale o condivisa da una squadra. Ma questo aspetto non interessa molto la nostro riflessione, finalizzata a discutere dello sport, non sul piano agonistico, ma sulle potenzialità pedagogiche e psicologiche. A tale scopo considereremo di squadra tutti quegli sport che prevedono un attivo coinvolgimento ed interazioni dirette dei membri del gruppo, mentre definiamo individuali quegli sport in cui la prestazione è esclusivamente individuale e non prevedere relazione significativa con gli altri. Qui di seguito descriveremo gli aspetti relativi agli sport collettivi, mentre la prossima volta analizzeremo meglio gli sport individuali.

Gli sport collettivi necessitano della collaborazione tra i membri del gruppo a tal punto che proprio tale collaborazione diviene determinante; vale a dire che è fondamentale per una buona performance, al di là delle capacità dei singoli soggetti. Queste attività sportive dunque stimolano lo sviluppo delle potenzialità relazionali dei singoli e aiutano la capacità di guardare l’insieme dell’evento, che in questo caso è sportivo, ma in seguito, tale competenza, può trasferirsi sulle situazioni diverse della vita. Per fare un esempio, un giocatore di calcio deve avere in mente il gioco della squadra entro il quale collocare il proprio particolare compito; quindi non può giocare da solo senza pensare ad interagire in modo organico con i compagni. Così come in tante situazioni lavorative che necessitano della capacità di cogliere l’insieme del progetto per potere fornire, in modo appropriato, il proprio contributo. Saper stare in modo significativo dentro un’organizzazione stimola determinate capacità a livello psico-pedagogico: ecco che l’esperienza di uno sport collettivo può andare al di là dell’agonismo. Perché quello che interessa in questo nostro articolo è mettere in evidenza la valutazione degli sport sotto il profilo psico-pedagogico. Quello che possiamo suggerire al genitore è di non fermarsi all’aspetto puramente agonistico, ma di considerare che l’attività sportiva per il giovane deve essere una palestra di vita, cioè aiutarlo a crescere nel carattere e nelle competenze relazionali, che domani lo faciliteranno nei vari ruoli che vivrà nella sua vita.  Il genitore stia attento a non farsi prendere dall’icona sbagliata del campione, cioè di volere per il proprio figlio un carriera di successi sportivi. Se questo sarà porrà altri problemi che andranno gestiti, ma non è di questo che qui parliamo. Qui non interessa il “campione”, ma il giovane e la sua crescita equilibrata dove l’evento sport è occasione per un sano divertimento e un modo per maturare il proprio carattere. 

 

Drs Irene Barbruni 

 

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Roberto Pioppo

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